Assedio di Famagosta: differenze tra le versioni

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|Tipo=Battaglia
|Nome del conflitto=Battaglia di Famagosta
|Parte_di=della [[Guerra di Cipro (1570-1573)|guerra di Cipro]]
|Immagine=Famagusta by Giacomo Franco.jpg
|Didascalia=Mappa di Famagosta a fine [[Cinquecento]]
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Agli inizi di aprile l'esercito turco riprese l'attività bellica (per tutto l'inverno non vi furono attacchi militari, ma venne solamente mantenuto l'assedio). Nel frattempo gli ottomani avevano posizionato nuova artiglieria e scavato nuove trincee, in tutto 85 cannoni più alcuni grossi basilischi di bronzo. Riprese quindi anche il bombardamento sulla città, la quale ormai era ridotta a un cumulo di macerie.
 
Verso fine luglio [[1571]] Mustafa Pascià, che aveva da poco perso il figlio in battaglia, ordinò il più pesante bombardamento dall'inizio dell'assedio: la torre nord venne in gran parte demolita. Ormai le mura non erano più in grado di resistere e i soldati, in gran parte feriti, erano rimasti appena settecento, incapaci di gestire la difesa.
 
Il Baglioni e il colonnello Martinengo optarono per la resa. Marcantonio Bragadin prevedeva il tragico destino della città, ma decise di sottoscrivere lo stesso la resa.
 
== Il tragico epilogo ==
Il 1º agosto 1571<ref>Alvise Zorzi, La Repubblica del Leone. Storia di Venezia, Bompiani, Milano 2009, p. 348</ref><ref>Arrigo Petacco, La Croce e la Mezzaluna. Lepanto 7 ottobre 1571: quando la Cristianità respinse l'Islam, p. 142</ref> Famagosta si arrese. I capi veneziani ottennero da Mustafa Pascià la promessa di aver salva la vita a loro e a tutti i cittadini della città ancora in vita, considerando anche l'eventualità che essi decidessero di rimpatriare.
 
Ma Mustafa, venendo contro alle sue promesse, fece uccidere Baglioni appena firmata la resa. Il colonnello Martinengo, catturato, fu impiccato tre volte. La città venne lasciata in balia delle milizie ottomane, che seminarono la strage.
 
Marcantonio Bragadin venne catturato e gli furono mozzate ambedue le orecchie. Fatto girare per le vie della città per tredici giorni a cavallo di un mulo<!-- Fonti! Tredici giorni senza cibo, acqua ed evacuazioni?<-->, sottoposto allo scherno dei soldati vincitori, il 17 agosto [[1571]] venne condotto, dopo altre innumerevoli sevizie ed umiliazioni, nella piazza principale e scuoiato vivo. La sua pelle, ancora oggi conservata a Venezia, venne issata sulla nave ammiraglia e portata a [[Istanbul]], da dove venne rocambolescamente trafugata in seguito: custodita nell'Arsenale della città in una botte per vivande, fu presa da uno schiavo veneziano, Gerolamo Polidori, che corrompendo guardiani ed aiutato dalla fortuna, riuscì a trasportarla via mare in patria. Sepolta nel [[1580]] nella [[Chiesa di San Gregorio (Venezia)|chiesa di San Gregorio]] fu trasferita nel [[1596]] in quella dei [[Santi Giovanni e Paolo]], dove si trova attualmente.
 
L'eroica resistenza di Famagosta servì in ogni caso a far guadagnare tempo alle forze [[Cristianesimo|cristiane]], tenendo impegnata l'immensa flotta ottomana: a [[Battaglia di Lepanto (1571)|Lepanto]], appena un mese e mezzo dopo, l'armata della Lega Santa ottenne una schiacciante vittoria sulle forze turche.