Responsabilità medica: differenze tra le versioni

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=== Responsabilità contrattuale ===
La responsabilità contrattuale, quale tipo del ''genus'' della responsabilità civile, sulla base del disposto di cui all'art. 1173 c.c. si applica nei casi di convenzione contrattuale fra ente (o medico) e paziente.
Va qui evidenziato che, come risultato dello sforzo di offrire maggiori tutele ai pazienti, in alcuni casi la giurisprudenza ha ravvisato un accordo espresso nel caso di sottoscrizione del c.d.cosiddetto "[[consenso informato]]", ovvero quel documento sul quale è riportata una dichiarazione liberatoria del paziente nei confronti del medico, nella quale si attesta che quegli si ritiene avvertito del trattamento sanitario e delle conseguenze relative.
In termini generali, la norma di riferimento per determinare la responsabilità del medico sarà quindi quella di cui all'art. 1218 s.s. c.c., con i temperamenti offerti dall'art. 2236 c.c., che dispone che il medico risponde, in caso di problemi tecnici di speciale difficoltà, solo in caso di [[dolo]] o [[colpa grave]].
In ordine a questa ultima norma, va detto che la giurisprudenza tende ad ignorare le istanze di coloro che la vorrebbero applicata, sul presupposto che in realtà, ad oggi è esigibile una diligenza spesso superiore a quella che il legislatore aveva in mente alla stesura dell'articolo citato. Ciò in forza delle frequenti specializzazioni dei medici, e della particolare attenzione verso la categoria sanitaria che caratterizza questo periodo storico.
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Sicché, dalla originale tesi della [[causalità naturale]] (condicio sine qua non), che prevedeva la necessità di rinvenire un antecedente causale condizionante l'evento, si è passato attraverso teorie indulgenzialiste, per le quali l'evento si considera prodotto dal fatto ove questo ne sia sviluppo prevedibile (causalità adeguata - id quod plerumque accidit) oppure ove il fatto sia presupposto necessario dell'evento salvo il caso dell'eccezionalità (c.umana- Antolisei).
Di tale periodo indulgenzialista la dottrina ricorda l'applicazione frequente delle clausole di cui all'art. 2236 c.c., volte a impedire i risarcimenti in forza di supposte speciali difficoltà tecniche e di un'assenza di atteggiamenti psichici rimproverabili. Tale concezione ha aperto poi la via a tesi eterodosse, che mischiavano la [[colpevolezza]], quale prevedibilità dell'evento, con la tematica dell'eziologia.
In forza dei rapporti esistenti in questa materia fra nesso di causa e colpevolezza, l'attenzione penalistica si è poi spostata sul piano della colpevolezza, e sul piano dei giudizi doppiamente ipotetici, per la c.d.cosiddetta ''[[causalità omissiva]]'', con importanti decisioni in materia.
D'altro canto la dottrina civilistica, per ragioni che sono da ricondursi al diverso atteggiarsi della colpa e della causalità omissiva in diritto civile, è rimasta maggiormente interessata dalle vicende relative alla c.d.cosiddetta ''[[imputazione oggettiva dell'evento]]''.
Tale teoria, di origine germanica, ha il pregio di utilizzare infatti una logica di tutela di beni giuridici, con un metodo più affine a quello tipicamente civilistico. Nell'ambito delle attività rilevanti per il diritto, essa infatti distingue le c.d.cosiddette ''attività rischiose ma giuridicamente autorizzate'' (ad aumento del rischio consentito) e le ''attività rischiose non più giuridicamente autorizzate'' (aumento del rischio non consentito).
Tale teoria risolve per sistematicamente lecite le prime ove rispettose delle ''leges artis'' e delle [[Autorizzazione (diritto)|autorizzazioni]] di legge, in forza della loro intrinseca utilità sociale.
Condanna le seconde alla responsabilità al ricorrere di una duplice condizione: ove l'evento costituisca realizzazione del rischio non consentito e quindi prevedibile ex lege, ed ove l'evento sia evitabile con certezza, osservando le norme cautelari. Come è evidente, si demanda all'elemento psichico il sorgere della responsabilità.