Razionalismo italiano: differenze tra le versioni

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Questa abitudine della [[cultura]] architettonoca italiana a riciclare le forme tradizionali porta i migliori [[Architetto|architetti]] ad un importante scelta metodologica, propria del [[costume]] progettuale del passato, che è quella di trattare ogni [[progetto]] come evento irripetibile ed isolato e non come [[programma (parola)|programma]] di una nuova organizzazione della [[città]]. Esempi significativi di questo atteggianmento sono le citate [[Torre Velasca]] a [[Milano]] dello studio [[B.B.P.R.]] l'edificio INA di [[Franco Albini]] a Parma, la Cassa di Risparmio di [[Giovanni Michelucci]] a [[Firenze]], che rappresentano "l'originalità eccellente" a fronte della mediocrità generale dell'[[architettura Italiana]]. L'atteggiamento deriva ed conseguenza della difficoltà di sviluppare le questioni dell’urbanizzazione della [[città]] attuale sopra una certa dimensione, con la conseguente incoerenza tra coscienza architettonica ed [[urbanistica]]. E la questione [[Urbanistica]] esploderà con veemenza, sotto il peso della [[Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo|ricostruzione]] prima e del [[boom edilizio]] poi degli [[Anni 1960|anni sessanta]]. Le [[città]] si espandono a macchia d’olio senza precise direttive e le periferie si vestono di grigiore e caos tipici degli abitati paleo industriali. In [[Italia]] manca quell’ approccio ai problemi urbanistici, che è proprio del [[Movimento Moderno]], gli architetti possono anche aver individuato i problemi ma non riescono a trovare le soluzioni e questo porta ad una crisi della cultura architettonica Italiana.
 
Fenomeni come il [[Neoliberty]] di reazione alla mancanza di umanità dell’’’International Style’’possono essere inquadrati in questo ambito. Da un lato v’è la volontà di recupero delle idee di familiarità e di buona grazia delle architetture delle [[costruzione edilizia|costruzioni]] dei primi decenni del [[XX secolo]], e dall’altro v’è questo richiudersi in se stessi in un ritorno al passato, per evitare di affrontare i problemi attuali ed urgenti che appaiono irrisolvibili. Emblematiche in proposito sono le parole del critico Britannico [[Reyner Banham]] che individuerà il (" ritiro spirituale Italiano dall'architettura moderna"). Nasce così una stagione di breve durata alla fine degli [[Anni 1950|anni cinquanta]], che si rifà ai temi formali dell ‘[[Art Nouveau]] rielaborandoli in senso più moderno. Le opere principali da ricordare sono:
* 1953-58 Casa alle Zattere a [[Venezia]] di [[Ignazio Gardella]];
* 1953-56 Bottega di Erasmo e Borsa Valori a [[Torino]] di R. Gabetti e A. Isola,