Tebaide (Stazio): differenze tra le versioni

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La '''''Tebaide''''' (''Thebais'') è un [[poema epico]] latino dello scrittore [[Papinio Stazio]], composto nel [[I secolo]] e incentrato sulla guerra mitica di [[Eteocle]] e [[Polinice (mitologia)|Polinice]] sotto la città di [[Tebe (Grecia)|Tebe]], storia dalla quale il tragediografo [[Eschilo]] scrisse i suoi ''[[Sette contro Tebe]]''. Il poema è diviso in 12 libri.
 
==Trama==
===Antefatto===
[[File:IngresOdipusAndSphinx.jpg|right|thumb|270px|''Edipo risolve l'indovinello della Sfinge'', dipinto di [[Jean Auguste Dominique Ingres]], circa [[1805]]]]
Il giovane [[Edipo (mitologia)|Edipo]] è diventato re di [[Tebe (Grecia)|Tebe]] dopo aver ucciso il suo predecessore, un certo [[Laio]] (del quale non sa che è suo padre). Infatti Edipo sin da piccolo per l'annuncio sfortunato di un oracolo è stato costretto a vivere sulle montagne con i pastori finché, raggiunta la maturità, non si è recato a Tebe per risolvere un indovinello di un mostro terribile chiamato [[Sfinge]]. Questa aveva l'obbligo di mangiare gli sfortunati che non conoscevano la risposta dei suoi indovinelli e non potevano fuggire, né proseguire la strada verso Tebe, perché la Sfinge li avrebbe mangiati comunque. Edipo risolve l'indovinello e il mostro muore di schianto; tuttavia mentre sta percorrendo la strada verso la città per andare al mercato incrocia il cavallo di Laio (suo padre) che vuole superarlo maleducatamente. Edipo si oppone e tra i due nasce una lite che termina con una rissa e la morte di Laio. [[Giocasta (mitologia)|Giocasta]], vedova di Laio, decide di sposare lo straniero Edipo per continuare a governare Tebe, su cui però circa vent'anni anni dopo si abbatte una terribile pestilenza. La causa è appunto il matrimonio incestuoso di Edipo con Giocasta (sua madre), con cui ha generato i figliastri [[Eteocle]], [[Polinice (mitologia)|Polinice]], [[Ismene]] e [[Antigone (figlia di Edipo)|Antigone]]. A corte viene convocato il famoso indovino cieco [[Tiresia]] e costui rivela a tutti che Edipo è stato gravemente punito dagli Dei per la sua relazione incestuosa con Giocasta. Edipo non gli crede e lo scaccia via malamente ma poi, sentiti altri testimoni e per di più il vecchio suo allevatore nei pascoli montani, il re di Tebe si ricrede e si acceca in preda alla disperazione. Giocasta si segrega nel palazzo per la vergogna, trattenendosi fortunosamente dal suicidio. Tutta la folla è inferocita contro Edipo.
 
===I libro===
[[File:Giroust Oedipus at Colonus.JPG|thumb|left|270px|Edipo maledice il figlio Polinice, dipinto di Jean-Antoine-Théodore Giroust]]
Edipo, ricevuta la maledizione dagli Dei, viene cacciato dalla città di Tebe, su cui la pestilenza immediatamente cessa. Tuttavia tra i familiari soltanto la figlia Antigone prova compassione per lui e così lo accompagna nel suo percorso verso la città di [[Colono]], dove Edipo dovrà passare il resto della sua vita in meditazione. La maledizione degli Dei contro Edipo però continua e costui entro almeno dici anni si riduce ad un mendicante vecchio, cieco e senza un minimo di decoro per sé stesso. Tuttavia il dolore che prova per le sue colpe giovanili e per la reazione del popolo e dei familiari verso di lui restano sempre vivi nell'animo dell'anziano re di Tebe. Un giorno il figlio [[Polinice (mitologia)|Polinice]] arriva a Colono, con la viva intenzione di rivedere il padre. In realtà la visita è di convenienza, perché da qualche anno i fratelli [[Eteocle]] e Polinice hanno litigato riguardo la reggenza del trono di Tebe. Infatti le leggi antiche prevedevano che nelle città vicine a [[Sparta]] e oltre nella [[Grecia]] fossero governate da due re, tuttavia Eteocle si era dimostrato troppo dispotico e conservatore, vedendo in Polinice ancora un ragazzo inesperto e così lo ha cacciato via, esiliandolo nella città di [[Argo (Grecia)|Argo]], patria di [[Atreo]] e dei giovani [[Agamennone]] e [[Menelao]].<br>Polinice chiede ad Edipo di andargli incontro e di favorirgli la reggenza di Tebe, facendo esiliare Eteocle, ma il vecchio lo maledice e lo insulta con tutte le sue forza, facendolo andare via in lacrime. Polinice così, sconfitto, torna ad Argo dove sta preparando una rivola contro Eteocle a Tebe. Intanto all'[[Olimpo]] gli Dei, anche loro in lotta per le sorti dei familiari di Edipo, si riconciliano e [[Giove]] ([[Zeus]]), dopo aver ascoltato i parenti Immortali, decide di punire definitivamente Eteocle e Polinice con l'introduzione in scena di [[Creonte]], un lontano anziano zio crudele dei due ragazzi che fino ad allora non si era fatto vivo per paura di Edipo. Costui vuole impadronirsi segretamente del trono di Tebe, ma non aspetta altro che l'occasione giusta per agire. Frattanto ad Argo il burrascoso Polinice ha una lite con il giovane guerriero [[Tideo]], padre del famoso [[Diomede (Tideo)|Diomede]], amico inseparabile di [[Ulisse]]. Il re [[Adrasto]], un monarca di una città vicina, seda la rissa, ma Polinice non è intento a placarsi.
 
===II libro===
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===XI libro===
Rimasti pochi guerrieri sulla scena, inclusi molti cadetti dei comandanti principali di entrambi gli schieramenti nemici, sulla scena ritornano [[Eteocle]] e [[Polinice (mitologia)|Polinice]], i principali contendenti. Entrambi si sfidano a duello e mentre combattono pare che ognuno abbia la forza e l'agilità nell'attaccare pari a quella dell'altro, proprio come [[Achille]] ed [[Ettore (mitologia)|Ettore]]. Tuttavia d un tratto gli Dei decidono di farla finita, ma fanno in modo che i due mortali terminino lo scontro, uccidendosi l'un l'altro con le lance. Morti i due guerrieri, la loro madre Giocasta lo viene subito a sapere e per la disperazione si impicca. Ora che della famiglia di Edipo sono rimaste solo le deboli Ismene e Antigone, il crudele Creonte decide di fare un veloce colpo di Stato, prendendo in mano la città di [[Tebe (Grecia)|Tebe]] e governandola come se fosse sua. Nel campo di battaglia intanto rimane vivo solo Adrasto, il re che al tempo dell'esilio di Polinice lo aveva accolto e convinto a formare il suo esercito dei Sette, che ora è disfatto. Con le sue ultime truppe il sovrano si allontana per la sua strada.
 
===XII libro===