Biblioteca Medicea Laurenziana: differenze tra le versioni
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=== La sala di lettura ===
La sala di lettura, contrasta con le sue proporzioni ampie e distese con il vestibolo. Lo spazio, un lungo e ampio corridoio con banchi lignei, fu quasi interamente disegnata da Michelangelo, compreso il soffitto e gli stessi banchi. Ispirata nello sviluppo longitudinale e nell'ampia finestratura su entrambi i lati alla biblioteca di [[San Marco (Firenze)|San Marco]] di [[Michelozzo]], la biblioteca Medicea non ha però la suddivisione in navate, anche perché gli ambienti sottostanti non avrebbero avuto una sufficiente resistenza statica per sopportare il peso delle colonne, a meno di non fare impegnativi lavori di ristrutturazione. Vennero invece approntati contrafforti sulle mura esterne, corrispondenti agli esili pilastri in
Sui banchi i [[codice (filologia)|codici]] venivano conservati orizzontalmente nei ripiani inferiori ed erano liberamente consultabili,
Le vetrate furono realizzate da maestranze fiamminghe su disegno di [[Giorgio Vasari]] e hanno come tema l'araldica medicea circondata da [[grottesche]], armi ed emblemi.
Il soffitto, in legno di [[tiglio]], fu intagliato da [[Giovanni Battista del Tasso]] poco prima del[[1550]] sulla base dei disegni michelangioleschi. I riquadri presentano, tra coppie di delfini, ovali con festoni e crani di stambecco, le insegne di Cosimo I.<ref>Rudolf Wittkower, ''Idea e immagine. Studi sul Rinascimento italiano'', 1992 (1978) pag.75</ref>
Il pavimento presenta disegni intarsiati in terracotta rossa e bianca, realizzato da [[Santi Buglioni]] a partire dal [[1548]] su progetto del [[Niccolò Tribolo|Tribolo]] che riprende la partizione del soffitto. Tribolo, di ritorno da Roma dove aveva incontrato Michelangelo per avere indicazioni e istruzioni per il cantiere, riporta una tecnica realizzativa ancora in parte da chiarire<ref>G. Vasari, ''Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori et architettori'', a cura di P. Pecchiai, Milano 1928 (Firenze 1568) vol.II, p.968.</ref>. Si è ipotizzato che su una base in argilla siano state ricavati, prima della cottura, i vuoti riempiti in una particolare terra, opportunamente trattata, che con la cottura diventa bianca<ref>G. Vasari, Op,. cit., vol.I</ref>, differenziadosi così dalla base in terracotta rossa. I giunti venivano riempiti con una miscela di pece rossa.<ref>M.I. Catalano, ''Il pavimento della Biblioteca Mediceo Laurenziana'', Firenze 1992, p. 32.</ref>
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