Luigi Lunari: differenze tra le versioni

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=== L'esperienza pratica nel mondo del teatro ===
Con il precisarsi dei suoi interessi verso il teatro, nel 1960 entrò a far parte del [[Piccolo Teatro di Milano]], incaricato di un Ufficio Studi in cui raccolse una collezione di riviste teatrali di tutto il mondo unica nel suo genere.<ref>Luigi Lunari, ''Il Piccolo Teatro di Milano: teatro e società in Italia'';Rassegna internazionale dei teatri stabili, Firenze, 1965.</ref> <br>
 
Al Piccolo Teatro di Milano rimarrà, con crescenti responsabilità e autorevolezza, praticamente fino al 1982, collaborando con [[Paolo Grassi]] e soprattutto con [[Giorgio Strehler]], per il quale tradusse vari testi di [[Bertolt Brecht]], [[William Shakespeare]] e [[Anton Pavlovič Čechov]], ma di cui in particolare affiancò – con la propria ordinata cultura e la propria capacità analitica – le straordinarie e tumultuanti intuizioni, nella gestazione di tutti i suoi maggiori spettacoli di quel periodo. Nel 1982 entrò in conflitto con Strehler, cui rimproverava il rifiuto di apporti registici esterni in un momento in cui si andavano inaridendo le sue capacità di invenzione e di lavoro, e lasciò il Piccolo Teatro di Milano. 
Della sua esperienza al Piccolo rimangono la divertente e divertita testimonianza del ''roman comique'' ''Il Maestro e gli altri'', la vasta saggistica storica e critica dedicata alla storia del Piccolo e al magistero registico di Strehler; e – come vanto personale – una significativa (pur se leggermente donchisciottesca) stagione dedicata alla drammaturgia italiana, da lui fortemente voluta, con l'allestimento di testi (per l'esattezza di Luigi Sarzano, [[Alfredo Balducci]] e [[Alessandro Parodi]]) di quella generazione di autori che l'esterofilia dell'immediato dopoguerra aveva condannato al silenzio. <br><br>Nella sua lunga esperienza, Lunari fu attento e attivo testimone della grande evoluzione che il teatro subì nella seconda metà del Novecento. Vide la nascita dei teatri stabili alla luce del concetto di teatro pubblico, e la loro degenerazione nell'abuso che se ne fece per i più vari interessi clientelari; vide il malo uso delle sovvenzioni pubbliche distribuite secondo l'irresponsabile criterio "a pioggia" e l'influenza delle "raccomandazioni"; visse il difficile conflitto tra le strategie del decentramento e dell'accentramento; vide il tramonto della vecchia compagnia mattatoriale, sostituita a poco a poco dal ricorso al nome televisivo; vide il profondo mutamento del costume della frequentazione teatrale, e l'inevitabile degrado della competenza del pubblico nell'allargarsi dell'utenza. Sotto il profilo drammaturgico, vide – e illustrò in prima persona – la fine dell'antica forma in più atti per l'adozione di strutture di breve durata, il ricorso a distribuzioni sempre più limitate e di minor costo; e lo smarrimento infine di precise coordinate formali e contenutistiche, riconoscibili e comunemente accettate, per la necessità - essenzialmente commerciale - di fare scandalo o comunque notizia, accanto all'appiattirsi di ogni ricerca sul parco buoi dei titoli sicuri, delle riscritture dei classici, delle brutte copie di film famosi e via dicendo. <br>

Su altro piano, Lunari ebbe vari incarichi pubblici: fu tra i fondatori di vari movimenti sindacali degli autori (quali l'ASST e la SIAD), e fu per qualche anno membro del C.d.A dell'[[Ente Teatrale Italiano]] (E.T.I.), dove toccò con mano l'esistenza degli "enti inutili" e il loro pesante costo per la collettività. La denuncia delle varie storture in cui ebbe a inciampare lo portò a rompere le uova nel paniere di molti interessati interessi, per cui rimase tagliato fuori da ogni carriera di potere; verificandosi quello che gli disse un giorno l'amico e drammaturgo [[Roberto Mazzucco]]: «Tu, ogni volta che apri bocca perdi un voto».
Al Piccolo Teatro di Milano rimarrà, con crescenti responsabilità e autorevolezza, praticamente fino al 1982, collaborando con [[Paolo Grassi]] e soprattutto con [[Giorgio Strehler]], per il quale tradusse vari testi di [[Bertolt Brecht]], [[William Shakespeare]] e [[Anton Pavlovič Čechov]], ma di cui in particolare affiancò – con la propria ordinata cultura e la propria capacità analitica – le straordinarie e tumultuanti intuizioni, nella gestazione di tutti i suoi maggiori spettacoli di quel periodo. Nel 1982 entrò in conflitto con Strehler, cui rimproverava il rifiuto di apporti registici esterni in un momento in cui si andavano inaridendo le sue capacità di invenzione e di lavoro, e lasciò il Piccolo Teatro di Milano. 
Della sua esperienza al Piccolo rimangono la divertente e divertita testimonianza del ''roman comique'' ''Il Maestro e gli altri'', la vasta saggistica storica e critica dedicata alla storia del Piccolo e al magistero registico di Strehler; e – come vanto personale – una significativa (pur se leggermente donchisciottesca) stagione dedicata alla drammaturgia italiana, da lui fortemente voluta, con l'allestimento di testi (per l'esattezza di Luigi Sarzano, [[Alfredo Balducci]] e [[Alessandro Parodi]]) di quella generazione di autori che l'esterofilia dell'immediato dopoguerra aveva condannato al silenzio.
 
Al Piccolo Teatro di Milano rimarrà, con crescenti responsabilità e autorevolezza, praticamente fino al 1982, collaborando con [[Paolo Grassi]] e soprattutto con [[Giorgio Strehler]], per il quale tradusse vari testi di [[Bertolt Brecht]], [[William Shakespeare]] e [[Anton Pavlovič Čechov]], ma di cui in particolare affiancò – con la propria ordinata cultura e la propria capacità analitica – le straordinarie e tumultuanti intuizioni, nella gestazione di tutti i suoi maggiori spettacoli di quel periodo. Nel 1982 entrò in conflitto con Strehler, cui rimproverava il rifiuto di apporti registici esterni in un momento in cui si andavano inaridendo le sue capacità di invenzione e di lavoro, e lasciò il Piccolo Teatro di Milano. 
Della sua esperienza al Piccolo rimangono la divertente e divertita testimonianza del ''roman comique'' ''Il Maestro e gli altri'', la vasta saggistica storica e critica dedicata alla storia del Piccolo e al magistero registico di Strehler; e – come vanto personale – una significativa (pur se leggermente donchisciottesca) stagione dedicata alla drammaturgia italiana, da lui fortemente voluta, con l'allestimento di testi (per l'esattezza di Luigi Sarzano, [[Alfredo Balducci]] e [[Alessandro Parodi]]) di quella generazione di autori che l'esterofilia dell'immediato dopoguerra aveva condannato al silenzio. <br><br>Nella sua lunga esperienza, Lunari fu attento e attivo testimone della grande evoluzione che il teatro subì nella seconda metà del Novecento. Vide la nascita dei teatri stabili alla luce del concetto di teatro pubblico, e la loro degenerazione nell'abuso che se ne fece per i più vari interessi clientelari; vide il malo uso delle sovvenzioni pubbliche distribuite secondo l'irresponsabile criterio "a pioggia" e l'influenza delle "raccomandazioni"; visse il difficile conflitto tra le strategie del decentramento e dell'accentramento; vide il tramonto della vecchia compagnia mattatoriale, sostituita a poco a poco dal ricorso al nome televisivo; vide il profondo mutamento del costume della frequentazione teatrale, e l'inevitabile degrado della competenza del pubblico nell'allargarsi dell'utenza. Sotto il profilo drammaturgico, vide – e illustrò in prima persona – la fine dell'antica forma in più atti per l'adozione di strutture di breve durata, il ricorso a distribuzioni sempre più limitate e di minor costo; e lo smarrimento infine di precise coordinate formali e contenutistiche, riconoscibili e comunemente accettate, per la necessità - essenzialmente commerciale - di fare scandalo o comunque notizia, accanto all'appiattirsi di ogni ricerca sul parco buoi dei titoli sicuri, delle riscritture dei classici, delle brutte copie di film famosi e via dicendo. <br>

Su altro piano, Lunari ebbe vari incarichi pubblici: fu tra i fondatori di vari movimenti sindacali degli autori (quali l'ASST e la SIAD), e fu per qualche anno membro del C.d.A dell'[[Ente Teatrale Italiano]] (E.T.I.), dove toccò con mano l'esistenza degli "enti inutili" e il loro pesante costo per la collettività. La denuncia delle varie storture in cui ebbe a inciampare lo portò a rompere le uova nel paniere di molti interessati interessi, per cui rimase tagliato fuori da ogni carriera di potere; verificandosi quello che gli disse un giorno l'amico e drammaturgo [[Roberto Mazzucco]]: «Tu, ogni volta che apri bocca perdi un voto».
 
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