Guerra sociale: differenze tra le versioni

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La '''guerra sociale ''' (dal latino ''[[socius]]'', alleato), denominata anche '''guerra italica''' (''bellum Italicum'') o '''guerra marsica''' (''bellum Marsicum'') dal [[91 a.C.|91]] all'[[88 a.C.]] vide opposti [[Antica Roma|Roma]] e i ''[[municipio romano|municipia]]'' dell'[[Italia]] fin allora alleati del [[Civiltà romana| popolo romano]].
 
== Antefatto ==
Già dal tempo dei Gracchi a [[Roma]] si avanzavano proposte d'estensione dei diritti di cittadinanza anche ad altri popoli italici fino ad allora federati, ma senza successo. La situazione si avviava al punto di rottura quando, nel [[95 a.C.]], [[Lucio Licinio Crasso]] e [[Quinto Mucio Scevola (console 95 a.C.)|Quinto Muzio Scevola]] proposero una legge che istituiva un tribunale giudicante a chi si fosse abusivamente inserito tra i cives romani (Lex Licinia Mucia). Legge, questa, che accrebbe il malcontento dei ceti elevati italici, che miravano alla partecipazione diretta alla gestione politica.
 
[[Marco Livio Druso (tribuno)|Marco Livio Druso]] si schierò per la causa italica avanzando proposte di legge a favore dell'estensione della cittadinanza, ma la proposta non piacque né ai senatori né ai cavalieri. Il più accanito rivale di Druso fu il console [[Lucio Marcio Filippo]], che dichiarò illegale la procedura seguita per le leggi di Druso, cosicché queste non vennero nemmeno votate. Nel novembre del [[91 a.C.]] seguaci estremisti di Marcio Filippo mandarono un sicario ad assassinare Druso. Questa fu la scintilla che fece scoppiare la guerra sociale.
 
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== La guerra ==