François Viète: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Bot: Aggiungo oc:François Viète |
m Bot: Fix tag <math> |
||
Riga 42:
Viète diede i maggiori contributi nel campo dell'algebra: in questa branca della matematica l'influenza delle sue opere contribuì allo sviluppo da un punto di vista più moderno di quello dei matematici classici e degli algebristi italiani a lui precedenti. Prima di lui non vi era stato un utilizzo di rilievo di notazioni simboliche ed abbreviate per indicare l'incognita di un'equazione e le sue potenze. Si erano usate lettere per rappresentare grandezze note o incognite sin dai tempi di [[Euclide]] e [[Giordano Nemorario]] aveva sviluppato questo modo di procedere; non si era però ancora escogitato un metodo per distinguere le quantità note da quelle incognite. A questo proposito Viète introdusse un criterio convenzionale molto semplice: usò le vocali per rappresentare le quantità ignote o indeterminate, e consonanti per le quantità note. Per la prima volta si assiste alla netta distinzione tra parametro e incognita. (v. [[Panoramica storica delle notazioni matematiche]])
Se Viète avesse adottato altre notazioni simboliche esistenti al suo tempo, avrebbe potuto scrivere ''tutte'' le equazioni di secondo grado con una unica formula del genere <math>\,BA^2+CA+D=0
Una delle osservazioni fatte da Viète riguardava la soluzione di problemi in cui compariva "la cosa" o quantità ignota: bisognava procedere come [[Pappo di Alessandria|Pappo]] e gli antichi avevano descritto come analisi. Invece di procedere da ciò che è noto a ciò che si vuole costruire o dimostrare, gli algebristi partivano dall'assunzione che l'incognita fosse nota e ne deducevano una conclusione necessaria dalla quale era poi possibile determinare l'incognita. In simboli moderni, se vogliamo risolvere l'equazione <math>\,x^2-3x+2=0
Tenendo conto di questo tipo di ragionamento cosi frequentemente usato in algebra, Viète diede a questa disciplina il nome di "''arte analitica''"; della portata generale dell'algebra egli aveva chiara consapevolezza, perché si rendeva conto del fatto che l'incognita di una equazione non doveva necessariamente riguardare un numero o un segmento geometrico. Viète riteneva che l'algebra ragionasse intorno a "tipi" o specie, e pertanto contrapponeva la "logistica speciosa" alla "logistica numerosa". Egli presentò la propria algebra nell'"''Isagoge''" stampata nel [[1591]].
L'Algebra di Viète si distingue soprattutto per la generalità della sua espressione e per alcuni aspetti nuovi. Viète suggerì un nuovo metodo per giungere alla soluzione dell'equazione di terzo grado. Dopo averla ridotta alla forma normale equivalente a <math>\, x^3+3ax=b
Per esempio egli sapeva che se l'equazione <math>\,x^3+b=3ax
Era questo un caso particolare del teorema odierno secondo il quale il coefficiente del termine in ''x'', in un'equazione di terzo grado il cui coefficiente principale è l'unità, è uguale alla somma dei prodotti delle radici prese due alla volta, e il termine costante è uguale al prodotto delle radici preceduto dal segno negativo. In particolare Viète si avvicinò alla teoria delle equazioni che riguarda le funzioni simmetriche delle radici.
La forma omogenea delle equazioni di Viète mostra come il suo pensiero matematico fosse aderente alla geometria. Infatti, dando un'interpretazione geometrica alle operazioni aritmetiche fondamentali, egli capì che per costruire le radici quadrate erano sufficienti riga e compasso; con un ulteriore passo in avanti Viète dimostrò come fosse possibile costruire l'ettagono regolare, indicando un procedimento che si basava su un'equazione di terzo grado della forma <math>\,x^3=ax+a
La nascita della [[geometria analitica]] non era molto lontana e Viète avrebbe potuto dare contributi significativi se non avesse evitato lo studio geometrico delle equazioni indeterminate.
|