Efrem il Siro: differenze tra le versioni

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Viene venerato come [[santo]] dai cristiani del mondo intero, ma in particolare dalla [[Chiesa ortodossa siriaca]] e dalla [[Chiesa cattolica sira]]. Venne riconosciuto come [[dottore della Chiesa]] cattolica nel [[1920]] da [[papa Benedetto XV]] nella sua enciclica ''[[Principi Apostolorum Petro]]'' del [[5 ottobre]].
 
Efrem ha scritto moltissimi inni, poesie e omelie in versi e commentari biblici in prosa. Questi ultimi sono opere di teologia pratica, per l'edificazione della Chiesa, scritti in un momento di grande incertezza attorno alla fede. Furono così famosi e apprezzati che venivano persino usati nella liturgia come testi di ''Scrittura ispirata'' assieme al [[Pastore di Erma|''Pastore'' di Erma]] e alle ''Epistole'' di [[Papa Clemente RomanoI]]. Per secoli dopo la sua morte, autori cristiani scrissero centinaia di opere pseudo-epigrafiche su di lui. Gli scritti di Efrem testimoniano una fede cristiana ancora primitiva ma vibrante, poco influenzata dal pensiero occidentale e più vicina al modo di pensare orientale.
 
== Biografia ==
Efrem nacque attorno al [[306]], nella città di [[Nisibis]], attuale [[Nusaybin]] ([[Turchia]] sud orientale), in [[Mesopotamia]]. Basandosi sulle sue opere si deduce che i suoi genitori facevano parte della crescente comunità cristiana della città. In alcune agiografie si dice che suo padre era un sacerdote pagano che, visto il figlio convertito al cristianesimo, lo avrebbe cacciato di casa. Ai suoi tempi si parlavano molte lingue nella sua città natale, in particolare dialetti armeni. La comunità cristiana utilizzava invece il [[Lingua siriaca|siriaco]]. A Nisibi erano presenti anche molti altri culti: oltre alle religioni pagane era presente anche una comunità di ebrei e alcune correnti eretiche della nascente chiesa cristiana, in particolare le comunità note come "Figli e Figlie del Patto"<ref>Come riferisce lo stesso Efrem nelle sue opere, tale comunità fu fondata da Santa Plotinide tra la metà del III secolo e l'inizio del IV secolo.</ref>, che cercavano di guadagnare nuovi proseliti. Quell'epoca fu contraddistinta da una grande tensione religiosa e politica. Nel [[298]] l'imperatore romano [[Diocleziano]] aveva stipulato un trattato con il re persiano [[Sasanidi|sasanide]] [[Narseh]] (Narsī), con il quale aveva ottenuto il trasferimento della città sotto [[Roma]]. Questa annessione ebbe come conseguenza che la giovane comunità cristiana dovette subire la persecuzione romana: si ricordi la storia emblematica di [[Santa Febronia]], membro di una delle comunità cristiane presenti nella città; il ricordo della stessa era perciò molto vivo nei cristiani durante la giovinezza di Efrem.
 
Giacobbe, il primo vescovo di Nisibis, che venne nominato nel [[308]], partecipò nel [[325]] al [[Primo concilio di Nicea]]. Efrem venne battezzato all'età di 18 anni e quasi sicuramente entrò in un convento. Divenne [[diacono]] e il suo [[vescovo]] lo volle come professore (in siriano ''malp̄ānâ'', titolo che è ancora molto diffuso presso la chiesa siriana). Compose inni e scrisse dei commentari biblici, nell'ambito delle sue mansioni educative. Nei suoi inni parla di sé come di un "pastorello" (`allānâ), chiama il suo vescovo "pastore" (rā`yâ) e indica la sua comunità (dayrâ) "gregge". La tradizione vede in Efrem il fondatore della scuola di Nisibis, che nei secoli successivi fu il centro educativo della Chiesa d'oriente.
 
Alla morte di [[Costantino I]], nel [[337]], il sovrano persiano [[Sapore II]] cercò di approfittare della situazione per riconquistare la [[Mesopotamia]] romana con una serie di attacchi. Nisibi venne assediata a più riprese nel [[338]], [[346]] e [[350]]. Efrem afferma che furono le preghiere del vescovo Giacobbe a salvare la città dal primo assedio. Poco dopo questo assedio respinto, il vescovo morì e gli succedette Babu. Durante l'ultimo assedio del 350, i [[persiani]] deviarono il fiume [[Migdonius]] per spallare le mura della città, mentre gli elefanti dei persiani caricavano: il terreno fangoso e molle frenò però la loro carica e gli assediati riuscirono a chiudere le falle apertesi nelle mura, salvandosi ancora una volta. Questo evento fu di nuovo visto dalla comunità cristiana come miracoloso e celebrato da Efrem in un inno dove compara la sua città all'[[Arca di NoéNoè]] salva al disopra dell'inondazione.
 
[[File:Mar Jacob Church, Nisibis.jpg|upright=1.3|thumb|left|La chiesa di San Giacobbe di Nisibi, primo vescovato dove Efrem svolse il suo ministero]]
 
Il battistero di Nisibis, ancora visibile oggi, porta la data del [[359]]: edificato sotto il vescovo [[Vologese]], resta una viva testimonianza di quella comunità. In quell'anno [[Sapore II]] ricominciò a devastare la regione. Le città dei dintorni vennero una dopo l’altra distrutte e i loro abitanti uccisi o espulsi. La lotta di potere tra [[Costanzo II]] e [[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]] indebolì il fianco orientale. Alla morte del primo, Giuliano intraprese una campagna marciando con i suoi eserciti verso la Mesopotamia. Durante la campagna arrivò sino a [[Ctesifonte]], ma, costretto alla ritirata, perse la vita e al suo posto venne nominato imperatore [[Gioviano]], cristiano niceano. Egli fu costretto a concordare un armistizio con Sapore, per il quale Nisibis venne ceduta alla Persia con la clausola che la comunità cristiana potesse lasciare la città. Sotto il vescovo Abramo, successore di Vologese, la comunità partì in esilio.
 
Efrem dapprima si portò ad Amida, attuale [[DiyarbakirDiyarbakır]], e nel [[363]] si insediò definitivamente a [[Edessa (Mesopotamia)|Edessa]], attuale [[Şanlıurfa]]. Efrem, allora sessantenne, si rimise al lavoro nella nuova comunità e sembra abbia continuato a insegnare, forse nella Scuola di Emessa. In questo nuovo ambiente operavano numerosi filosofi e religiosi rivali. Efrem ci informa che i cristiani di fede ortodossa venivano chiamati "''palutiani''", dal nome di un vescovo precedente. Vi si trovavano anche [[arianesimo|ariani]], [[Marcione|marcionisti]], [[manicheismo|manichei]], seguaci di [[Bardesane]] e [[gnosi|gnostici]]. Tutti proclamantisi la "vera chiesa". Contro queste eresie Efrem compose numerosi inni: un autore siriaco tardivo, Jacob di Serugh, scrive come Efrem facesse cantare questi inni da cori di voci femminili su arie di musica popolare siriana. Rimase fino alla fine dei suoi giorni in questa città, morendo di [[peste]] il [[9 giugno]] [[373]].
 
=== Informazioni biografiche non accertate ===
I dettagli aggiunti più tardi dagli agiografi siriaci sono di dubbio valore ed è impossibile separare la verità storica dall'agiografia.
* Efrem si sarebbe recato in [[Egitto]], permanendovi otto anni, periodo durante il quale egli avrebbe confutato pubblicamente alcuni portavoce dell’eretico [[Ario]].
* Le relazioni fra sant’Efrem e [[san Basilio Magno]] sono raccontate da autori che alcuni ritengono affidabili, come [[san Gregorio di Nissa]] e [[Sozomeno]], secondo cui l’eremita di Edessa, attratto dalla grande reputazione di Basilio, decise di fargli visita a [[Antiochia di Pisidia|Cesarea]]. Fu accolto calorosamente e fu ordinato diacono da Basilio; quattro anni dopo egli rifiutò sia il [[sacerdozio]], sia l’episcopato che Basilio gli offriva mediante delegati mandati a questo scopo ad Edessa. Sebbene sembri che Efrem conoscesse pochissimo il [[lingua greca|greco]], questo incontro con Basilio non è improbabile; alcuni critici, comunque, ritengono la prova insufficiente e perciò la rifiutano.
 
== Opere ==
=== Teologo e poeta ===
La tradizione lo presenta come un uomo austero. Non si trovano, nelle sue opere letterarie, accenni alle dispute [[teologia|teologiche]] contemporanee, caratterizzate dalle controversie [[trinità (cristianesimo)|trinitarie]]: questo probabilmente perché non conosceva la [[lingua greca]]. La piena ortodossia cristiana di Efrem si rivela attraverso il suo metodo di divulgazione preferito: la [[poesia]]. A questo riguardo, è stato definito "la [[cetra]] (o l'[[Arpa (strumento musicale)|arpa]]) dello [[Spirito Santo]]".<br />
Nella sua epoca si andava organizzando il [[canto religioso]] cosiddetto "alternato" nelle chiese, del quale gli iniziatori sono stati [[Sant'Ambrogio da Milano|Ambrogio]] a [[Milano]] e [[Diodoro]] ad [[Antiochia]]. Efrem compose nella lingua nativa poesie di contenuto didattico o esortativo, con un forte lirismo e particolarmente idonee al canto collettivo. La grande diffusione di questi canti (dalla Siria raggiunsero l'Oriente mediterraneo, grazie anche a precise ed accurate traduzioni in greco) fu favorito soprattutto dal carattere popolare delle sue poesie.
Efrem si serviva della poesia come di un eccellente mezzo pastorale perfino nelle omelie e nei sermoni, dove risaltava la sua profonda conoscenza della [[Bibbia|Sacra Scrittura]].<br />
Dedicò 20 inni alla [[Maria, (madre di Gesù)|Madonna]], della quale era molto devoto.
 
=== Testi e versioni dei suoi scritti ===
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Nel medioevo alcune delle sue opere minori furono tradotte dal greco in lingua slava e latina. Alla fine da queste versioni furono fatti adattamenti degli scritti ascetici di Efrem in francese, tedesco, italiano ed inglese.
 
La prima edizione stampata (in latino) si basava su una traduzione dal greco fatta da [[Ambrogio Traversari]] e pubblicata dalla stamperia di Bartolomeo Guldenbeek di [[Sultz]], nel [[1475]]. Un’edizione molto migliore fu eseguita da [[Gerardo Vossius]] (m. [[1619]]), il dotto prevosto di [[Tongres]], per richiesta di [[Papa Gregorio XIII]]. Nel [[1709]] [[Edoardo Thwaites]] pubblicò, dai manoscritti della [[Biblioteca Bodleiana]], il testo greco, fino a quel momento conosciuto solo per frammenti. L’originale siriano rimase sconosciuto in Europa fino al fruttuoso viaggio in oriente ([[1706]]-[[1717]]) dei maroniti Gabriele Eva, Elia, e in particolare [[Giuseppe Simeone Assemani]], che si concluse con la scoperta di una preziosa raccolta di manoscritti nel monastero nitriano (Egitto) di Nostra Signora. Questi manoscritti trovarono subito la loro collocazione nella [[Biblioteca Vaticanaapostolica vaticana]]. Nella prima metà del [[XIX secolo]] il [[British Museum]] fu notevolmente arricchito da simili fortunate scoperte di Lord Prudhol ([[1828]]), Curzon ([[1832]]) e Tattam ([[1839]], [[1841]]).
Tutte le edizioni recenti degli scritti siriani originali di Efrem sono basate su questi manoscritti. Nella [[Biblioteca nazionale di Parigi]] e Bodleiana ([[Oxford]]) ci sono alcuni frammenti siriani di minore importanza. Giuseppe Simeone Assemani si affrettò a fare il miglior uso possibile dei suoi nuovi manoscritti e propose subito a [[Papa Clemente XII]] un’edizione completa delle opere di Efrem nell’originale siriano e nella versione greca, con una nuova versione latina dell’intero materiale. Da parte sua egli prese l’edizione del testo greco. Il testo siriano fu affidato al gesuita Pietro Mobarak (Benedetto), in quanto maronita. Dopo la morte di Mobarak, i suoi lavori furono continuati da Stefano Evodio Assemani. Alla fine questa monumentale edizione dell’opera di Efrem fu pubblicata a Roma ([[1732]]-[[1746]]) in sei volumi in folio. Fu completata dai lavori di Overbeck (Oxford, [[1865]]) e Bickell (Carmina nisibena, [[1866]]), mentre altri studiosi pubblicarono frammenti ritrovati (Zingerle, P. Martin, Rubens Duval). Una edizione (Mechlin, [[1882]]-[[1902]]) degli inni e sermoni di S. Efrem si deve a monsignor T. J. Lamy.
 
Comunque, un’edizione completa della vasta opera di Efrem deve essere ancora prodotta.
 
=== Opere esegetiche ===
Efrem scrisse commentari sull'intera Bibbia, sia l’[[Antico Testamento|Antico]] che il [[Nuovo Testamento]], ma molte delle sue opere sono andate perdute. Esiste ancora in siriaco il suo commentario sulla [[Genesi]] e un’ampia parte dell'[[Libro dell'Esodo|Esodo]]: per gli altri libri dell’Antico Testamento abbiamo una sintesi siriana, tramandata dal monaco siriano Severo ([[851]]). I commentari su [[Libro di Rut|Rut]], [[Libro di Esdra|Esdra]], [[Libro di Neemia|Neemia]], [[Libro di Ester|Ester]], i [[Salmi]], i [[Libro dei Proverbi|Proverbi]], il [[Cantico dei cantici]] e l’[[Ecclesiaste]] sono perduti. Il canone scritturale di Efrem somiglia moltissimo al nostro. Sembra incerto che egli accettasse gli scritti [[deuterocanonici]]; almeno nessuno di questi commentari è arrivato fino a noi. D’altra parte accettava come canonica l’apocrifa Terza epistola ai Corinti, e scrisse un commentario su di essa. Il testo scritturale usato da Efrem è il siriano Peshito, lievemente differente, comunque, dal testo stampato di quella antichissima versione. Il Nuovo testamento era noto a lui ed a tutti i siriani, sia orientali che occidentali, prima del tempo di Rabulas, nel ''Diatessaron'' armonizzato di [[Taziano il Siro|Taziano]]. Il suo testo degli [[Atti degli Apostoli]] sembra essere stato strettamente collegato a quello chiamato "Occidentale".
 
L’esegesi di Efrem è quella degli scrittori siriani in generale, sia ellenizzati che non, ed è strettamente collegato a quella di [[Afraate]], essendo, come l’ultimo, abbastanza rispettosa della tradizione ebraica e spesso basata su di essa. Come esegeta Efrem è sobrio, mostra una preferenza per il senso letterale, è discreto nell’uso dell’[[allegoria]]; in poche parole, inclina fortemente alla Scuola Antiochena, e ci richiama in particolare [[Teodoreto di Cirro]]. Egli ammette nella Scrittura solo pochi passaggi messianici nel senso letterale, molti di più, comunque, profetici di [[Cristo]] nel senso tipologico, che deve essere attentamente distinto dal senso allegorico. Non è improbabile che la maggior parte dei suoi commentari fosse scritta per la scuola cristiana persiana (Schola Persarum) di Nisibis, della quale fu uno dei fondatori e anche uno dei più distinti professori.
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== Il culto ==
Durante la sua vita, Efrem fu molto influente fra i cristiani siriani di Edessa; la sua memoria fu venerata da [[ortodossi]], [[monofisiti]] e [[nestoriani]], che lo chiamavano ''sole dei siriani'', ''colonna della chiesa'', ''arpa dello Spirito Santo''. Ancora più straordinario è l’omaggio che gli tributarono i greci, che ben raramente menzionavano scrittori siriani. Fra le opere di [[Gregorio di Nissa]] (P. G. XLVI, 819) c’è un sermone (benché non riconosciuto da alcuni) che è un vero e proprio panegirico di sant’Efrem. Vent'anni dopo la morte di quest’ultimo, [[san Gerolamo]] lo menziona come segue nel suo ''catalogo di cristiani illustri'': {{Citazione|Efrem, Diacono della chiesa di Edessa, scrisse molte opere [''opuscola''] in siriano, e diventò così famoso che i suoi scritti sono letti pubblicamente in alcune chiese dopo le Sacre Scritture. Io ho letto in greco un suo volume sullo Spirito Santo; sebbene fosse solo una traduzione, vi ho riconosciuto il genio sublime dell’uomo|De viris illustr., c. cxv}}Anche [[Teodoreto di Cirro]] elogiava il suo genio poetico e la sua conoscenza teologica (Hist. Eccl., IV, xxvi). [[Sozomeno]] pretende che Efrem abbia scritto 3.000.000 versi e dà il nome di alcuni dei suoi discepoli, alcuni dei quali rimasero ortodossi, mentre altri caddero nell’eresia (Hist. Eccl., III, xvi). Dalle chiese siriana e bizantina la fama di sant’Efrem si allargò fra tutti i cristiani. Il [[Martirologio romanoRomano]] lo menziona il [[1º febbraio]]. Nei loro menologi e sinassi, greci e russi, giacobiti, caldei, copti e armeni onorano il santo diacono di Edessa.
 
[[Papa Benedetto XV]] ne elogiò la figura e lo dichiarò [[dottore della Chiesa]] con l'[[enciclica]] ''[[Principi Apostolorum Petro]]'', scritta il [[5 ottobre]] [[1920]].
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== Note ==
<{{references/>}}
 
=== Bibliografia ===
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[[Categoria:Storia antica del cristianesimo]]
[[Categoria:Padri della Chiesa]]
 
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