Storia della filosofia occidentale: differenze tra le versioni

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=== I presocratici ===
{{vedi anche|Presocratici}}
Le prime testimonianze di un approccio allo studio della realtà che si possa definire filosofico risalgono al [[VII secolo a.C.]], in [[Anatolia|Asia Minore]]. [[Talete]], un personaggio sulla cui storicità non è ancora possibile avere certezze, è identificato da una tradizione risalente ad [[Aristotele]] come il primo filosofo. Con lui e con la sua scuola (scuola milesiana: [[Anassimandro]] e [[Anassimene di Mileto|Anassimene]]) il pensiero per la prima volta si emancipa dall'impostazione religiosa e [[mitologia|mitologica]] per ricercare spiegazioni razionali ai fenomeni naturali e alle questioni [[cosmologia (filosofia)|cosmologiche]].
 
Con i milesiani si impose anche come centrale il problema dell'identificazione dell'''[[archè]]'' (o ''origine''), ossia l'elemento costitutivo e animatore di tutta la realtà, indagato anche da [[Pitagora]] ed [[Eraclito]] nello stesso periodo. Ed è dalle riflessioni sull’''archè'' che si apriranno, con [[Parmenide]] e la [[scuola eleatica]], le prime riflessioni [[Ontologia|ontologiche]]; e con esse la percezione di un conflitto irriducibile tra la logica che governa la dimensione intellettuale e il contraddittorio divenire dei fenomeni testimoniato dai sensi. Variamente risolto dai successivi filosofi del [[VI secolo a.C.|VI]]-[[V secolo a.C.]] ([[Pluralismo (filosofia)|fisici pluralisti]]), la questione rimarrà centrale in tutta la storia del pensiero occidentale, dalla [[Scolastica (filosofia)|Scolastica]] a [[Martin Heidegger]] nel [[XX secolo|Novecento]].
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[[File:GiordanoBrunomnemonic.gif|thumb|upright=0.7|Illustrazione dal ''Cantus Circaeus'' di [[Giordano Bruno]]]]
 
La filosofia moderna si estende dal [[1400]] fino al [[1800]] circa; essa ebbe inizio con la [[filosofia rinascimentale]], che vide una rinascita del [[neoplatonismo]] e del pensiero di [[Plotino]], identificato allora interamente con quello di [[Platone]]; in esso erano presenti inoltre concetti propri dell'[[aristotelismo]]. Tra gli esponenti di spicco del neoplatonismo vi fu in [[Germania]] [[Nicola Cusano]], che rielaborò una [[teologia negativa]] su basi [[misticismo|mistiche]], affermando che [[Dio]] è il fondamento della [[razionalità]], ma di Lui possiamo avere solo una conoscenza [[intuizione|intuitiva]] perché la Verità non è qualcosa da possedere ma da cui si viene posseduti; mentre in [[Italia]] abbiamo [[Marsilio Ficino]] e [[Giovanni Pico della Mirandola]]. In un tale rinnovato clima culturale riprese vigore una disciplina emblematica di questo periodo: l'[[alchimia]], che funse per certi aspetti da apripista alla [[chimica]] e alla scienza moderna. Cultore dell'alchimia fu in particolare [[Giordano Bruno]], che anticipò per via filosofica le scoperte dell'attuale [[astronomia]], introducendo il concetto di [[infinito (filosofia)|infinito]] in rottura con la visione geocentrica dell'universo. Sarà poi con [[Galileo Galilei]] che si suole far nascere ufficialmente la [[scienza]] moderna.
{{vedi anche|Filosofia rinascimentale}}
 
Già dalla seconda metà del [[XVI secolo|Cinquecento]] il neoplatonismo cominciò tuttavia a declinare, in favore di un [[Naturalismo (filosofia)|naturalismo]] e un [[razionalismo]] concepiti in maniera maggiormente autonoma e [[meccanicismo|meccanica]]. Nel [[XVII secolo|Seicento]] [[Cartesio]] sviluppò una prima forma di metodo razionale, che pur rifacendosi al concetto teologico di [[Dio]], se ne serviva non per annullare il pensiero nel senso tradizionale della [[teologia negativa]] in favore di una dimensione [[mistica]] e [[intuizione|intuitiva]] del sapere, ma al contrario per dare consistenza e oggettività al pensiero umano; fu così che elaborò il ''[[cogito ergo sum]]'', in virtù del quale l'essere risulta sottomesso al pensiero, e la verità concepita come oggetto da possedere. Nel tentativo di fondare un'autonomia della [[ragione]], egli si servì di Dio non come fine ma come mezzo, cadendo però agli occhi dei contemporanei in un [[dualismo]] circolare: partendo dal pensiero logico giungeva alla dimostrazione di Dio, sulla quale però si basava a sua volta per giustificare lo stesso pensiero logico.<ref>Sul tentativo di Cartesio di fondare un'autonomia della ragione, e sulla discussa circolarità solipsistica del suo pensiero, v. anche [http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=241 intervista a Vittorio Hösle: ''La modernità di Cartesio''].</ref> La posizione di Cartesio ricevette per questo le critiche di [[Blaise Pascal]],<ref>«Non posso perdonarla a Cartesio, il quale in tutta la sua filosofia avrebbe voluto poter fare a meno di Dio, ma non ha potuto evitare di fargli dare un colpetto al mondo per metterlo in moto; dopo di che non sa più che farne di Dio» (Blaise Pascal, ''Pensieri'', 77).</ref> fautore di un ritorno alla tradizione [[agostino d'Ipponaagostinismo|agostiniana]];<ref>Gaetano Lettieri, ''Il metodo della grazia. Pascal e l'ermeneutica giansenista di Agostino'', Roma, Edizioni Dehoniane, 1999.</ref> Pascal fu inoltre anticipatore di un certo [[esistenzialismo]] [[cristianesimo|cristiano]], che respingeva le pretese della ragione di potersi fondare da sola.<ref>Isabella Adinolfi, ''Il cerchio spezzato: linee di antropologia in Pascal e Kiekegaard'', Roma, Città Nuova, 2000, p. 43 ISBN 88-311-0126-9.</ref> Anche l'olandese [[Baruch Spinoza|Spinoza]] si propose di rimediare agli errori di Cartesio, ponendo l'[[intuizione]] al di sopra del pensiero razionale; in tal modo egli poté ricondurre ad un unico principio, cioè un'unica [[sostanza (filosofia)|sostanza]], il dualismo che Cartesio aveva postulato tra [[''res cogitans'' e ''res extensa'']]. L'integrità della razionalità veniva così ripristinata identificando il [[pensiero]] con l'[[essere]], e persino [[Dio]] con la [[Natura]] stessa. Un tale [[panteismo]] non significava tuttavia [[materialismo]],<ref>[http://www.fogliospinoziano.it/freud.pdf Armando Brissoni, epistemologo dell'Ass. It. ''Amici di Spinoza''].</ref> poiché Spinoza postulò sempre la precedenza di Dio e dello Spirito sulla natura, concepita mai come autonoma o autoponentesi da sola.<ref>[http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=470 V. Hösle, ''Introduzione a Spinoza''].</ref>
 
Un pensiero autenticamente materialista cominciò invece a prodursi in [[Inghilterra]], sempre nel Seicento, dando luogo a una riproposizione del [[meccanicismo]] [[Democrito|democriteo]], in virtù del quale i fenomeni naturali sarebbero interamente riconducibili a leggi meccaniche di [[causa (filosofia)|causa-effetto]]. A questa teoria aderirono in primo luogo [[Thomas Hobbes]], e in seguito soprattutto [[Isaac Newton]] ([[determinismo]]). Sempre in Inghilterra si assistette in contemporanea alla nascita dell'[[empirismo]], secondo il quale la conoscenza non deriva da [[idea|idee]] innate nell'[[intelletto]] e accessibili per via intuitiva, bensì unicamente dai [[organi di senso|sensi]]. In tal modo veniva riproposta una separazione netta tra l'[[essere]] e il [[pensiero]], ovvero tra l'[[esperienza]] del dato da una parte, e la mente umana dall'altro<ref>Vedere in proposito: Wilfrid Sellars, ''Empirismo e filosofia della mente'', Einaudi, Torino 2004.</ref> che ne risulta "plasmata" in maniera simile a un mastice. L'essere venne cioè identificato con la verificabilità: ciò che non è verificabile, sperimentabile ''positivamente'', non ha valore, né può conferire validità oggettiva al pensiero umano; era l'opposto della metafisica classica. Il maggior esponente dell'[[empirismo]] anglosassone fu [[John Locke]]. All'inizio del [[XVIII secolo|Settecento]] aderì a questa corrente anche [[Berkeley]], che cercò di ricondurre l'esperienza sensibile ad un principio spirituale ([[Dio]]), affermando che ''esse est percipi'', cioè l'esperienza sensibile è persino creatrice dell'essere. Fu infine lo scozzese [[David Hume]] a portare l'empirismo alle sue estreme conseguenze, sostenendo che neppure l'esperienza sensibile può conferire validità oggettiva al pensiero umano, trattandosi di due piani completamente separati: secondo Hume, ciò che generalmente si reputa fondato perché razionale, è frutto invece di un [[istinto]] di abitudine che non ha alcun legame con la [[realtà]].
[[File:Kant Kaliningrad.jpg|thumb|Statua di [[Immanuel Kant]] a Königsberg]]
L'empirismo anglosassone si era sviluppato parallelamente alla corrente continentale del [[razionalismo]], al quale, dopo Spinoza, aderì [[Gottfried Wilhelm von Leibniz|Leibniz]] nel [[XVIII secolo|Settecento]]. Secondo Leibnitz, ognuno di noi è una [[monade]] slegata da tutto il resto; ma a differenza di Hume egli credeva nel fondamento oggettivo della [[razionalità]], essendo tutte le monadi coordinate da [[Dio]]. Sul finire del Settecento [[Immanuel Kant]] ritenne però in parte fondata l'obiezione humiana, e decise così di sottoporre la ragione a vaglio [[criticismo|critico]], tramite la ''[[Critica della ragion pura]]''. La riflessione kantiana si inserì nella cornice dell'[[illuminismo]] che andava nel frattempo sviluppandosi in [[Francia]], e i cui maggiori esponenti furono [[Voltaire]], [[Jean-Jacques Rousseau|Rousseau]], e [[Montesquieu]]. Per risolvere le contrapposizioni tra razionalisti ed empiristi, Kant attuò una ''[[rivoluzione copernicana]]'' del pensiero, affermando che se da un lato il razionalismo non è autonomo ma ha bisogno dell'esperienza per aspirare ad una [[conoscenza]] oggettiva, dall'altro è l'[[esperienza]] sensibile ad essere modellata dalla [[ragione]] e non viceversa. Ma la grandezza di Kant risiedette soprattutto nella ''[[Critica della ragion pratica]]'' per l'importanza attribuita al sentimento morale, fondando sulla ragione anche l'agire [[etica|etico]]:<ref>[http://www.adripetra.com/Conclusione%20Ragion%20Pratica.htm La conclusione della Ragion Pratica<!-- Titolo generato automaticamente -->].</ref> la legge morale che la ragion pratica si dà, e a cui questa spontaneamente ubbidisce, diventa per Kant garanzia universale e necessaria di [[libertà]], dell'[[immortalità]] dell'[[anima]], e dell'[[esistenza di Dio]], concetti preclusi invece alla pura ragione.
 
===Filosofia del XIX secolo===
La [[filosofia contemporanea#Filosofia del XIX secolo|filosofia del XIX secolo]], che viene spesso trattata come un periodo a sé stante, è stata dominata dalla filosofia post-kantiana dell'[[idealismo tedesco]]: il primo esponente di questa corrente, [[Johann Gottlieb Fichte|Fichte]], cercò di dare maggiore coerenza al [[criticismo]] di [[Kant]] unificando ragion pura e ragion pratica, in quanto originate dal medesimo principio: l'[[Io (filosofia)|Io]]. Il [[soggetto (filosofia)|soggetto]], secondo Fichte, non si limita a modellare l'[[esperienza]], ma ''crea'' l'[[oggetto (filosofia)|oggetto]] stesso dell'esperienza; trattandosi però di una creazione [[inconscio|inconscia]], che l'Io non riconosce come tale, egli salvava in tal modo anche il punto di vista [[realismo (filosofia)|realistico]] del criticismo. Nella cornice dell'[[idealismo]] Fichte fu tuttavia una meteora, soppiantato ben presto da [[Friedrich Schelling|Schelling]] che mostrò maggiore interesse per il non-io, per l'[[oggetto (filosofia)|oggetto]] posto dall'io (la [[natura]]), conciliando sotto certi aspetti l'idealismo critico fichtiano col razionalismo di [[Baruch Spinoza|Spinoza]]; ma come Fichte egli postulava pur sempre un'unione ''immediata'' di soggetto e oggetto, afferrabile solo a un livello [[intuizione|intuitivo]].
 
Anche Schelling fu una meteora, venendo ben presto soppiantato da [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]], che affermò invece un'unione ''mediata'' di soggetto e oggetto, dunque non più uniti indissolubilmente. Hegel ripropose in un certo senso il ragionamento circolare di [[Cartesio]],<ref>Salutando Cartesio come l'iniziatore del pensiero moderno, dopo secoli di filosofia che egli condannava come "misticheggiante", Hegel scriveva di lui: «Qui possiamo dire che siamo a casa e, come il navigante dopo una lunga peripezia su un mare tumultuoso, possiamo gridare "Terra!"» (''Vorlesungen'', 19, 3, 328).</ref> sostenendo che il [[divenire]] [[logica|logico]] della storia, scaturito dall'[[Assoluto]], serve alla fine a rendere ragione dell'Assoluto stesso. Egli sovvertì la logica sequenziale (quella [[Aristotele|aristotelica]] di [[principio di non contraddizione|non contraddizione]]), affermando la supremazia della [[razionalità]] sull'[[intuizione]], e identificando ogni principio col suo contrario: «ciò che è reale è razionale» fu la ''summa'' del [[pensiero di Hegel|pensiero hegeliano]].<ref>Hegel, prefazione a ''Lineamenti di filosofia del diritto'', Laterza, Bari 1954, pag. 15.</ref> La [[logica formale]] per Hegel funge solo da avvio del processo, dopodiché il fine della [[filosofia]] coincide col mezzo da essa utilizzato, cioè la [[dialettica]]: questa non serve più a ricondurre a una dimensione [[mistica]] e di [[teologia negativa|annullamento]] del pensiero, ma diventa fine a se stessa.
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L'eredità hegeliana venne raccolta da [[Karl Marx]], il quale vide in essa un sostanziale [[materialismo]], mascherato esteriormente da [[idealismo]]. Si propose quindi di togliere da [[Hegel]] la sua "patina mistica", sostituendo l'[[Assoluto]] con la [[Storia]]. La [[dialettica]] marxiana prende così il nome di ''[[materialismo dialettico]]'', in base al quale la molla che muove la storia è rappresentata dalla reciproca interazione di due princìpi contrapposti: in Hegel erano la [[ragione]] e la [[realtà]], in Marx diventano la struttura ([[economia|economica]]) e la [[sovrastruttura]] ([[cultura]]le). Si trattava anche qui di un'unità ''mediata'', composta cioè da due realtà distinte che alla fine della storia troveranno comunque conciliazione. Marx fu un filosofo della ''prassi'', che trasformò la [[filosofia]] hegeliana in un impegno sociale di cambiamento del mondo.
 
Altri importanti pensatori del [[XIX secolo]] furono infine [[John Stuart Mill]], filosofo britannico; [[Ralph Waldo Emerson]], esponente del [[trascendentalismo]] [[stati Uniti d'America|statunitenseamericano]]; [[Søren Kierkegaard]], fondatore dell'[[esistenzialismo]], che criticò il sistema [[hegel]]iano ravvisandovi l'incapacità di comprendere come nella storia operino principi inconciliabili e non mediabili dalla [[ragione]]; e [[Friedrich Nietzsche]], teorico del [[oltreuomo|superuomo]], che accusò i valori della [[religione]] e della [[metafisica]] occidentali di essere portatori di un sostanziale [[nichilismo]].
 
==Filosofia contemporanea==
[[File:Russell1907-2.jpg|upright=0.7|thumb|[[Bertrand Russell]] nel [[1907]].]]
Nella [[filosofia contemporanea]] si è creata una certa divergenza tra i filosofi del continente europeo e quelli anglosassoni (sostanzialmente inglesi e statunitensi),<ref name=cremaschi>AA.VV., ''Filosofia analitica e filosofia continentale'', a cura di Sergio Cremaschi, La Nuova Italia, Firenze, 1997.</ref> nonostante molti di questi traessero spunti da quella fucina di idee che fu il [[Circolo di Vienna]] all'inizio del [[XX secolo]].<ref>AA.VV., ''Le avanguardie della filosofia italiana nel XX secolo'', a cura di Piero Di Giovanni, p. 309 e segg., FrancoAngeli, 2002.</ref>
La filosofia anglosassone ha avuto un approccio più [[utilitarismo|utilitaristico]], che ha portato tra l'altro alla [[filosofia analitica]]. La [[filosofia continentale|filosofia del continente europeo]] ha mantenuto una maggiore varietà di filoni, restando più legata a impostazioni di tipo [[ontologia|ontologico]] e [[gnoseologia|gnoseologico]], ritrovando allo stesso tempo una maggiore vicinanza con le [[filosofie orientali]], e ricevendo l'apporto di nuovi campi d'indagine come la [[psicoanalisi]],<ref>I principali indirizzi della psicanalisi che si affermarono nella prima metà del XX secolo furono quelli di [[Freud]], di [[Jung]], e di [[Alfred Adler|Adler]] (Silvia Montefoschi, ''Il senso della psicoanalisi: da Freud a Jung e oltre'', pp. 31-39, Zephyro Edizioni srl, 2004).</ref> o la [[meccanica quantistica]].<ref>Nell'ambito della meccanica quantistica, l'[[interpretazione di Copenaghen]], in particolare il [[principio di complementarità]] di [[Niels Bohr|Bohr]] e il [[principio di indeterminazione di Heisenberg|quello di indeterminazione]] di Heisenberg]], hanno fornito nuovi contributi all'[[ontologia]] e alla [[gnoseologia]].</ref>
 
* La cosiddetta [[filosofia analitica]], con [[Bertrand Russell]], [[George Edward Moore]] e [[Ludwig Wittgenstein]], si sviluppò soprattutto a [[Oxford]] e [[Cambridge]], dove si riunirono anche gli [[Positivismo logico|empiristi logici]] emigrati dalla [[Germania]] e dall'[[Austria]] (ad esempio [[Rudolf Carnap]]) e altri studiosi statunitensi (come [[Willard Van Orman Quine]], [[Donald Davidson]] e [[Saul Kripke]]), o comunque di lingua inglese (per esempio [[Alfred Jules Ayer|Alfred J. Ayer]]).<ref name=cremaschi />