Adriano Prosperi: differenze tra le versioni

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Nel contesto di una riflessione più generale, tutt'ora molto viva<ref>Cfr. P. Simoncelli, [http://www.lelettere.it/Data/Files/prodotti/AVVENIRE_B291007AGO3.PDF L'antifascismo dei voltagabbana], "Avvenire", 10 luglio 2010.</ref>, sul passaggio "disinvolto" di numerosi intellettuali italiani dal fascismo al comunismo dopo la caduta del regime mussoliniano, negli [[anni duemila]] alcuni storici, in particolare Eugenio Di Rienzo, [[Paolo Simoncelli]] e Nicola D'Elia si sono interessati alla figura di [[Delio Cantimori]], personaggio centrale della cultura italiana del Novecento, e al tempo stesso personalità tormentata, complessa e sfuggente, come percepito ben presto dai suoi contemporanei, al punto che, già nel 1935, [[Benedetto Croce]], non capendo “quale fosse la fede politica del Cantimori”, ne sottolineava la “confusione e contraddizione degli atteggiamenti mentali e morali”<ref>Cfr. B. Croce, ''Vite di avventure, di fede e di passione'', Laterza, Bari 1935, pp. 23-24.</ref>.
 
Simoncelli, Di Rienzo, e in seguito D'Elia, hanno posto l'accento sull'ostilità di Cantimori nei confronti del liberalismo e della democrazia parlamentare e sulle sue sempre più accentuate simpatie verso il nazismo (da sempre interessato al pensiero politico tedesco contemporaneo, Cantimori progettò nel 1939 un libro dai toni apologetici sulle origini del movimento nazista) e in genere verso le ideologie totalitarie<ref>Cfr. in particolare N. D’Elia, ''Delio Cantimori e la cultura politica tedesca (1927-1940)'', Viella, Roma 2007; E. Di Rienzo, ''Un dopoguerra storiografico. Storici italiani tra guerra civile e prima Repubblica. 1943-1960'', Le Lettere, Firenze 2004; E. Di Rienzo, [http://www.giornaledifilosofia.net/public/filosofiaitaliana/pdf/saggi/Rienzo_dopoguerra_storiografico.pdf ''Un dopoguerra storiografico: due o tre cose che so di lui''] in "Nuova storia contemporanea", 2005, 4; E. Di Rienzo, ''Delio Cantimori e il dopoguerra storiografico, 1943-1962'' in E. Di Rienzo, F. Perfetti, ''Delio Cantimori e la cultura politica del Novecento'', Le Lettere, Firenze 2009, pp. 73-133; P. Simoncelli, ''La Normale di Pisa. Tensioni e consensi (1928-1938): appendice, 1944-1949'', Franco Angeli, Milano 1998; P. Simoncelli, ''Cantimori e il libro mai edito. Il movimento nazionalsocialista dal 1919 al 1933'', Le Lettere, Firenze 2008 .</ref>. Il passaggio di Cantimori dal fascismo al comunismo sarebbe stato quindi "naturale". In effetti, è ben noto che, fin dalla giovinezza, Cantimori mostrò - come affermava Pietro Craveri nel 1975 - un "interesse continuo per il tema della "rivoluzione nazionale", che sarebbe filtrato, attraverso una costante e contradittoria evoluzione, dal binomio mazziniano di rivoluzione-repubblica nell'adesione giovanile a talune analisi sul rapporto tra strutture sociali e Stato, proprie della pubblicistica fascista e nazionalsocialista, e infine nel contributo del C. dopo la liberazione alle polemiche ideologiche della cultura di sinistra"<ref> P. Craveri [http://www.treccani.it/enciclopedia/delio-cantimori_(Dizionario-Biografico)/ ''Delio Cantimori'' in ''[[Dizionario Biografico degli Italiani]]'', vol. 18, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1975]</ref>.
 
Cantimori fu una personalità di spicco dell'intellettualità fascista negli anni Trenta, molto legato a [[Giovanni Gentile]], la cui protezione ne favorì la carriera accademica e a cui dovette la cattedra alla Normale, attribuitagli nel 1940 (salvo poi voltare le spalle e trattare sprezzantemente il vecchio maestro e protettore dopo la caduta del Fascismo<ref> Cfr. P. Chiantera Stutte, ''Delio Cantimori. Delio Cantimori. Un intellettuale del Novecento'', Carocci, Roma 2011, pp. 73 sgg. </ref>). Nel dopoguerra Cantimori si distinse invece come una personalità di spicco dell'intellettualità comunista e di sinistra (curò anche, con sua traduzione, un'edizione "classica" de ''[[Il Capitale]]'' di [[Karl Marx]], pubblicata dagli [[Editori Riuniti]]), pur lasciando il PCI nel 1956. Questa condotta ha suscitato anche presunzioni di "opportunismo", poiché il rapporto con il PCI risparmiò a Cantimori seri provvedimenti da parte della [[commissione di epurazione|commissione per l'epurazione]] per il suo passato di uomo del regime.
 
Prosperi, che di Cantimori è stato allievo, ha sempre difeso con ostinazione l'antico maestro<ref>Cfr. A. Prosperi, [https://docs.google.com/file/d/0BxyCYHOrRpjvN3JtS0I2Z3ZiQ2c/edit Delio Cantimori maestro di tolleranza], "Il manifesto", 30 marzo 2005; D. Messina, [http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2005/04/32708497.pdf Prosperi, con gli scoop non si fa la storia]. "Corriere della sera", 3 aprile 2005; A. Prosperi, [http://archiviostorico.corriere.it/2005/aprile/17/Cantimori_nazista_bolscevico_vero_fuori_co_9_050417029 Cantimori nazista e bolscevico: se è vero, fuori le prove], "Corriere della Sera", 17 aprile 2005</ref>, rigettando risolutamente il "[[nazionalbolscevismo]]" attribuitogli, accusando diversi studiosi (Eugenio Di Rienzo, [[Ernesto Galli della Loggia]], [[Giuseppe Bedeschi]], [[Pietro Citati]], [[Piero Craveri]]) di voler "crocifiggere in lui gli "errori" dell'Italia novecentesca, equamente divisi tra du Moloch, fascismo e comunismo" e farne "un capro espiatorio di tutti i mali del passato italiano". Prosperi, inoltre, ha insistito nel legare la "conversione democratica" di Cantimori alle ricerche intraprese sin dall'inizio degli anni Trenta sugli eretici italiani del Cinquecento, malgrado comunemente - anche da parte di studiosi come Roberto Pertici e Patricia Chiantera Stutte, che hanno criticato le interpretazioni di Di Rienzo, Simoncelli e D'Elia, - si pensi che l'abbandono dell'ideologia fascista da parte di Cantimori sia stato molto più tardivo<ref>Cfr. [https://docs.google.com/file/d/0BxyCYHOrRpjvaGVkSFpEUlhkeGM/edit A. Frangioni, Recensione di Nicola D’Elia, ''Delio Cantimori e la cultura politica tedesca (1927-1940)'', e di Paolo Simoncelli, ''Cantimori e il libro mai edito. Il movimento nazionalsocialista dal 1919 al 1933''], in "Ricerche di storia politica", XIII, 1, aprile 2010, pp. 77-79</ref>. Prosperi non ha risparmiato i toni contro i più recenti detrattori (dal suo punto di vista) del maestro, accusandoli di ripercorrere le vicende "con una curiosità spesso malignamente deformante e spesso paurosamente superficiale, pur nell'accumulo di inediti di ogni tipo", sostenendo che già la voce Cantimori redatta da [[Pietro Craveri]] per il [[Dizionario Biografico degli Italiani]](vol. 14, 1974) era "assai discutibile" e aveva inaugurato una tendenza negativa, e tacciando intra particolarel'altro [[Pietro Citati]] di "maramalda ferocia goliardica".
 
Quest'ultimo, studente della Normale dal 1947 al 1951, in un intervento su ''[[La Repubblica]]'' <ref> Cfr. P. Citati, [https://docs.google.com/file/d/0BxyCYHOrRpjvQ0JXYXJkTWdmUzA/edit Scuola storia di un disastro annunciato] [http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/repubblica-scuola-storia-di-un-disastro-annunciato.flc], "La Repubblica", 20 ottobre 2004.</ref>, aveva in effetti tracciato un irriverente ritratto di Cantimori che non poco aveva contribuito alle polemiche: "un erudito freddolosissimo, Delio Cantimori, nascosto nella sua camera-tana, dalla quale usciva soltanto avvolto in cappotti e coperte e sopraccappotti e sopracoperte: mi guardava con sopracciglia fosche e sospettosissime: in primo luogo perché ero un reazionario (votavo per Giuseppe Saragat) e poi perché non ero "un allievo diligente", visto che i suoi utopisti, prerivoluzionari, rivoluzionari e postrivoluzionari mi annoiavano indicibilmente (...) Il novanta per cento dei normalisti era stalinista: adoravano Cantimori perché era uno studioso serio (così si diceva allora, con una particolare genuflessione della voce): infatti, quand'era fascista aveva studiato ''seriamente'', dal 1930 al 1939, il nazionalsocialismo; e allora (passati pochissimi anni) studiava con la stessa serietà, e un'emozione che giungeva fino a rossori, tremori e lacrime da vergine, i saggi storici di Palmiro Togliatti".