Diritti reali di garanzia: differenze tra le versioni

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==Funzione==
 
In genere, la garanzia del [[Credito|creditore]] è rappresentata dal [[patrimonio]] del [[debitore]], ma questo è solo una ''garanzia generica'' del credito: al creditore non è data la certezza di potersi soddisfare, in caso di [[inadempimento]], su un dato bene del debitore
.<br/>
Una ''garanzia specifica'' (che dia al creditore la certezza di potersi soddisfare su un dato bene) è invece rappresentata dalla costituzione del [[pegno]] o dell’[[ipoteca]].
 
Pegno e ipoteca sono garanzie reali. Tradizionalmente li si definisce come diritti reali di garanzia su cosa altrui: il bene resta di [[proprietà (diritto)|proprietà]] di chi, debitore o [[Terzo (diritto)|terzo]], lo ha dato in pegno o in ipoteca, e può essere dal proprietario liberamente alienato. Ma il creditore acquista sul bene un duplice diritto:
* il diritto di procedere ad [[esecuzione forzata]] sul bene anche nei confronti del terzo acquirente (“[[diritto di sequela]]” del pegno o dell’ipoteca);
* il diritto di soddisfarsi sul prezzo ricavato dalla vendita forzata del bene con preferenza rispetto agli altri creditori del medesimo debitore (“diritto di [[prelazione]]”).
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La cosa data in [[pegno]] o sottoposta a [[ipoteca]] potrebbe avere un valore superiore all’ammontare del [[credito]] che garantisce. Di questo maggior valore il creditore non può profittare, a danno del debitore e degli altri creditori.
 
È nullo, perciò, il patto commissorio: il patto (autonomo o aggiunto ad un'altra garanzia tipica) con il quale creditore e debitore convengano che, in caso di mancato pagamento, la cosa data in pegno o in ipoteca passi in [[proprietà (diritto)|proprietà]] del creditore (art. 2744 del [[Codice civile italiano|Codice civile]]).
Questo divieto non può essere eluso con la [[vendita a scopo di garanzia]], perché è un contratto in [[frode alla legge]].
 
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Varie tesi sono state proposte per giustificare il divieto del patto commissorio. Innanzitutto, ci si è riferiti all’interesse del debitore, che può essere pregiudicato sia dalla particolare coazione così esercitata dal creditore, sia dalla sproporzione tra valore del debito e valore del bene preteso dal creditore (RESCIGNO). A questa tesi si obietta che contrasterebbe con la sanzione della [[Nullità (diritto)|nullità]], la quale risulterebbe eccessiva in un contesto in cui l’unico interesse da difendere è quello del debitore (a questo fine, si rileva, sarebbe sufficiente anche la mera [[annullabilità]]: così ANDRIOLI).
<br/>Si è anche sostenuto che la ragione del divieto si troverebbe nella necessità di evitare i pregiudizi che potrebbero derivare da un tale accordo agli altri creditori, non ugualmente garantiti ma, anzi, penalizzati dai riflessi di quella che diventerebbe, altrimenti, una causa di prelazione atipica. Tuttavia, sembra improprio parlare di nascita di una causa di prelazione atipica, quantomeno nei casi in cui il patto commissorio afferisca ad un pegno o ad una ipoteca, perché sono detti istituti a creare la prelazione, che infatti è tipica (CARNEVALI). Inoltre, la tutela dei creditori è in genere attuata con l’[[azione revocatoria]], che porta all’inefficacia relativa dell’atto, mentre qui la legge ha optato per la più grave sanzione della nullità. <br/>Così, proprio la presenza della nullità ha suggerito di ricercare la ragione del divieto del patto commissorio nella tutela di un interesse generale, superindividuale: si può in questo senso fare riferimento alla necessità di evitare che il patto commissorio diventi un patto di stile, andando a fondare un sistema di garanzie incapace di realizzare l’assoggettamento del patrimonio del debitore ai fini di garanzia generale considerati dalla legge all’articolo 2740 (BIANCA).
Si noti poi come la legge sanzioni il patto commissorio afferente ad una garanzia tipica ([[ipoteca]] o [[pegno]]) e ne rappresenti una vietata modalità di esecuzione. Si ritiene comunque che la sanzione riguardi anche il patto commissorio autonomo, il quale, pur non afferendo ad alcuna garanzia tipica, ha comunque la stessa funzione giuridica ed economica del modello espressamente vietato.
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===Disciplina della nullità===
 
La nullità del patto commissorio è regolata dalle norme generali. Per alcuni (ANDRIOLI) andrebbe applicato l’articolo 1419 I comma e la nullità del patto commissorio si estenderebbe ai contratti cui accede. Per altri ciò comporterebbe, in ultima analisi, il travolgimento anche del contratto di mutuo cui il patto vietato afferisce (VALLILLO), quindi andrebbe applicato l’articolo 1419 II comma: il patto commissorio sarebbe nullo e andrebbe sostituito di diritto dalla [[Norma dispositiva|norma imperativa]] per la quale la potestà di esecuzione ed il potere giurisdizionale spettano solo allo stato. Per altri, una volta dichiarata la nullità dl patto commissorio per la sua capacità di derogare alle norme su pegno ed ipoteca, queste norme si applicherebbero direttamente, senza necessità di ricorrere all’articolo 1419 (CARNEVALI).
 
==Voci correlate==