Processo alla città: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
revisione
AttoBot (discussione | contributi)
m Bot: Formattazione delle date; modifiche estetiche
Riga 81:
 
=== La produzione ===
Le riprese del film, provvisoriamente denominato ''Processo ad una città'', furono realizzate a [[Cinecittà]], dove furono ricostruiti alcuni ambienti, e durarono circa due mesi dalla fine di febbraio all'inizio di maggio 1952<ref>Le notizie sui tempi della lavorazione del film sono riportate in diversi numeri del quindicinale ''Cinema'' (nuova serie), ad iniziare dal n. 81 del 1º marzo 1952.</ref>. Gli esterni del film furono ovviamente girati a Napoli. «Napoli partecipò – raccontò poi Zampa<ref>Dichiarazioni del regista riportate in ''L'avventurosa storia''. op. citata in bibliografia, pag. 226.</ref> - in pieno. La massa l’ho presa a Napoli, recitavano tutti. Trovavamo porte spalancate dappertutto. Per scegliere gli attori di ''Processo alla città'' mi vidi tutte le [[Sceneggiata|sceneggiate napoletane]]». Il regista ricordò in particolare le sue numerose visite ad un teatro popolare situato vicino alla [[Stazione di Napoli Centrale|Stazione]], con gli attori che recitavano tra un boccone e l’altro del pranzo. «''Processo alla città'' - dice ancora Zampa – è il solo film che ho fatto in [[Presa diretta (cinema)|presa diretta]]».
 
Nel corso delle riprese vi furono straripanti dimostrazioni di popolarità in particolare per Amedeo Nazzari, protagonista, proprio in quegli anni, dei film “strappalacrime” diretti da [[Raffaello Matarazzo]], che riscuotevano un enorme successo commerciale e di pubblico. Il film vide anche la partecipazione della cantante [[Nilla Pizzi]], che in quegli anni spopolava al [[Festival della Canzone Italiana di Sanremo|Festival di Sanremo]], che fornisce la sua voce a Silvana Pampanini quando costei canta la la canzone “Traditore”, presentata come uno degli indizi utilizzati dal giudice Spicacci per sostenere le sue accuse.
Riga 98:
 
== Risultato commerciale ==
Il film di Zampa registrò un buon risultato economico, con un incasso di 378 milioni di lire<ref>Su questo dato concordano sia il ''Catalogo Bolaffi'' sia il ''Dizionario del Cinema Italiano'' entrambi citati nella bibliografia. Solo lievemente inferiore - 364 milioni - è il dato fornito da Callisto Cosulich nel suo articolo ''La battaglia delle cifre'' pubblicato sul numero 98 del 15 gennaio 1957 del quindicinale ''Cinema nuovo''. Analisi e classifiche sui risultati commerciali dei film sono contenute nel libro di Piero Cavallo ''Viva l’Italia'', citato in bibliografia, pagina 397.</ref>. Ciò consentì a ''Processo alla città'' di attestarsi attorno al 25.mo posto della classifica relativa ai 144 film italiani usciti nel corso del 1953, anno in cui il campione al botteghino, con circa un miliardo e mezzo di incasso, risultò ''[[Don Camillo (film 1952)|Don Camillo]]'' di [[Julien Duvivier|Duvivier]].<ref>Dopo il film con [[Gino Cervi|Cervi]] e [[Fernandel]], fu ''[[Anna]]'' di [[Alberto Lattuada|Lattuada]] e registrare incassi notevoli, pari a circa un miliardo di [[Lira italiana|lire]], seguito da altre opere significative, tra cui ''[[Altri tempi - Zibaldone n. 1|Altri tempi]]'' di [[Alessandro Blasetti|Blasetti]] (550 milioni), ''[[Il cappotto (film)|Il cappotto]]'' ancora di Lattuada (440 milioni), ''[[Due soldi di speranza]]'' di [[Renato Castellani|Castellani]] (420 milioni) ed ''[[Il brigante di Tacca del Lupo]]'' di [[Pietro Germi|Germi]] (380 milioni), anch’esso interpretato da Nazzari. Ma il campione assoluto di incassi del 1953 fu [[Totò]] che, mettendo insieme ben tre pellicole uscite sugli schermi nello stesso anno (''[[Totò a colori]]'', ''[[Totò e le donne]]'' e ''[[Totò e i re di Roma]]''), riuscì ad assommare l’eccezionale – per quei tempi – incasso complessivo di poco meno di 1 miliardo e 700 milioni di lire.</ref>.
 
== Critiche e commenti ==
Riga 109:
 
=== I commenti successivi ===
Col tempo, tutti i commentatori hanno espresso in modo pressoché unanime valutazioni positive rispetto a questo film di Zampa; alcuni di essi lo hanno retrospettivamente indicato quale la migliore opera in assoluto del regista. «Film teso,– secondo il ''Catalogo Bolaffi'' – vigoroso, civile e coraggioso, impegnato, realizzato anche sul piano dello spettacolo con forza drammatica e ''suspense''; preannuncia i film civili di Francesco Rosi ( ''[[La sfida]]'', ''[[Le mani sulla città]]''), che infatti è tra gli sceneggiatori di questo film». Giudizio condiviso anche da Fernaldo Di Giammatteo<ref>Il giudizio di Di Giammatteo è tratto dal suo libro ''Lo sguardo inquieto'' – cit. in bibliografia – pag.120.</ref>: «Per lui [Zampa – n.d.r.] fuori dalla norma e piuttosto inaspettato arriva ''Processo alla città'' (…) penetrante e sobrio come mai sarà – questi sono i suoi anni migliori – Zampa conduce in porto una impresa ammirevole per onestà intellettuale e rispetto della verità storica».
 
«Film serio, civile - anche per Pruzzo e Lancia<ref>Lancia e Pruzzo sono gli autori della monografia dedicata all’attore e principale interprete del film, Amedeo Nazzari – vedasi bibliografia – pagina 130 e segg..</ref> - solido e soggiogante, che mette a fuoco, forse meglio di precedenti opere in chiave satirica, le qualità di Zampa». Altri giudicano questo film con uno sguardo più ampio: «Zampa ebbe – è scritto ne ''Il Cinema, grande storia illustrata''<ref>Articolo non firmato – vedasi bibliografia – vol. IV, pag. 107.</ref> - dal 1946 al 1952 il suo periodo d’oro. Né mancò di derivare ispirazione dall’estero, specie in [[Francia]], dove cercò suggerimento per il riuscito ''Processo alla città'' nella produzione di dotati polemisti come [[André Cayatte|Cayatte]], in guerra contro la prassi della giustizia». Di ispirazione a modelli stranieri parlano anche Fofi, Morandini e Volpi<ref>Il commento è inserito nel secondo volume della loro ''Storia del cinema'' – vedasi bibliografia – pag 171.</ref>: «Venuto dai [[Cinema dei telefoni bianchi|“telefoni bianchi”]] Zampa si impose per le sue doti di osservatore arguto e comprensivo di comportamenti e personaggi comuni. Più solido e controllato, ''Processo alla città'' rendeva con vigore, calando queste sue tensioni dentro modelli americani, le complicità tra potere e camorra in una Napoli di fine secolo». «Modelli americani» evocati anche dal Mereghetti che giudica ''Processo alla città'' privo dei «cedimenti macchiettistici di altri film del regista, qui più solido e controllato, capace di rendere con rigore le complicità di potenti e camorra».