Castello Cantelmo (Alvito): differenze tra le versioni

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====Alvito e gli Angioini====
Una sorta di processo di riunificazione patrimoniale nel [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]] continuò con la dinastia sveva. [[Federico II]] ereditò il [[Regno di Sicilia]] e portò avanti la politica centralista normanna. Il partito che lo sosteneva e che si interessò anche di riformare il sistema politico e giuridico italiano, si dovette scontrare con i diritti e i privilegi delle città della Penisola. Dal [[1230]] il paese fu sconvolto da una feroce guerra, che ebbe termine solo con la [[Battaglia di Benevento (1266)|battaglia di Benevento]] e la sconfitta dei [[ghibellini]], compresi i [[D'Aquino (famiglia)|d'Aquino]], sostenitori di [[Manfredi di Sicilia|Manfredi]]. Di conseguenza anche i feudatari d'Alvito, [[Tommaso II d'Aquino]], Giacomo e Adenolfo II, vennero espropriati dei loro beni, e a nobili francesi, che combatterono a fianco di [[Carlo I d'Angiò|Carlo d'Angiò]] contro gli svevi, fu assegnato il territorio cominese<ref>Franco de Wassemal prima, poi Esustasio de Faylle e quindi Pietro de Cronay e Goffredo de Jamville ebbero [[San Donato Val di Comino|San Donato]] e [[Settefrati]]; altri territori ebbe Guglielmo Maccaris, Atina andò a Ottone de Tremblay, mentre Casalvieri toccò a Ugone de Lica, nel 1269. Da ''Registri Angoini'', 1969, XXVII, p. 163, n. 222 e p. 288 n. 211.</ref><ref>Tauleri B., ''Memorie istoriche della città di Atina'', pp. 112-113, in Mancini A., «''La storia di Atina. Raccolta di scritti vari''», Forni ed., Sala Bolognese 1994.</ref>. L'intera [[Valle di Comino|Valle]] risultò variamente frammentata e agli Aquinati, che pur conservavano un certo prestigio politico in [[Terra di Lavoro]], restò la sola Gallinaro<ref>Mazzoleni J. (a cura di), ''I registri della cancelleria Angioina'', Napoli 1949-1971, XXII, p. 40.</ref>. Dal 1270 pare che abbiano perso anche il castello di Alvito<ref>Castrucci F.S., ''op. cit.'', pp. 27-28.</ref>. Solo con la venuta di un nuovo re ebbero fine le loro sventure e il feudo per breve tempo si giovò di un'amministrazione prospera. Adenolfo II D'Aquino ([[1293]]), [[conte di Acerra]], qualche anno dopo le dure perdite subite dai suoi predecessori, riconquistò il favore del nuovo re, [[Carlo II d'Angiò|Carlo II]], che era succeduto a [[Carlo I d'Angiò]]. Costui riebbe [[Campoli Appennino|Campoli]], [[San Donato Val di Comino|San Donato]], [[Settefrati]] e il ''fortilicie castri Albeti'', nuova denominazione con cui si indicò [[Alvito (Italia)|Alvito]], che lascia supporre che nel frattempo vi era sorto un castello vero e proprio<ref>Antonelli D., ''op. cit.'', p. 195-196.</ref><ref>[[Domenico Santoro|Santoro D.]], ''Pagine sparse di storia Alvitana'', vol. I, Tip. Jecco, Chieti 1908, pp. 9-10.</ref>. ''Fortilicium'' è, infatti, il termine con cui nel medioevo si indicavano specificatamente i castelli.<ref>Antonelli D., ''op. cit.'', pp. 195-196.</ref> Il maniero in quegli anni è descritto come un edificio in buone condizioni, ampiamente munito di armi e adeguatamente approvvigionato dei prodotti del circondario ([[vino]], [[grano]], [[Panicum miliaceum|miglio]], [[spelta]])<ref>Santoro D., ''op. cit.'', pp. 9-10.</ref> anche perché nelle lotte tra guelfi e ghibellini, trattandosi di una fortezza di confine fra lo Stato Romano e il Napoletano, aveva acquisito sempre maggior importanza territoriale e politica<ref>Antonelli D., ''op. cit.'', pp. 195-196.</ref>. [[File:Vicalvi.JPG|350px|left|thumb|L'abitato e il [[castello di Vicalvi]]]]
 
====La fine del dominio dei d'Aquino====