Yoga Sūtra: differenze tra le versioni

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==''Samādhi Pāda''==
===Yoga===
Nel ''sūtra'' I.2 Patañjali definisce lo Yoga come "soppressione (''nirodhaḥ'') degli stati (''vṛtti'') psicomentali (''citta'')".<ref>È la traduzione del ''sūtra'' I.2 data da Mircea Eliade, ''Op. cit.'', p. 77. Patañjali si sta riferendo non allo Yoga inteso come scuola o percorso (argomento stesso degli ''Yoga Sūtra''), ma all'obiettivo che questo percorso si propone.</ref> Il termine adoperato dal filosofo, ''[[citta]]'', è la "massa psichica" intesa come ciò che elabora l'insieme di tutte le sensazioni, dall'esterno e dall'interno.<ref>M. Eliade, ''Op. cit.'', p. 77.</ref> ''Vṛtti'' vuol dire letteralmente "vortice": ciò cui Patañjali si sta riferendo è l'attività ordinaria del ''citta'', continuamente trascinata dal [[pensiero]] e dalle sensazioni, ed è questo incessante lavorio che lo Yoga si propone di inibire, risultato non fine a sé stesso ma indispensabile traguardo per il conseguimento del vero obiettivo: l'affrancamento dal ''[[samsarasaṃsāra]]'', la liberazione.
 
Nella filosofia del [[Sāṃkhya]], che come si è detto Patañjali adotta, ''citta'' è l'insieme formato da ''buddhi'' (l'intelletto; l'intelligenza discriminante), ''ahamṁkāra'' (il senso dell'Io; l'Ego), ''manas'' (la mente; il senso interno che sovrintende agli altri dieci sensi, i cinque di percezione e i cinque di azione). Il filosofo e mistico [[Vivekananda]] usa il termine "materiale mentale" (''mind-stuff'') per tradurre ''citta'', l'insieme costituito dalle suddette tre categorie del Sāṃkhya. Quando uno stimolo giunge al ''citta'' vengono prodotte le ''vṛtti'', e tutto ciò che ordinariamente noi conosciamo non è che una reazione a quegli stimoli: le ''vṛtti'' sono il nostro universo. Tacitare queste ultime consente al ''citta'' di tornare a quello stato di purezza cui naturalmente tende, il che è poi il fine dello Yoga espresso nella terminologia del Sāṃkhya.<ref>Vivekananda, ''Op. cit.'', commento a I.2.</ref>