Antonio Gai: differenze tra le versioni

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Artista diligente e raffinato, ha lasciato numerose opere a tema sacro e profano destinate a chiese e palazzi veneziani e a [[villevilla veneteveneta|ville]] di terraferma.
 
== Biografia ==
Nacque nella [[parrocchia]] di [[Chiesa di San Michele Arcangelo (Venezia)|San Michele]] da Fiorina e Francesco, modesto intagliatore. Come afferma il [[Tommaso Temanza|Temanza]], si formò nella bottega di [[Ottavio Calderon]], altro scultore in legno, già dal [[1696]]-[[1697|97]]. Era ancora apprendista nel [[1710]] quando sposò Lucia, tuttavia nel [[1716]] si autodefiniva "capo maestro".
 
Il Gai iniziò quindi la sua attività come intagliatore, ma di questo primo periodo non restano opere se si eccettua un ''Crocifisso'' in [[Chiesa di San Francesco della Vigna|San Francesco della Vigna]]. Il [[Tommaso Temanza|Temanza]] gli riferisce degli "ornati d'intaglio" identificabili con le decorazioni di alcuni armadi della [[Biblioteca Nazionale Marciana|Libreria Marciana]], realizzati ormai nel settimo decennio, ma andati dispersi.
 
Si avvicinò alla scultura in pietra solo nel [[1720]]. Le prime opere di questo genere furono le statue e i vasi della demolita villa Dolfin di [[Carpenedo]], andate disperse. Gai assunse la commissione quando era ancora qualificato come intagliatore (il Collegio degli scultori fu istituito solo nel [[1724]]) e poté ultimare i lavori grazie a una deroga del priore dell'associazione [[Giuseppe Torretto]].
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Questa commissione aumentò il suo prestigio, non solo a [[Venezia]]: apprezzato dallo svedese [[Carl Gustaf Tessin]], che lo definì "demi Michelange", nonché unico scultore veneziano degno di menzione, lavorò anche per il mercato inglese grazie alla mediazione di [[Joseph Smith (1682-1770)|Joseph Smith]], banchiere e collezionista e poi console a Venezia. Si specializzò particolarmente nella realizzazione di soggetti classicheggianti.
 
Nel [[1738]], con [[Giovanni Battista Piazzetta]], [[Giovan BattistaGiambattista Tiepolo]] e [[Pietro Longhi]], fu componente di una commissione per la valutazione del patrimonio artistico lasciato da [[Gherardo Sagredo]]. Si noti come, anche in questo caso, il Gai preferisse i pezzi di "foggia antica", nonché quelle di [[Antonio Corradini]] e [[Giusto Le Court]].
 
Nel [[1738]] circa realizzò le allegorie della ''Vista'' e dell'''Udito'' per lo scalone di [[villa Giovanelli]] a [[Noventa Padovana]]. Sono opere esemplari che dimostrano la maturità artistica dell'autore, attento a impostare le figure su regole geometriche e diagonali virtuali.
 
Verso il [[1740]] risultava avere residenza e bottega nella parrocchia di [[chiesa di San Bartolomeo (Venezia)|San Bartolomeo]], dove rimase sino alla morte; possedeva anche una casa e un terreno a [[Dolo (Italia)|Sambruson]].
 
Alla [[festa della Sensa]] del [[1743]] espse due trionfi perduti con ''Storie di Giuditta e Oloferne''. Nel [[1749]] i [[procuratori di San Marco]] gli commissionarono alcuni riquadri con putti su trofei per l'ampliamento della Loggetta.
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All'inizio degli [[anni 1750]] si occupò delle statue per l'[[altare maggiore]] della [[Basilica di San Marco]], nonché di un lavello collocato nella [[sagrestia]] della stessa nel [[1751]]. Poco dopo scolpì un pregevole ''San Marco'' per [[Chiesa della Pietà (Venezia)|Santa Maria della Pietà]], collocato ad una delle estremità dell'[[altare maggiore]] (dall'altra si colloca un ''San Pietro'' di [[Giovanni Marchiori]]).
 
Vanno citate inoltre la ''Fede'' e la ''Fortezza'' per la [[chiesa di San Vidal]] e i ''Santi Pietro e Paolo'' per la [[parrocchia]]le di [[Scaltenigo]]. Sul [[timpano (architettura)|timpano]] della chiesa di [[Mira (Italia)|Mira Vecchia]] si trova un ''San Carlo Borromeo'' (inizialmente stava davanti all'edificio), presso l'altare della Circoncisione di [[chiesa di Sant'Antonio (Rovigo)|Sant'Antonio]] a [[Rovigo]] i ''Cherubini'', nella parrocchiale di [[Dolo (Italia)|Dolo]] (ma un tempo in collezione privata) un bassorilievo con ''Cristo nell'orto'' e, infine, sulla [[Chiesa di Sant'Antonio Abate (Udine)|Sant'Antonio Abate]] a [[Udine]] si collocano varie statue. Sono andati perduti i due ''Angeli'' di [[Chiesa di San Simeone profeta (Venezia)|San Simeon Grande]] e la ''Fede'' di [[San Giovanni in Bragora]].
 
Il Gai si occupò frattanto della committenza laica lavorando per numerosissime dimore patrizie, sia palazzi di città che ville di terraferma. Intorno alla metà del seguito realizzo le ''Quattro Stagioni'' per il giardino di [[palazzo Vecchia-Romanelli]] a [[Vicenza]] (attualmente nel [[parco Querini]]). Per villa Soderini a [[Nervesa della Battaglia|Nervesa]] scolpì con Giuseppe Torretto diverse opere ma di queste restano soltanto due vasi oggi conservati presso [[villa Sicher-Barnabò]] di [[Arcade (Italia)|Arcade]].
 
La gran parte dei lavori si rintraccia però lungo la [[Riviera del Brenta]], prevalentemente a [[Mira (Italia)|Mira Vecchia]], [[Fiesso d'Artico]] e soprattutto [[Stra]], dove produsse opere per la nota [[villa Pisani (Stra)|villa Pisani]] e, forse, per [[villa La Barbariga|"La Barbariga"]]. Per il [[Palazzo Pisani a Santo Stefano|palazzo Pisani]] di [[chiesa di San Vidal|San Vidal]] scolpì due statue allegoriche attualmente nel [[conservatorio Benedetto Marcello]].
 
Il 13 febbraio [[1756]] fu fondata l'[[Accademia di belle arti di Venezia|Accademia di Venezia]] e il Gai figurò fra i trentasei artisti che formarono il primo gruppo di insegnanti. Nel [[1764]] venne nominato presidente dell'istituzione.
 
Nel [[1765]] gli vennero ordinate due delle sette statue che avrebbero ornato la nuova facciata della [[chiesa di San Rocco (Venezia)|chiesa di San Rocco]] (un ''San [[Lorenzo Giustiniani]]'' e un ''Beato [[Gregorio Barbarigo]]'') anche se il vecchio scultore delegasse ormai le commissioni ai figli Francesco e Giovanni, dedicandosi esclusivamente alle faccende burocratiche.