Monetazione della Sicilia antica: differenze tra le versioni

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Essa comincia a monetare l'argento adoperando il sistema euboico-attico, con un didramma di circa 8,7 grammi.
 
Recentemente S. Mani Hurter ("''Die Didrachmenprägung von Segesta"'', Biel, 2008), ha proposto di abbassare al 475/0-455/0 a.C. l'inizio della monetazione di Segesta. Tuttavia la Studiosa svizzera non sembra tenere in debita considerazione i numerosi elementi di carattere storico-archeologico e stilistico, che suggeriscono con evidenza, per le prime emissioni segestane, un innalzamento di almeno un decennio di tale cronologia iniziale.
 
I tipi adottati fin dai primordi, sono al [[dritto]] il cane ([[cirneco]]), mentre il [[rovescio (moneta)|rovescio]] è assegnato a una testa femminile variamente acconciata e identificata, come la gran parte degli Studiosi ritiene, con la ninfa eponima [[Egesta]].
 
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, sembra che la presenza del cane sia da ricondurre al locale mito ancestrale della fondazione di [[Segesta]] stessa di cui parlano le fonti storiche (Scolii a Licofrone; Servio), e rappresenti il dio fluviale [[Krimisos]] trasformatosi in cane. Allo stesso tempo, sempre sulla scorta delle fonti, l'animale è visto come il [[paredra|paredro]] della ninfa [[Egesta]], e quindi un riferimento al culto della dea madre, molto sentito presso le popolazioni mediterranee, da cui una componente dell'''etnos'' degli [[Elimi]] avrebbe avuto origine. Altri vedono nella figura del cane, molto diffuso nell'agro siciliano, un chiaro riferimento geografico e altri ancora più semplicemente un animale legato al culto di Afrodite. La legenda è scritta in caratteri greci mutuando, a quanto sembra, l'alfabeto corinzio, ma nella lingua anellenica degli [[Elimi]]. Essa ricorre maggiormente nella forma "''ΣΕCΕΣΤΑΖΙΒ"'' (Segestazib) e, almeno in una serie, accompagnata dalla forma verbale "''EMI"'' (Emi), finalealla fine. Gli Studiosi non sono concordi nell'attribuire ilun significato a questa iscrizione, tuttavia sembra verosimile, analogamente alle altre legende monetali siceliote, che possa trattarsi dell'etnonimo espresso nella forma genitivale plurale.
 
A partire dall'ultimo quarto del V secolo [[Segesta]] inizia a coniare i tetradrammi, che si affiancano alla produzione dei didrammi, in cui il rovescio rimane pressoché invariato. In questi ultimi l'elemento ricorrente é la testa della ninfa [[Egesta]], mentre al [[dritto]] compare una figura maschile nuda, affiancata da una coppia di cani. Alcuni studiosi hanno visto in questa figura la personificazione del dio [[Krimisos]], altri Aceste, fondatore della città elima, altri il dio [[Pan]], per la presenza di un piccolo corno su un esemplare, e altri ancora un cacciatore.
 
Ancora nella seconda metà del V secolo a.C., [[Segesta]] comincia a monetare anche il bronzo, assegnando ai conî gli stessi tipi dell'argento, ma questa volta invertiti, poiché al [[dritto]] ricorre la testa della ninfa [[Egesta]], mentre al rovescio il cane, con i globetti che ne indicano il valore (''trias, tetras, hexas, onkia''). Da questo momento in poi, tale monetazione si dispone parallelamente a quella dell'argento.
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=== Mozia ===
La zecca di [[Mozia]] entra in funzione molto tardi, rispetto alle altre zecche della Sicilia greca, a partire dal [[430 a.C.]] circa, per influenza della vicina [[Segesta]]. Conseguentemente a ciò, essa adotta lo stesso piede, cioè un didramma di circa 8,7 grammi. Anche i primi tipi di cui abbiamo conoscenza sono simili a quelli di [[Segesta]]; al [[dritto]] il cane, al [[rovescio (moneta)|rovescio]] una testa femminile, comunementetradizionalmente identificata con la ninfa Mozia. In un'altra serie di didrammi vi è al [[dritto]] un giovane un giovane che compie evoluzioni su un cavallo e al [[rovescio (moneta)|rovescio]] la stessa testa femminile della ninfa Mozia.
Come per [[Segesta]], anche nelle prime emissioni argentee di [[Mozia]] la legenda etnonima ricorre prevalentemente in caratteri greci. Tuttavia è da rilevare che in seguito, e anche in alcune frazioni, essa ricorre in caratteri punici nella forma ''MTW'', cioè "la filanda".