Arbegnuoc: differenze tra le versioni

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=== Le "operazioni di polizia coloniale" ===
L'11 ottobre 1936 il ministro Lessona era giunto a Gibuti da dove avrebbe dovuto raggiungere Addis Abeba per ferrovia, per conferire personalmente con il maresciallo Graziani; tra i due alti dirigenti erano continuati i contrasti riguardo laalla tattica da seguire per schiacciare la resistenza etiopica e assicurare il dominio totale sul territorio; Lessona aveva ordinato inoltre, su indicazione del governo, di "fucilare tutti i cosiddetti Giovani etiopici". Graziani, famoso per la sua durezza in Libia, non era contrario ad usare metodi spietati contro gli ''arbegnuoc'', ma temeva le interferenze da Roma, era intenzionato a mantenere il controllo delle decisioni e riteneva più opportuno impiegare in modo elastico le misure repressive<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 41-47}}</ref>. Inoltre anche Mussolini faceva pressioni per risolvere al più presto la situazione e rimpatriare la maggior parte delle truppe nazionali. Al momento dell'arrivo di Lessona in Africa orientale la situazione della guarnigione italiana di Addis Abeba rimaneva precaria; gli ''arbegnuoc'' di Ficrè Mariam continuavano ad attaccare le strade e la ferrovia e correvano voci di progetti dei guerriglieri di colpire direttamente il ministro durante il viaggio in treno da [[Dire Daua]]<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 47-48}}</ref>.
 
Lessona giunse ad Addis Abeba il pomeriggio del 12 ottobre dopo un viaggio in treno e dopo aver osservato i combattimenti in corso tra guerriglieri e truppe italiane; il ministro entrò subito in contrasto con Graziani e i generali accusati di non agire con la necessaria energia per eliminare la resistenza e assicurare i collegamenti delle capitale<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 48-49}}</ref>. Il governatore diramò quindi nuovi ordini draconiani in cui affermava che era "ora di finirla con le debolezze" e richiedeva di essere informato regolarmente sul "numero dei passati per le armi". Lessona lasciò Addis Abeba il 21 ottobre mentre il maresciallo Graziani diede inizio all'offensiva generale d'autunno contro i guerriglieri dello Scioa<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 49-50}}</ref>. Gli ''arbegnuoc'' di Ficrè Mariam furono attaccati dall'aviazione che il 22 ottobre impiegò anche i gas sulla zona del monte Debocogio; il 27 ottobre 1936 gli italo-eritrei diedero l'assalto alle difese dei guerriglieri; dopo aspri combattimenti i guerrieri di Ficrè Mariam batterono in ritirata lasciando molti morti sul terreno; il famoso e temuto capo etiopico cadde sul campo<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 51-52}}</ref>. Nelle settimane successive le azioni contro la guerriglia dello Scioa proseguirono nella valla dell'[[Auash]] che venne devastata: molti villaggi furono distrutti, si procedette a fuciliazioni sommarie; gli ''arbegnuoc'' dovettero abbandonare i territori intorno alla capitale; il ligg Ababà Dagafous si arrese, altri capi, il fitaurari Scimellis Arti, il [[Titoli nobiliari etiopici|cagnasmach]] Hailè Abbamersà e l'[[Titoli nobiliari etiopici|uizerò]] Belaìyaneh, si nascosero<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 52-53}}</ref>.
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Durante il 1939, mentre la situazione politica internazionale degenerava rapidamente verso la guerra generale, in Africa orientale si alternarono fasi di recrudescenza della guerriglia degli ''arbegnuoc'' e della repressione, con fasi di trattative per ottenere la sottomissione pacifica dei capi della guerriglia<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 326-327}}</ref>. I tentativi del Duca d'Aosta e del generale Nasi di ottenere la sottomissione dei capi della guerriglia per mezzo di trattative ottennero alcuni risultati: Zaudiè Asfau e Olonà Dinkel si accordarono con le autorità italiane e rinunciarono alla ribellione<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, p. 331}}</ref>. Non raggiunsero il successo invece i lunghi e complessi tentativi per convincere a rinunciare alla lotta ras Abebe Aregai che ormai era divenuto il vero capo degli ''arbegnuoc'' e manteneva rapporti con i francesi di Gibuti. Sembra che in alcune circostante egli abbia accettato di intavolare trattative soprattutto per guadagnare tempo e ottenere armi e vettovaglie; tutti i contatti con Abebe Aregai ricercati da inviati italiani di alto rango, compreso il generale De Biase terminarono nel nulla; il capo etiope non si presentò all'incontro al vertice programmato per il 14 marzo 1940 e Mussolini fu costretto ad ordinare la ripresa delle operazioni di repressione contro i suoi guerriglieri con "azione militare, immediata, dura...non esclusi i gas"<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 327-331}}</ref>.
 
Nonostante il fallimento delle trattative con Abebe Aregai, gli italiani ottennero alcuni successi anche nel Goggiam dove furono indebolite le bande di Negasc Bezabè e Mangascià Giamberiè; il viceré nel 1939 manifestò fiducia e ottimismo riguardo laalla situazione in Africa orientale<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 332-333}}</ref>. In realtà l'evoluzione della politica internazionale stava già influendo negativamente sul dominio italiano; dal 1938 la [[Francia]] e la [[Gran Bretagna]] avevano iniziato a supportare concretamente la guerriglia etiopica per minare dall'interno la precaria autorità dell'occupante. In Francia il governo approvò un programma di "guerra sovversiva" e prese contatti con Abebe Aregai e Gherarsù Duchì; ufficiali superiori francesi e britannici nel giugno 1939 si incontrarono ad [[Aden]] e stabilirono un preciso programma militare contro l'Italia in Africa orientale che prevedeva tra l'altro il "sostegno ad una rivolta generale in Etiopia" fornendo armi e munizioni e sviluppando la propaganda<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 333-334}}</ref>.
 
[[File:Ilio Barontini e arbegnuoc.jpg|thumb|left|upright=1.3|L'esponente del [[Partito Comunista Italiano]] [[Ilio Barontini]], quarto da sinistra, insieme a guerriglieri ''arbegnuoc'' nel Goggiam nel 1939-40.]]