Riforma del pensiero in Cina: differenze tra le versioni

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Altri fattori, anche banali, vanno però considerati: lo scarso movimento della popolazione (per la povertà, la carenza di trasporti, la stessa repressione del regime), la mancanza della televisione, il fatto che Mao Zedong non parlò mai alla radio. Gli studenti conobbero Mao e il partito solo attraverso la lente deformante della propaganda e non poterono avere contatti con l'esterno. Nel 1966, Mao Zedong fu in grado di mobilitare rapidamente oltre 30 milioni di studenti in tutto il paese, 11 milioni dei quali si recarono a Pechino in 8 giganteschi raduni, brandendo il famoso [[Libretto rosso]].
 
Non v'ec'è dubbio che vi siadi una stretta correlazione tra l'indottrinamento politico, la Riforma del Pensiero e gli orrori della Rivoluzione Culturale.
Se si sia trattato di semplici eccessi (come alcuni autori, per compiacenza politica o faziosità ideologica, hanno sostenuto) o di conseguenza diretta dell'ideologia comunista (interpretazione, nel migliore dei casi, altrettanto superficiale) non è materia di discussione in questa sede. Di certo il dibattito intorno alle ideologie e ai totalitarismi del 900 non può ignorare quanto le stesse Guardie Rosse ci dicono in proposito. William Hinton (''La guerra dei cento giorni - Rivoluzione culturale e studenti in Cina'', 1975) ha intervistato gli studenti del politecnico Tsingua di Pechino, che si affrontarono con coltelli e lance, fucili, bombe a mano, mine, bottiglie di gas e acidi e perfino mitragliatori e armi da guerra. La vicenda si concluse con l'assedio alla facoltà di scienze, dove si rifugiarono 90 ragazzi. La fazione antagonista tentò in tutti i modi di compiere un massacro: piazzò dei cecchini, bloccò le uscite con dei mitragliatori e diede fuoco all'edificio; alcuni studenti armati di bombe a mano si travestirono da pompieri per ingannare i "nemici" e riuscire ad entrare. Dopo il ritorno alla normalità, gli studenti discussero gli avvenimenti per mesi in dibattiti politici collettivi. Illuminante è la loro spiegazione di cosa è "giusto" e cosa non lo è, del perché fosse "scorretto" far bruciare vivi i propri compagni di corso e dei limiti entro i quali tali concetti si manifestano: «Studiavamo le opere sulla guerriglia e studiavamo gli scritti di Mao sulla tattica, la politica nei confronti dei prigionieri e qualsiasi altro aspetto della guerra. Nella Rivoluzione Culturale, Mao aveva più volte chiarito che era scorretto ricorrere alla violenza. Ma noi sostenevamo che questa proibizione si riferiva solo ai contrasti in seno al popolo. Contro il nemico di classe si poteva fare qualsiasi cosa, e noi stavamo combattendo nemici di classe! [...] All'esterno, dove esistevano soprattutto contraddizioni in seno al popolo, i combattimenti violenti erano sbagliati, ma qui, dove ci trovavamo faccia a faccia con il nemico, i combattimenti violenti erano giusti.»