Prima guerra anglo-afghana: differenze tra le versioni

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[[Image:Shuja Shah Durrani of Afghanistan in 1839.jpg|thumb|300px|right|Il forte (''Bala Hisar'') di Kabul nel 1839 all'epoca dell'insediamento di Shujah Shah]]
[[Image:Dost Mohammad Khan of Afghanistan with his son.jpg|thumb|300px|right|Dost Mohammed Khan con un figlio]][[Image:Last-stand.jpg|thumb|300px|right|L'ultima disperata difesa del ''44th Regiment of Foot'' a Gandamak]]
[[Image:Mohammad Akbar Khan.jpg|thumb|300px|right|Mohammad Akbar Khan]]
La '''prima guerra anglo-afghana''' fu un conflitto militare fra l'[[Afghanistan]] e le forze dell'[[Impero Britannico]] che si svolse fra il [[1839]] ed il [[1842]]. Fu uno dei principali conflitti che si ebbero durante il [[Grande gioco]], la competizione fra Gran Bretagna e [[Impero Russo|Russia]] per il dominio e l'influenza nelle regioni dell'Asia Centrale. La guerra inoltre portò anche una delle peggiori disfatte subite dai britannici in quella regione.
 
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L'emiro afgano cercò allora rifugio nell'[[Hindukush]] ma fu inseguito dagli inglesi, cui infine, il 3 novembre 1840, si arrese. Rimase in libertà, invece, il figlio Mohammed Akbar Khan, che si rifugiò nel [[Turkestan]] e che avrebbe dato successivamente filo da torcere agli inglesi<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', pp. 275 e 285</ref>. Dost Mohammed fu quindi mandato in esilio in India.
 
Tuttavia, nell'autunno 1841, un po' per il protrarsi dell'occupazione britannica, un po' per la crisi economica afgana, e un po' anche per l'ira dei locali per le attenzioni eccessive che le truppe britanniche riservavano alle donne afgane<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', p. 275-276</ref>, la situazione precipitò con l'esplosione violentissima di una rivolta sanguinosa. Tutto cominciò il 2 novembre con l'assalto alla casa del residente britannico Alexander Burnes, accusato di avere relazioni sentimentali con donne afgane anche sposate e fatto a pezzi insieme al fratello Charles da una turba inferocita<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', pp. 276-280</ref>. Sia il capo missione Macnaghten sia il comandante militare Elphinstone sottovalutarono la gravità della situazione venutasi a creare nella capitale afgana, scegliendo di lasciare le truppe accampate in accantonamenti distanti dal più difendibile ''Bala Hisar'' ove resisteva Shujah Shah: così anche quest'ultimo fu ferito presso un avamposto degli accantonamenti ove era stato fatto rimanere<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', pp. 286</ref>. L'arrivo a Kabul del figlio di [[Dost Mohammed]], Mohammed Akbar Khan, diede alla rivolta un capo che si segnalò per crudeltà e doppiezza, mancando ripetutamente alla parola data ai britannici e facendo massacrare a tradimento lo stesso Macnaghten nel corso della trattativa per la ritirata dall'Afganistan<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', p. 294-295</ref>. Il generale Elphinstone fu invitato dai suoi ufficiali a diffidare delle promesse di Akbar e ad attaccarne subito le forze ancora abbastanza disunite, ma non riuscirono a convincerlo<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', pp. 297</ref>.
L'occupazione britannica portò all'insurrezione afgana alla fine del 1841, alla disastrosa ritirata dei britannici all'inizio del 1842, e alla riconquista di [[Kabul]] da parte di questi ultimi nell'autunno dello stesso anno.
 
Così il primo gennaio 1842 cominciò la tragica ritirata delle truppe e dei residenti britannici da [[Kabul]], ben sedicimila persone, che sfollarono dalla città convinti da Akbar che avrebbero potuto raggiungere l'India senza ulteriori attacchi: morirono quasi tutti sulla strada per [[Jalalabad]], anche a causa del gelo perché non furono muniti dell'equipaggiamento necessario per fronteggiare i rigori dell'inverno afgano<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', pp. 301</ref>. La colonna in ritirata fu continuamente bersagliata dagli agguati tesi dalle varie tribù appostate lungo il tragitto, i cui combattenti facevano uso dei micidiali ''jezail'', caratteristici fucili a canna lunga<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', pp. 303</ref>. Di tanto in tanto Akbar si faceva vivo rassicurando Elphinstone che stava facendo tutto il possibile per tenere sotto controllo le tribù locali: vi fu, però, chi riferì di aver udito il capo afgano esortare i suoi combattenti a risparmiare gli inglesi in persiano, lingua conosciuta da alcuni di questi ultimi, e a massacrarli in ''pashtun'', lingua parlata dagli afgani<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', p. 303</ref>.
La riconquista durò poco perchè l'emiro afgano fu rimesso in libertà dagli inglesi, e, solo tre mesi dopo il definitivo ritiro britannico da [[Kabul]], riapparve trionfalmente nella capitale afgana, ristabilendo rapidamente la propria autorità, col benestare tacito degli stessi inglesi<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', pp. 316-317</ref>.
 
Alcuni morirono non lontano dalla salvezza, come i superstiti del ''44th Regiment of Foot'', massacrati presso il villaggio di Gandamak, a cinquanta chilometri da [[Jalalabad]]<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', p. 305-306</ref>; o come un gruppo di cavalieri britannici, attirati dalla promessa di cibo nel villaggio di Futtehabad, a venticinque chilometri da [[Jalalabad]] ed ivi massacrati tutti<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', p. 306-307</ref> salvo l'ufficiale medico William Brydon, il cui drammatico arrivo a [[Jalalabad]] fu immortalato in un famoso quadro di Elizabeth Butler, ''Remnants of an Army'' (1879)<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', p. 308</ref>. Pottinger scampò miracolosamente al massacro. Nel corso della ritirata fu chiesto in ostaggio da Akbar e così fu tradotto nel campo afgano dove le condizioni di vita erano accettabili e comunque tali da consentigli di sopravvivere<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', p. 302</ref>.
 
[[Kabul]] fu riconquistata dai britannici nell'autunno dello stesso 1842.
 
La riconquista duròfu pocotuttavia effimera perchè l'emiroDost afganoMohammed fu rimesso in libertà dagli inglesi, e, solo tre mesi dopo il definitivo ritiro britannico da [[Kabul]], riapparve trionfalmente nella capitale afgana, ristabilendo rapidamente la propria autorità, col benestare tacito degli stessi inglesi<ref>Peter Hopkirk, ''Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale'', pp. 316-317</ref>.
== Note ==