Malformazione artero-venosa: differenze tra le versioni

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La '''malformazione artero-venosa''' (o  '''MAV''', o dall'[[lingua inglese|inglese]] '''AVM''') è una malformazione della disposizione e connessione fra [[vene]] e [[arterie]], tipicamente di natura congenita.
 
Consiste dunque di un groviglio di vasi dilatati che crea un anomalo  sistema  di  comunicazione  tra il sistema arterioso e quello venoso è quindi una vera  fistola  artero-venosa. È un’anomalia  di sviluppo, che rappresenta la persistenza di un dispositivo vascolare embrionale, e non una neoplasia, sebbene i vasi che la costituiscono proliferino con il passare del tempo.
 
Si tratta cioè di malformazioni vascolari in cui per un errore embriologico in un certo distretto vascolare viene a mancare il sistema dei capillari  per cui le arterie riversano  sangue  arterioso direttamente nelle vene. Sangue a pressione più alta di quella consueta per il sistema venoso, sangue ad alta velocità perché da una pressione media di 100 mm di Hg passa alla pressione del sistema venoso che è intorno a 0 mm di Hg.
 
Le MAV variano per dimensione, da una piccola  malformazione  di pochi millimetri di diametro localizzata nella  corteccia  o nella sostanza bianca a un’enorme massa di vasi tortuosi che, in rari casi, comprende uno  shunt  (in italiano derivazione, cortocircuito) artero-venoso di grandezza tale da aumentare la  gittata cardiaca. In prossimità della  lesione  principale si trovano arterie afferenti ipertrofiche e dilatate, che scompaiono al di sotto della corteccia e si suddividono in una rete di vasi dalle pareti sottili i quali si connettono direttamente con le vene drenanti. Queste ultime formano spesso vasi pulsanti molto dilatati, che drenano il sangue arterioso. La situazione che si viene a creare è quella di vene (con parete quindi sottili rispetto alle arterie) sotto una pressione di 100 volte superiore a quella che di solito devono sopportare. È facile a pensare che una  vena  dilatata dal sangue arterioso possa rompersi e dare una  emorragia. Se si rompe una vena superficiale a contatto con lo spazio  subaracnoideo  la sua rottura determina una emorragia subaracnoidea. Se il  vaso  che rompe è profondo, intraparenchimale, si avrà una emorragia intraparenchimale oppure si ha una forma mista cerebromeningea.
== Sintomatologia e diagnosi ==
I sintomi e segni clinici dipendono dalla localizzazione dell'anomalia, più dell' 80% si mostra asintomatico<ref>{{en}}[http://www.ninds.nih.gov/disorders/avms/detail_avms.htm#102083052 Istituto nazionale dei disordini neurologici]</ref>
 
Sebbene la lesione sia presente dalla nascita, l’inizio dei sintomi si ha generalmente tra il 10º e il 30º anno di età  occasionalmente è ritardato fino a 50 o più anni. La prima manifestazione  clinica, nella metà circa dei pazienti, è un’emorragia subaracnoidea. La prima emorragia può essere letale, ma in oltre il 90% dei casi l’emorragia si arresta e il paziente sopravvive  la probabilità di una emorragia è di circa il 4%/anno (in dieci anni quindi la probabilità di sanguinamento è del 40% )  nel 30% dei pazienti, la prima e unica manifestazione è costituita da una  crisi  epilettica, nel 20% da  cefalea. La crisi epilettica può fra l’altro essere spiegata da microsanguinamenti con stravaso di metaemoglobina notoriamente epilettogena. Le MAV giganti possono provocare un deficit neurologico lentamente progressivo, a causa della  compressione  di strutture adiacenti da parte della massa vascolare in espansione e della derivazione di sangue in canali vascolari molto dilatati (furto intracerebrale) con ipoperfusione del  tessuto  normale circostante. Infatti una MAV indipendentemente dalla emorragia può dare deficit neurologici perché la MAV che è un sistema a bassa pressione si comporta come una spugna. In altre parole il sangue preferisce prendere la  via  della MAV anziché la via dei capillari che vanno a nutrire il tessuto circostante. Progressivamente si instaurerà una  ischemia  cerebrale che nelle aeree critiche può avere come conseguenza un deficit neurologico.
 
Frequentemente, una o entrambe le carotidi evidenziano pulsazioni insolitamente intense nel tratto cervicale. Un soffio  sistolico percepito sulle carotidi cervicali o sul  processo  mastoideo, oppure sui globi oculari di un giovane adulto è un segno quasi  patognomonico  di MAV. Il 95% delle MAV è evidenziato da una  TAC  cranica  con mezzo di contrasto l’angiografia  cerebrale fornisce la diagnosi di certezza e mostra MAV con diametro maggiore di 5 mm.
== Terapia ==
Il trattamento varia a seconda dei casi, solitamente si ricorre a chirurgia o alla [[radioterapia]].
 
Lo scopo principale del trattamento è quello di prevenire l’emorragia attraverso l’obliterazione  della malformazione. Il trattamento di elezione è la  chirurgia  con  ''escissione microchirurgica''  della MAV: il 20-40% delle MAV è suscettibile di asportazione totale con mortalità intraoperatoria del 2-5% e morbidità variabile dal 5 al 25%.
 
In altri casi sono stati intrapresi tentativi volti a obliterare i vasi malformati per mezzo della  legatura  delle arterie afferenti, dell’''embolizzazione''  artificiale e di sostanze sintetiche a presa rapida, che vengono iniettate da un palloncino, pervenuto in loco tramite un vasoafferente. Si procede per via  arteria  femorale fino alla arteria che nutre il nidus della MAV indi si iniettano particelle (muscolo  , gelfoam ecc) o colla (che solidifica al contatto con il sangue). Vi è un 5% di complicazioni piuttosto serie che vanno dal fatto che le particelle o la colla scappano per via venosa e trombizzano seni o migrano fino alle arterie polmonari. Altra possibile complicanza è l’obliterazione di una arteria che nutra il parenchima  nervoso. Il trattamento endovascolare è efficace nella completa obliterazione solo nel 10% dei casi. Il rimanente 90% deve essere sottoposto a trattamento o microchirurgico o radiochirurgico. La  ''radiochirurgia''  è l’irradiazione  con  raggi gamma  della MAV con modalità sterotassica e sfrutta il fatto che le radiazioni hanno il potere di indurre nel giro di uno due anni una proliferazione endoteliale endovascolare con chiusura progressiva e ialinizzazione della malformazione. L’indicazione è per quelle malformazioni che essendo di difficile  accesso  e inferiori a 2,5 cm comporterebbero gravi deficit con la chirurgia. L’efficacia della radiochirugia è valutata intorno al 90% entro due anni e comporta un rischio di danno da raggi al  tessuto nervoso  circostante di circa il 3%. È evidente da quanto detto che nei due anni dopo la radiochirurgia il malato resta a rischio di ulteriore sanguinamento.Pertanto in caso di esordio con emorragia e dove è tecnicamente possibile il trattamento ideale resta la chirurgia preceduta dalla embolizzazione. Di solito il primo approccio è quello endovascolare che riduce in modo notevole l’apporto arterioso. Questa modalità di trattamento consente di procedere all’intervento chirurgico  se la MAV è superiore ai 2,5 cm o con la radiochirurgia se la MAV è inferiore a 2,5 cm.
== Note ==
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