Giano Della Bella: differenze tra le versioni

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Scrisse di lui [[Dino Compagni]]: "I nobili e grandi cittadini insuperbiti faceano molte ingiurie a' popolani [...]. Onde molti buoni cittadini popolani e mercatanti, tra' quali fu un grande e potente cittadino (savio, valente e buono uomo, chiamato Giano della Bella, assai animoso e di buona stirpe, a cui dispiaceano queste ingiurie) se ne fe' capo e guida" (''Cronica'', Libro I, XI).
 
Divenuto [[Priorato delle Arti|priore]] riuscì a far emanare dal gonfaloniere di giustizia Baldo Ruffoli i cosiddetti ''[[Ordinamenti di Giustizia]]'' (promulgati il 18 gennaio [[1293]]) che rappresentarono la più importante riforma della [[repubblica fiorentina|Repubblica]] dai tempi dell'abolizione del sistema consolare. Con questi provvedimenti i "Magnati" ovvero i nobili di antica tradizione feudale e latifondista venivano esclusi dal governo della città in favore del nascente ceto borghese, obbligando, tra le altre cose, per essere eleggibili alle cariche politiche l'iscrizione a un'[[corporazioni delle arti (Firenze)|Arte]]. Il cosiddetto "popolo magro" composto dagli strati più bassi e poveri della società (salariati, braccianti, piccoli dettaglianti) era comunque ancora escluso, non esistendo Arti che comprendessero le loro categorie (si dovrà aspettare fino all'avvento del [[Gualtieri VI di Brienne|Duca di Atene]] nel [[1343]]).
 
[[Bonifacio VIII]] mandò a [[Firenze]] [[Jean de Chalons]] (''Gian di Celona''), che forse avrebbe dovuto uccidere Giano, ma per paura del popolo, stando a quanto riporta il Compagni, si preferì evitare il delitto. Venne però indetta una congiura che mettesse Giano contro il popolo stesso, che riuscì a far crescere lo scontento attorno alla sua figura, tanto che fu scacciato di lì a poco in giorni tumultuosi con sommosse di piazza e combattimenti.
 
Nel [[1294]] fu podestà di [[Pistoia]] e in seguito i suoi ordinamenti vennero revisionati nel [[1295]], anche se di fatto rimasero il vigore. Egli è il protagonista dei primi capitoli della ''[[Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi|Cronica]]'' di [[Dino Compagni]] ed è citato anche da [[Dante Alighieri]] ([[Paradiso - Canto tredicesimo|Pd. XVI]], 127-132).