Adriano Prosperi: differenze tra le versioni

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=== La polemica storiografica sul peso dell’Inquisizione nella storia italiana ===
La pubblicazione di un volume ambizioso come ''Tribunali della coscienza'' (1996) suscitò apprezzamenti, ma anche vive critiche, che alimentarono un intenso dibattito storiografico sul ruolo dell'Inquisizione e della Chiesa cattolica nella storia italiana. Il più duro dei critici fu [[Giovanni Romeo (storico)|Giovanni Romeo]], che nel 1999 pubblicò una vera e propria [https://docs.google.com/file/d/0BxyCYHOrRpjvbW9Tc0UzRXZFTTQ/edit recensione-stroncatura di ''Tribunali della coscienza'' sulla rivista "Quaderni storici"], mettendo in risalto le carenze empiriche e documentarie delle teorie di Prosperi ("mi sarei aspettato una diversa articolazione interna del nucleo centrale della ricerca (...) sarebbe stato molto più opportuno — anziché presentare singole tematiche di rilievo inquisitoriale — approfondire, anche in un'area circoscritta e per un periodo limitato, l'andamento complessivo dei controlli di coscienza operati ordinariamente dalle autorità ecclesiastiche, nelle sollecitazioni romane e nelle diverse applicazioni locali"<ref>Cfr. [[Giovanni Romeo (storico)|Giovanni Romeo]], [https://docs.google.com/file/d/0BxyCYHOrRpjvNjRqeTAzVFBDdzQ/edit?pli=1 ''Sui ''Tribunali della coscienza'' di Adriano Prosperi''] in "Quaderni storici", 35, 1999, pp. 796-800, citazione a p. 800</ref>). Riserve miste ad elogi vennero avanzate da parte di [[Jean-Pierre Dedieu]] e René Millar Carvacho in una rassegna pubblicata nel 2002 sulla prestigiosa rivista "[[Scuola delle Annales|Annales. Histoire, Sciences sociales]]", articolo in cui si deprecava il fiorire di "pubblicazioni orientate" che venivano incontro a una "domanda sociale" di studi accattivanti sull'Inquisizione che poco aveva a che fare con l'"amore per la scienza" (rimarcando a proposito di Tribunali della coscienza: "travailler sur l’Inquisition présente un risque. Son histoire, par nature, mobilise l’homme tout entier. En traiter, c’est parler de soi. La fascination qu’exerce A. Prosperi, au-delà de sa valeur scientifique, vient d’une passion à laquelle le lecteur ne peut rester insensible")<ref>Cfr. J.-P. Dedieu, R. Millar Carvacho, [http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ahess_0395-2649_2002_num_57_2_280051 ''Entre histoire et mémoire. L’Inquisition à l’époque moderne: dix ans d’historiographie''], in “Annales. Histoire, Sciences sociales”, 57, 2002, 349–72, in particolare p. 370: “Nous l’avons dit, travailler sur l’Inquisition présente un risque. Son histoire, par nature, mobilise l’homme tout entier. En traiter, c’est parler de soi. La fascination qu’exerce A. Prosperi, au-delà de sa valeur scientifique, vient d’une passion à laquelle le lecteur ne peut rester insensible. Le colloque du Vatican [2000] a non seulement constitué un événement scientifique, mais suscité une couverture de presse exceptionnelle: ni la qualité des débats – au demeurant élevée – ni l’amour de la science n’étaient seuls en cause. Le séminaire de Montereale Valcellina de 1999, tenu dans l’église même où Menocchio entendait la messe, et pour le quatre-centième anniversaire de sa mort, témoigne non seulement de la science des participants, mais aussi d’un sentiment patrimonial récemment construit autour de la découverte d’un homme que la communauté locale a postérieurement érigé en symbole. Le champ inquisitorial fait l’objet d’un investissement social et idéologique fort, donc d’une demande sociale forte – et variée dans ses formes et ses attentes –, pression à laquelle l’historien ne peut totalement échapper (...) Demande sociale signifie aussi demande de publications...orientées." </ref>.
 
Nel libro ''[[Vittore Soranzo]] vescovo ed eretico. Riforma della Chiesa e Inquisizione nell'Italia del Cinquecento'', pubblicato da [[Laterza]] nel 2006, [[Massimo Firpo]] riprendeva e sviluppava alcune critiche già formulate in precedenza sulle teorie di Prosperi, accusandolo di aver attribuito un carattere troppo decisivo all'affermazione dei tribunali inquisitoriali e di averne sopravvalutato il peso nella storia italiana: "Il fascino del potere che emana da quei tribunali, la constatazione della loro pervasiva capacità di ritrovare "in ogni crisi storica del paese Italia antiche e nuove ragioni di egemonia", di adattarsi al mutare delle cose e dei tempi e di trovare sempre nuovi spazi di azione, hanno indotto Prosperi a ritenere fuori dubbio il fatto che "la Chiesa abbia vinto" (...) Il sottrarsi a quel fascino, tuttavia (...) costituisce il presupposto indispensabile per capire il prezzo di quella vittoria e recuperare anche nel presente le tradizioni intellettuali e civili che nel passato cercarono di contrastare quell' egemonia e le sue categorie fondanti, talora all' interno stesso dell' istituzione ecclesiastica, per indicare la strada verso acquisizioni irrinunciabili della nostra civiltà, quali la libertà del sapere, il primato della coscienza, la separazione tra Chiesa e Stato, il diritto al dissenso, la creazione di uno spazio pubblico di discussione e confronto"<ref>M. Firpo, ''Vittore Soranzo vecovo ed eretico. Riforma della Chiesa e Inquisizione nell'Italia del Cinquecento'', Laterza, Roma-Bari 2006, p. 512.</ref>. Sul ''Corriere della sera'' del 26 novembre 2006 lo storico [[Sergio Luzzatto]], in un lungo articolo, dava conto del libro, mettendone in risalto il rigore documentario, l'originalità dell'interpretazione e le critiche nei confronti di storici di diverse impostazioni <ref>Cfr. S. Luzzatto, [http://archiviostorico.corriere.it/2006/novembre/26/Eresia_vescovo_co_9_061126047.shtml Eresia di un vescovo], "Corriere della Sera", 26 novembre 2006. </ref>, mentre il giornalista Antonio Cariotti si limitava a riportare le risolute frasi di Firpo contro le interpretazioni dei cattolici [[Hubert Jedin|Jedin]], [[Giuseppe Alberigo|Alberigo]] e [[Paolo Prodi|Prodi]] da un lato, e dei laici Prosperi e [[Alberto Asor Rosa|Asor Rosa]] dall'altro<ref>Cfr. A. Cariotti, [http://archiviostorico.corriere.it/2006/novembre/26/Quelle_critiche_Alberigo_Paolo_Prodi_co_9_061126048.shtml Quelle critiche ad Alberigo e Prodi], "Corriere della Sera", 26 novembre 2008</ref>.