Weltanschauung: differenze tra le versioni

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Il primo uso del termine "Weltanschauung" è attestato nella "Critica del giudizio" (1790) di Immanuel Kant (Prima parte, secondo libro, § 26). Successivamente il termine, che è composto da "Welt" (mondo) e "Anschauung" (concezione, visione) entrerà nella pubblicistica filosofica e letteraria prima (Schelling, Novalis, Schleiermacher ecc)  e quindi presso il largo pubblico a designare quella "visione del mondo" che in genere inerisce i temi della metafisica (Dio, Anima, Mondo) e la concezione che l'uomo ne ha o ne possa avere in uno stadio dato della propria conoscenza. il dizionario di filosofia di Friedrich Kirchner (Wörterbuch der philosophischen Grundbegriffe) che è del 1907 registra il termine senza attribuirlo a chicchessìa, segno che era già nel lessico filosofico del tempo.
 
La parola ''Weltanschauung'' è stata usata dal sociologo [[Max Weber]] nel suo saggio ''L'etica protestante e lo spirito del capitalismo''. Il primotermine filosofoè astato utilizzareusato ilanche termineda è stato [[Wilhelm Dilthey]] nel [[1907]] nel III capitolo di ''Das Wesen der Philosophie'' (''L'essenza della filosofia''), al § 2 (''Tipi di intuizione filosofica del mondo''), dove ne viene data una visione [[storicismo|storicistica]] e [[idealismo|idealistica]], che si oppone al [[materialismo]] e al [[relativismo]]. Dilthey si riallaccia a [[Platone]] e a [[Kant]] come i predecessori più validi di una ''Weltanschauung'' idealistica che sembra preferire rispetto a tutte le altre possibili. Egli scrive:
 
{{quote|Tra questi tipi vi sono delle forme in cui tali intuizioni non sono ancora pervenute a separarsi nettamente; altre possono invece, sfidando la consequenzialità del pensiero, mantenere tutto il complesso di motivi metafisici, manifestandosi però sempre infeconde per lo sviluppo ulteriore dell’intuizione del mondo e inefficaci sulla vita e sulla letteratura. Dalla variopinta molteplicità di tali sfumature di intuizione del mondo, sono derivati i loro tipi più conseguenti, più puri e più efficaci.|''Das Wesen der Philosophie'', III, 2<ref> in: W. Dilthey, ''Critica della ragione storica'', Einaudi 1954, pp. 468-469</ref>}}