Andre Agassi: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 65:
Mike Agassi era un grande appassionato di tennis e sognava per i suoi quattro figli: Rita, Philly, Tami e Andre un avvenire da campioni. Provò a trasformare ognuno di loro in un professionista, ma l'impresa riuscì soltanto col figlio più piccolo, Andre, che si vide mettere in mano una racchetta già all'età di due anni.
Tuttavia, quello che sarebbe diventato uno dei più grandi campioni di sempre, non ha un ricordo positivo delle sue prime esperienze tennistiche, a causa delle eccessive pressioni del padre: “Da ragazzino avevo odiato il tennis, vivevo nella paura di mio padre, che mi voleva campione a tutti i costi”.
E nella sua autobiogrfia intitolata ''Open La mia storia'', Andre scirvescrive: "Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perchè non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi, non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l'essenza della mia vita."
Sempre in questo libro, Andre parla del "drago" (una macchina lanciapalle) che suo padre aveva modificato; nero come la pece, montato su grosse ruote di gomma e con la parola PRINCE dipinta in bianche lettere maiuscole lungo la base.
Il drago lancialanciava palle a 180 km/h (la rete per rendere l'allenamento più duro ed efficace era stata rialzata dal padre di altri 15 centimetri rispetto alla rete regolamentare, in modo che poi Andre abituato ad una rete più alta avrebbe sbagliato di meno durante le vere e proprie gare) e Andre haaveva solo 7 anni e si sentesentiva minuscolo e impotente contro questo.
La traiettoria rendedella palla sparata rendeva pressocchè impossibile rispondere in maniera convenzionale quindi Andre èera costretto a colpire le palle di anticipo senza aspettare il loro rimbalzo che avverrebbesarebbe avvenuto dietro di lui.<br>
"Ogni palla che mando al di là della rete va ad aggiungersi alle migliaia che già coprono il campo. Non centinaia. Migliaia. Ruzzolano verso di me in un'onda perenne. Non ho lo spazio per girarmi, per fare un passo, per ruotare. Non mi posso muovere senza calpestare una palla eppure devo stare attento a non farlo, mio padre non lo sopporterebbe. Se calpestassi una palla da tennis, mio padre ululerebbe come se gli avessi schiacciato le sue. Ogni terza palla sparata dal drago ne colpisce un'altra già a terra provocando un anomalo rimbalzo laterale. Io aggiusto il colpo all'ultimo secondo, intercetto la palla d'anticipo e la mando abilmente al di là della rete. So che non è un normale riflesso. So che ci sono pochi bambini al mondo che vedrebbero quella palla, per non parlare poi di colpirla. Ma non vado fiero dei miei riflessi, nè mi vengono riconosciuti. E' il mio dovere. Ogni colpo riuscito è dato per scontato, ogni colpo mancato scatena una crisi".
Le migliaia di palle lanciate si accumulavano per terra sia dalla parte del drago che da quella di Andre e quando questi non poteva muoversi più perchè intorno a sè c'era un tappeto di palle allora il padre metteva in moto il soffiatore modificato che radunava le palle che venivano raccolte con una pala da neve e messe nei bidoni per ricaricare il drago.