Difesa a zona: differenze tra le versioni

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Per diventare "modulo" in senso compiuto, la difesa a zona deve essere corredata da alcune figure fondamentali, escogitate per trarne il massimo vantaggio: il '''pressing''', cioè l'attacco sistematico al portatore di palla avversario, per rendergli difficoltoso il ragionamento tattico e portargli via il pallone, così da trasformare l'azione difensiva in azione offensiva; e '''la tattica del fuorigioco''', vale a dire l'avanzamento sincrono dell'intera linea difensiva, nel momento in cui l'attaccante avversario sta per lanciare l'azione in profondità.<br>
Nella sua applicazione più "pura", cioè più rigorosa, i difetti del modulo sono un'accentuata vulnerabilità, nel caso in cui non scattino tutti alla perfezione nello stesso momento; la mancanza di difese contro l'avversario che riesca a superare l'unica linea difensiva; la fragilità congenita nei confronti di un contropiede ben impostato.<br>
Il boom della zona (sistema difensivo da sempre applicato in gran parte del mondo, Brasile in testa) si verifica in Italia alla fine degli anni ottanta, sotto la spinta decisiva del {{Calcio Milan}} allenato da [[Arrigo Sacchi]]. Un {{Calcio Milan}} fortissimo, le cui caratteristiche fondamentali si possono così riassumere: 1) identica mentalità aggressiva e propositiva in casa e in trasferta, in contrasto con l'atteggiamento fino a quel momento imperante tra le squadre italiane, basato fuori casa sul gioco in contropiede, al culmine di un arroccamento difensivo particolarmente curato; 2) la presenza nelle sue file di un difensore centrale, [[Franco Baresi]], di tale qualità assoluta da ammortizzare le lacune insite nello schieramento in linea, in un'epoca antecedente la rivoluzione regolamentare di [[Sepp Blatter]], che avrebbe automaticamente punito con l'espulsione il fallo sul giocatore lanciato a rete.<br>
Nella sua versione più diffusa, che diventa moda in Italia dopo il boom del {{Calcio Milan}} di [[Arrigo Sacchi]], il modulo impostato sulla difesa a zona prevede la squadra schierata con quattro difensori, quattro centrocampisti e due attaccanti. I quattro difensori sono in linea, ancorché non rigorosamente, essendo consigliato che i due esterni si posizionino leggermente più avanzati rispetto ai centrali. E, al di là di rare espressioni "pure" (come quelle delle squadre di [[Zdenek Zeman]]), in Italia in gran parte si avrà la tendenza a tenere uno dei due centrali difensivi un po' indietro rispetto all'altro, in una sorta di versione aggiornata del ruolo di libero. A centrocampo, quattro uomini in linea, due centrali e due esterni. In avanti, due attaccanti.
Connaturata a tale disposizione in campo molto geometrica, dettata dalla necessità di dividere la metà campo in sezioni omogenee, è l'applicazione di particolari accorgimenti tattici. La marcatura a zona porta con sé un'idea "collettiva" del reparto di terza linea. Il che significa, tanto per fare un solo esempio, che quando un difensore va ad aggredire il portatore di palla, un compagno deve accorrere a "raddoppiare", cioè a coprirlo per il caso in cui venga superato, e gli altri fanno la "diagonale", cioè arretrano uniformemente su una linea diagonale, preparandosi così a scalare per affrontare l'avversario eventualmente avanzante. Anche quando si passa alla fase di rilancio, il difensore, attaccato dal pressing altrui, deve essere aiutato dai compagni di linea, chiamati a disporsi in modo da poter recuperare sull'avversario in caso di riuscita della sua azione di disturbo.
Tutti gli elementi di questo modulo vengono dosati da ogni tecnico secondo i propri gusti e soprattutto in base alle caratteristiche dei giocatori e all'opportunità. Così, se il ricorso esasperato alla tattica del fuorigioco è diventato negli ultimi anni sempre più rischioso e resta comunque condizionato alle scelte della direzione arbitrale, il pressing comporta un alto dispendio di energie e dunque non può essere condotto con la stessa intensità per tutta la partita. La migliore applicazione del modulo pretende che la squadra resti "corta", cioè sviluppata in una porzione di campo il più possibile ristretta. Tra i compiti principali dei centrocampisti rientra per l'appunto mantenere il più possibile inalterate le distanze tra i reparti, così da far funzionare al meglio tattica del fuorigioco e pressing.<br>