Guglielmo Marconi (partigiano): differenze tra le versioni

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|Didascalia= Guglielmo Marconi nella foto del [[Casellario Politico Centrale]]
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Iscritto al [[Partito Comunista d'Italia|Partito Comunista]] fin dai primi anni dopo la sua fondazione, [[Brigate internazionali|garibaldino]] nella [[guerra civile spagnola]] con l'incarico di [[commissario politico]] fino al [[1937]]. Nei primi anni Quaranta per vivere lavora per i tedeschi nella Francia occupata e in Germania, finché viene arrestato e inviato al confino a [[Ventotene]]. Liberato dopo il 25 luglio [[1943]], nel gennaio del [[1944]] si unisce alla [[Resistenza italiana|Resistenza]] col nome di battaglia di '''Paolo'''. Dal 19 gennaio all'aprile del 1944 è vicecommissario politico di compagnia nella [[Brigata Garibaldi Romagnola]] e diviene poi comandante della II zona dell'[[8ª Brigata Garibaldi]].</br /> Nel dopoguerra ricoprirà incarichi nel [[Partito Comunista Italiano|PCI]] riminese.
 
== Biografia ==
=== Giovinezza ===
Il padre di Guglielmo Marconi, Luigi, era un contadino riminese, che aveva trascorso il servizio di leva come bersagliere e poi aveva trovato impiego come ferroviere. Anche la madre di Guglielmo era di origini riminesi. E subito dopo la nascita, sempre a Rimini risiedette anche Guglielmo. Dopo gli studi tecnici (interrotti), nell’immediato dopoguerra svolge il servizio militare nel 3° Genio, 1ª Compagnia telegrafista. Rientra a Rimini nel [[1920]] e incomincia a maturare idee [[antifascismo|antifasciste]] e [[comunismo|comuniste]]. Nel [[1922]], dopo alcuni scontri con gli squadristi, il pretore di Rimini gli commina la prima condanna (una multa di 180 lire) per porto abusivo d’armi. All'inizio dell’estate, è tra la guardia d’onore di [[Libero Zanardi]] e, stando alle fonti di polizia dell’epoca, è membro degli [[Arditi del popolo]] e come tale, il 28 giugno del 1922, cerca di uccidere a Rimini dei fascisti a revolverate, senza però riuscirvi.</br />Nel maggio del [[1923]], Guglielmo Marconi viene arrestato, con una quarantina di altre persone, con l’accusa di “complotto per mutare violentemente la costituzione dello Stato e forma del Governo e a tale scopo formato squadre armate, raccolte armi e munizioni compiuto ogni attività di propaganda orale e scritta idonea allo scopo”. Rimane in carcere fino al luglio del [[1924]], quando viene prosciolto dall’accusa di cospirazione e amnistiato da quella di banda armata, dalla Corte d’Appello di Bologna. Tornato in libertà, non abbandona però l’attività politica: raccoglie fondi per il [[Soccorso Rosso]] e diffonde copie de [[l'Unità]].</br />Dopo l’omicidio di [[Giacomo Matteotti]], avendo deposto al cimitero di Rimini delle corone di fiori con delle insegne inneggianti al deputato [[socialismo|socialista]], nel novembre del 1924 subisce un violento pestaggio da parte dei fascisti riminesi. Decide così di “cambiare aria” trasferendosi a [[Roma]]. Qui si incontra con [[Giuseppe Dozza]], allora responsabile nazionale dei giovani comunisti, e con [[Luigi Adamesi]], dai quali riceve un incarico politico da svolgere in Abruzzo. Contemporaneamente, è aperta a suo nome una scheda al Casellario Politico Centrale, ed inizia su di lui la vigilanza della polizia fascista. Da qui, probabilmente, la decisione di migrare in Francia.
 
=== L'esilio ===
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==== La guerra di Spagna ====
Marconi fu tra i primi volontari italiani delle Brigate Internazionali. Fu inserito nella Batteria Gramsci, col secondo gruppo di artiglieria, di cui era Commissario politico, partecipando tra il dicembre 1936 e il gennaio 1937 all'assalto di [[Teruel]], in [[Aragona]].</br />Nel corso del 1937 Marconi rientra in Francia, non facendo più ritorno in Spagna. Per anni, questo suo “rientro anticipato” fu per lungo tempo oggetto di critiche e sospetti nel partito. Tanto che ancora nel 1962, Marconi chiese a [[Luigi Longo]], in una lettera a lui indirizzata, di intervenire per confermare di essere stato inviato in missione dal Partito a Parigi nel 1937 e di non aver fatto ritorno in Spagna perché ammalato<ref>Le Brigate internazionali, composte da combattenti non spagnoli, vengono ritirate dalle zone di combattimento nell'ottobre 1938.</ref>. Circostanze che, effettivamente, Longo confermò.
 
==== In Francia e Germania ====
Allo scoppio della guerra tra Francia e Germania, nel 1939, Marconi è invitato dalle autorità francesi ad arruolarsi, ma rifiuta, ed è perciò imprigionato nel campo di concentramento di [[St. Cyprien]]. Dopo la resa francese ai tedeschi, Marconi viene liberato e lavora per conto delle autorità tedesche al forte di [[Charanton]], svolgendo funzioni da interprete (parlava correntemente, oltre l’italiano, il francese, il tedesco e un po’ di spagnolo).</br />Successivamente, accetta di recarsi a lavorare in [[Germania]], dall'aprile al novembre del [[1941]] presso [[Berlino]] in una fabbrica di aeroplani da guerra. Rientra poi in Francia, lavorando come decoratore di tabelle segnaletiche, sempre per conto delle autorità tedesche. È infine arrestato dalla [[Gestapo]], su richiesta della polizia italiana, il 21 aprile [[1942]], presso [[Parigi]]. Viene consegnato alle autorità italiane, via Berlino, nel giugno del [[1942]], per essere inviato al [[confino politico]] da scontare per 5 anni nell'isola di Ventotene. <ref>Commissione di Forlì, ordinanza del 5.8.1942 contro Guglielmo Marconi (“Attività antifascista all'estero”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, ''L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943'', Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. III, p. 946</ref>
 
[[File:Guglielmo_Marconi_(Paolo).jpg|right|thumb|Guglielmo Marconi (Paolo)]]