Porcellana: differenze tra le versioni

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Nel 1806 [[Napoli]] venne conquistata dai francesi. Questi non avevano alcun interesse a mantenere una produzione in concorrenza con la loro e vendettero le attrezzature ad imprenditori locali, tra cui [[Giovanni Poulard-Prad]]. Questo permise alla zona di mantenere viva la sua tradizione artistica, fiorente ancora oggi e famosa per i suoi fiori in porcellana.
 
I documenti originali relativi alla fabbricazione della porcellana di Capodimonte sono in gran parte perduti. Quelli dell’archiviodell'archivio interno della manifattura, di gran lunga i più interessanti ai fini della nostra ricerca, furono trasportati a Madrid, allorché [[Carlo III di Spagna|Carlo di Borbone]] divenuto re di Spagna, nel 1759 decise di chiudere la fabbrica di Capodimonte e di ricostruirla in Spagna. Ivi essi furono distrutti in seguito all’incendioall'incendio scoppiato nel 1812 nella nuova fabbrica di Buen Ritiro durante la guerra franco-spagnola.
 
Migliore sorte non è toccata ad altri documenti; in particolare quelli periferici relativi al carteggio tra il re e lo staff del suo governo con i fornitori delle materie prime. Anch’essiAnch'essi furono distrutti, durante il secondo conflitto mondiale, da un incendio provocato dalle truppe tedesche nel settembre del 1943 ad una villa di San Paolo Belsito (Napoli) dove erano stati trasferiti insieme ad altri documenti dell’archiviodell'archivio di Stato di Napoli. Fortunatamente questi ultimi erano stati oggetto di un meticoloso e paziente lavoro di ricognizione da parte dello storico [[Camillo Minieri Riccio]] ed il chimico ceramista [[Giuseppe Novi]]. Come risultato del loro meritorio lavoro, essi pubblicarono nel 1878 rispettivamente quattro e due memorie negli Atti dell’dell'[[Accademia Pontaniana]]. Quelle del Minieri Riccio sono ricchissime di notizie utili per la ricostruzione delle vicende non solo della manifattura di Capodimonte, ma anche quella ferdinandea di Napoli. Nelle due memorie di Novi vengono prese in esame, dal punto di vista merceologico e tecnologico, tutte le notizie relative alla lavorazione della porcellana in Napoli a partire da quella di Capodimonte fino a quelle meno famose dei suoi tempi.
 
Gli altri studiosi che hanno scritto sull’argomentosull'argomento prima del 1943, pur avendo a disposizione gli stessi documenti non aggiungono molto di più a quanto riportato dai primi due. Partendo da presupposti diversi, preziosi contributi ai fini della nostra ricerca ci provengono da parte di Pietro D’OnofriD'Onofri (1789) e da Orazio Rebuffat (1905).
 
D’OnofriD'Onofri ha tracciato la prima storia della porcellana di Capodimonte. Egli, essendo figlio di un generale di Carlo di Borbone, era introdotto nella corte sia di Napoli che di Madrid, e quindi ha potuto riferire preziose e numerose notizie apprese oralmente, alcune molto interessanti.
 
Rebuffat, professore di chimica applicata all’all'[[Università degli Studi di Napoli Federico II|Università di Napoli]], è l’autorel'autore della prima analisi della composizione chimica della nostra porcellana di cui disponiamo i dati ma successivamente le analisi sono state completate, operando su reperti di scavo rinvenuti vicino alla sede della manifattura, da un gruppo interdisciplinare di storici della soprintendenza BAS, da ricercatori del DIMP della Facoltà di Ingegneria di Napoli e docenti dell'IPIA G. Caselli, coordinati dall'ing. Luca Pinto, docente di tecnologia. I risultati delle indagini furono pubblicati nel 1993. Successivamente le analisi sono state integrate con le indagini su altri reperti e sui rivestimenti con la partecipazione di ricercatori dell'ISTEC-CNR di Faenza e pubblicati nel 2005.
 
Ultimamente sono stati portati alla luce nuovi documenti originali, soprattutto ad opera di Francesco Stazzi (1972), Francesco Strazzullo (1979) e Silvana Musella Guida (1983, 1986). Essi hanno contribuito anche con i loro studi ad arricchire il quadro delle conoscenze che abbiamo attualmente in merito alle vicende di manifattura.<ref>{{Cita web|url = http://ricercaceramica.it/2015/09/22/la-ricerca-condotta-dallistituto-caselli-sulla-composizione-e-tecnologie-di-produzione-della-porcellana-depoca-di-capodimonte/|titolo = LA RICERCA CONDOTTA DALL’ISTITUTODALL'ISTITUTO “CASELLI” SULLA “COMPOSIZIONE E TECNOLOGIE DI PRODUZIONE DELLA PORCELLANA D’EPOCAD'EPOCA DI CAPODIMONTE” {{!}} Centro Ricerca CeramicaCentro Ricerca Ceramica|accesso = 2015-09-30}}</ref>
 
Fra le altre manifatture italiane del [[XVIII secolo|Settecento]] si segnalano quella di [[Giovanni Volpato]] a [[Roma]] e quella di [[Porcellana di Vinovo|Vinovo]] diretta da [[Vittorio Amedeo Gioanetti]].
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Come gli altri paesi l'[[Inghilterra]] non mancò di avviare la sua produzione di porcellana. A differenza di quanto avvenne in molti altri paesi d'Europa, tuttavia, in Inghilterra le manifatture furono del tutto private e prive di protezioni e privilegi da parte della casa regnante.
 
La prima produzione fu di porcellana tenera, ma ben presto la produzione si affinò. Una svolta si ebbe nell'anno [[1800]], quando [[Josiah Spode]] prende ad aggiungere all'impasto cenere di ossa di animali. L'additivo conferisce una traslucenza, bianchezza e resistenza notevole a questo nuovo tipo di porcellana, che venne detto ''[[Bone China]]''<ref name=Aldridge/>. Il risultato è un tipo di porcellana tenera, prodotta con un impasto che contiene almeno il 25% e fino il 50% di cenere d’ossad'ossa<ref>{{Cita web|url = http://ricercaceramica.it/2015/09/22/dizionario-della-porcellana/|titolo = Dizionario della porcellana {{!}} Centro Ricerca CeramicaCentro Ricerca Ceramica|accesso = 2015-09-30}}</ref>.
 
Questo nuova ricetta divenne, con il tempo, lo standard della produzione inglese. Tutt'oggi marchi prestigiosi quali [[Royal Worcester]], Coalport e [[Royal Crown Derby]] usano porcellana ''Bone China''.