Ius cogens: differenze tra le versioni

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{{W|diritto|ottobre 2006|[[Utente:Civvi|<font color="#C00090"><tt>Civvì</tt></font>]] [[Discussioni utente:Civvi|<sup>talk</sup>]] 12:36, 17 ott 2006 (CEST)}}è una caratteristica precipua del diritto internazionale classico (cioè quello cd. groziano sviluppatosi fra XVII sec. e il secondo dopoguerra) il difetto di una organizzazione gerarchica delle fonti di produzione del diritto paragonabile a quella in uso in molti ordinamenti giuridici interni. nel diritto internazionale si fa distinzione solo fra le fonti primarie del diritto che sono quelle direttamente previste dai principi di base dell'ordinamento internazionale e le fonti secondarie che sono derivanti da norme prodotte da una fonte primaria per esempio da una norma sulla fonte contenuta in un trattato. le fonti primarie possono derogarsi vicendoevolmente perché possiedono tutte la medesima forza giuridica così un trattato può derogare ad una consuetudine e viceversa il diritto consuetudinario può derogare alle disposizioni contenute in un trattato. le eventuali antinomie sono superabili mediante l'applicazione di vari criteri logico-giuridici in particolare quello temporale (lex posterior abrogat aut derogat priori) e quello di specialità (lex specialis abrogat aut derogat generali). A questa costruzione si è giunti soprattutto grazie agli studi internazionalistici del giuspositivismo che ha concepito le consuetudini e le convenzioni internazionali in chiave volontaristica (cioè come atti di volontà degli stati). Le norme secondarie non possono derogare quelle che discendono da fonti primarie. Così ad esempio le norme che discendono da un trattato istitutivo di una organizzazione internazionale non possono derogare alle disposizioni contenute nel trattato stesso sia sotto il profilo logico-formale che sotto quello sostanziale del loro contenuto normativo (la norma in altri termini dovrà venire in essere secondo il procedimento di formazione previsto da una norma primaria contenuta nel trattato istitutivo e il suo contenuto non potrà affermare principi in contrasto con quelli enunciati dal trattato stesso). Resta il fatto che nel diritto internazionale classico gli stati potevano derogare alle consuetudini attraverso la stipulazione di trattati. A partire dalla fine della Seconda Guerra mondiale il quadro descritto mutò con la nascita delle norme imperative di diritto internazionale generale ovvero le norme cd. di ius cogens. si tratta di norme poste a tutela di valori che la comunità internazionale ritiene fondamentali ed intangibili. Il primo riconoscimento ufficiale dell'esistenza delle norme di ius cogens si ebbe con la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969. Negli anni '60 molti stati dell'Asia, dell'Africa dell'America Latina ottenere l'indipendenza dai paesi occidentali colonizzatori. questi paesi di recente formazione assieme agli stati socialisti cominciarono a sostenere che certe norme venute in essere attraverso i tradizionali meccanismi di produzione normativa dovessero essere elevate ad un rango gerarchicamente superiore rispetto alle altre perché poste a tutela di nuovi e fondamentali principi: l'autodeterminazione dei popoli, il divieto di minaccia o uso della forza, il divieto di genocidio, di tortura, la lotta alla discriminazione razziale o contro i regimi di segregazione razziale. si propose dunque che queste norme fossero inderogabili dai trattati. Gli stati socialisti vedevano nelle norme di ius cogens uno strumento per garantire il pacifico svolgimento dei rapporti fra il blocco occidentale e quello orientale, per i paesi in via di sviluppo esse erano invece un mezzo per puntellare le conquiste ottenute con la lotta per l'indipendenza. gli stati occidentali che- sn da principi o espressero dubbi e perplessità- finirono per aderire alle richieste degli stati socialisti e in via di sviluppo, ma pretesero che si creasse un meccanismo per l'accertamento giudiziario delle norme di jus cogens. Non esisteva infatti un criterio univoco e certo per stabilire se una norma generale fosse o meno di jus cogens e perciò si doveva accertare la loro costanza esaminando ogni singola fattispecie concreta. così si attribuì alla Corte internazionale di giustizia (CIG)la giurisdizione obbligatoria in materia di controversie relative alla nullità dei trattati per contrasto con le norme di jus cogens (art. 66 Convenzione di Vienna sui Trattati) Con l’emergere delle norme imperative di jus cogens confluivano nel diritto internazionale positivo alcuni concetti che erano stati elaborati dai giuristi delle generazioni precedenti (in modo particolare Friedrich de Martens, Christian Wolff, Samuel Rachel, Emer de Vattel) i quali avevano distinto tre diverse dimensioni del diritto:
1. il diritto degli stati applicabile all’interno dei singoli ordinamenti giuridici nazionali
2. lo jus gentium cioè il diritto internazionale positivo composto soprattutto di trattati e perciò qualificabile anche come ius volontarium
3. lo ius naturalis che è il diritto comune a tutta l’umanità in quanto composto di principi ricavabili direttamente dalla ragione e dal senso di umanità.
 
In [[diritto]], la [[locuzione latina]] '''jus cogens''' indica le norme di diritto internazionale poste a tutela di valori che la comunità internazionale ritiene fondamentali ed intangibili. Si tratta di una caratteristica precipua del [[diritto internazionale]] classico (cioè quello cd. groziano sviluppatosi fra XVII sec. e il secondo dopoguerra) il difetto di una organizzazione gerarchica delle fonti di produzione del diritto paragonabile a quella in uso in molti ordinamenti giuridici interni.
La Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati dunque riconobbe l’esistenza delle norme imperative di jus cogens, ma a condizione che lo stato che invocasse la nullità di un trattato per contrasto con una norma di jus cogens accettasse la giurisdizione obbligatoria della CIG (art. 66 lettera a ).
 
Nel diritto internazionale si fa distinzione solo fra le fonti primarie del diritto che sono quelle direttamente previste dai principi di base dell'ordinamento internazionale e le fonti secondarie che sono derivanti da norme prodotte da una fonte primaria per esempio da una norma sulla fonte contenuta in un trattato.
 
Le fonti primarie possono derogarsi vicendevolmente perché possiedono tutte la medesima forza giuridica (ad esempio un trattato può derogare ad una consuetudine e viceversa, il diritto consuetudinario può derogare alle disposizioni contenute in un trattato). Le eventuali antinomie sono superabili mediante l'applicazione di vari criteri logico-giuridici in particolare quello temporale (lex posterior abrogat aut derogat priori) e quello di specialità (lex specialis abrogat aut derogat generali). A questa costruzione si è giunti soprattutto grazie agli studi internazionalistici del giuspositivismo che ha concepito le consuetudini e le convenzioni internazionali in chiave volontaristica (cioè come atti di volontà degli stati).
 
Le norme secondarie non possono derogare quelle che discendono da fonti primarie. Così ad esempio le norme che discendono da un trattato istitutivo di una organizzazione internazionale non possono derogare alle disposizioni contenute nel trattato stesso sia sotto il profilo logico-formale che sotto quello sostanziale del loro contenuto normativo (la norma in altri termini dovrà venire in essere secondo il procedimento di formazione previsto da una norma primaria contenuta nel trattato istitutivo e il suo contenuto non potrà affermare principi in contrasto con quelli enunciati dal trattato stesso).
 
Resta il fatto che nel diritto internazionale classico gli stati potevano derogare alle consuetudini attraverso la stipulazione di trattati.
 
A partire dalla fine della Seconda Guerra mondiale il quadro descritto mutò con la nascita delle norme imperative di diritto internazionale generale ovvero le norme cd. di ius cogens. Si tratta di norme poste a tutela di valori che la comunità internazionale ritiene fondamentali ed intangibili.
Il primo riconoscimento ufficiale dell'esistenza delle norme di ius cogens si ebbe con la [[Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati]] del [[1969]]. Negli anni '60 molti stati dell'Asia, dell'Africa dell'America Latina ottenere l'indipendenza dai paesi occidentali colonizzatori. Questi paesi di recente formazione assieme agli stati socialisti cominciarono a sostenere che certe norme venute in essere attraverso i tradizionali meccanismi di produzione normativa dovessero essere elevate ad un rango gerarchicamente superiore rispetto alle altre perché poste a tutela di nuovi e fondamentali principi: l'[[autodeterminazione dei popoli]], il divieto di minaccia o uso della forza, il divieto di [[genocidio]], di [[tortura]], la lotta alla discriminazione razziale o contro i regimi di segregazione razziale. Si propose dunque che queste norme fossero inderogabili dai trattati. Gli stati socialisti vedevano nelle norme di ius cogens uno strumento per garantire il pacifico svolgimento dei rapporti fra il blocco occidentale e quello orientale, per i paesi in via di sviluppo esse erano invece un mezzo per puntellare le conquiste ottenute con la lotta per l'indipendenza.
Gli stati occidentali che - sin da principi o espressero dubbi e perplessità- finirono per aderire alle richieste degli stati socialisti e in via di sviluppo, ma pretesero che si creasse un meccanismo per l'accertamento giudiziario delle norme di jus cogens. Non esisteva infatti un criterio univoco e certo per stabilire se una norma generale fosse o meno di jus cogens e perciò si doveva accertare la loro costanza esaminando ogni singola fattispecie concreta. Così si attribuì alla [[Corte internazionale di giustizia]] (CIG)la giurisdizione obbligatoria in materia di controversie relative alla nullità dei trattati per contrasto con le norme di jus cogens (art. 66 Convenzione di Vienna sui Trattati). Con l’emergere delle norme imperative di jus cogens confluivano nel diritto internazionale positivo alcuni concetti che erano stati elaborati dai giuristi delle generazioni precedenti (in modo particolare [[Friedrich de Martens]], [[Christian Wolff]], Samuel Rachel, [[Emer de Vattel]]) i quali avevano distinto tre diverse dimensioni del diritto:
1. *# il diritto degli stati applicabile all’interno dei singoli ordinamenti giuridici nazionali
 
2. *# lo jus gentium cioè il diritto internazionale positivo composto soprattutto di trattati e perciò qualificabile anche come ius volontarium
 
3. *# lo ius naturalis che è il diritto comune a tutta l’umanità in quanto composto di principi ricavabili direttamente dalla ragione e dal senso di umanità.
 
La [[Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati]] dunque riconobbe l’esistenza delle norme imperative di jus cogens, ma a condizione che lo stato che invocasse la [[nullità]] di un trattato per contrasto con una norma di jus cogens accettasse la giurisdizione obbligatoria della CIG (art. 66 lettera a ).
L’art .53 della stessa Convenzione- dopo avere sancito la nullità dei trattati stipulati in deroga a norme imperative di diritto internazionale generale- aggiunge che una norma imperativa di diritto internazionale generale è una norma accettata e riconosciuta dalla comunità degli Stati nel suo complesso come una norma cui non è consentita alcuna deroga e che può essere modificata solo da una successiva norma internazionale della stessa natura. Per l’art. 54 della Convenzione se emerge una nuova norma imperativa in contrasto con un trattato preesistente questo è nullo e si estingue.
 
Come un autorevole giurista argentino ha messo in evidenza la definizione di ius cogens di cui all’art. 53 della Convenzione di Vienna non coglie a pieno l’essenza delle norme imperative poiché essa fa riferimento agli effetti della norma e non alla sua intrinseca natura; infatti non è che una regola è di ius cogens in quanto non può essere derogata; piuttosto nessuna deroga è consentita perché la regola ha natura cogente.
 
Se uno stato ritiene che il trattato sia nullo per contrasto ad una norma imperativa deve notificare questa sua posizione agli altri stati parte del trattato. Questi altri stati entro un termine di tre mesi dal momento del ricevimento della notifica possono presentare delle obiezioni. In tal caso gli stati sono chiamati a ricercare una soluzione attraverso i mezzi indicati dall’art. 33 della carta dell’ONU. Se entro 12 mesi dal momento in cui l’obiezione è stata sollevata le parti non sono giunte ad una soluzione ognuna di esse può ricorrere unilateralmente alla CIG salvo che le parti di comune accordo non vogliano sottoporre la questione ad un arbitrato internazionale (art. 66 della Convenzione di Vienna).
 
Chiaramente una norma ha carattere imperativo se si forma una opinio iuris in tal senso da parte degli stati più importanti e rappresentativi delle varie aree del mondo. Tuttavia è difficile per uno stato (sia esso o meno una grande potenza) opporsi alla formazione di una regola di ius cogens. Numerosi fattori politici, diplomatici o psicologici dissuadono uno stato dall’emergere di valori che la maggior parte della comunità internazionale reputa fondamentali. Ai fini dell’individuazione delle norme di ius cogens un utile punto di riferimento è costituito dal testo originario dell’art. 19 del Progetto di articoli sulla responsabilità in cui si dice che sono norme di ius cogens quelle che tutelano valori fondamentali come il divieto di apartheid, schiavitù, genocidio, dominazione coloniale, massiccio inquinamento dei mari e dell’atmosfera cui si potrebbero aggiungere le norme sul divieto di minaccia o uso della forza, che vietano la tortura e la discriminazione razziale.
Le disposizioni contenute all’interno della Convenzione di Vienna hanno il limite di essere applicabili solo ai soggetti che sono parte del trattato di cui si afferma la nullità per contrasto con una norma imperativa e al contempo siano parte della Convenzione di Vienna. Questi limiti però oggi sono stati superati grazie allo sviluppo di due norme consuetudinarie che hanno esteso la portata applicativa delle norme contenute nella Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969. Due regole in particolar modo si devono ricordare:
 
1. il diritto consuetudinario consente oggi a tutti gli stati- anche a quelli che non sono parte del trattato- di invocarne la nullità perché in contrasto con una norma imperativa di ius cogens.
2*# il diritto consuetudinario consente oggi a tutti gli stati- anche a quelli che non sono parte del trattato- di invocarne la nullità perché in contrasto con una norma imperativa di ius cogens.

*# il diritto consuetudinario stabilisce che anche gli stati che non hanno sottoscritto la Convenzione di Vienna possono invocare la nullità del trattato di cui sono parte perché stipulato in deroga a norme imperative di ius cogens. Il principio e lo spirito di fondo del concetto di jus cogens è che lo stato che invoca la nullità del trattato debba essere pronto ad accettare l’accertamento giudiziale o arbitrale di un terzo. È chiaro però che se la controversia riguarda parti di un trattato che non hanno sottoscritto la Convenzione di Vienna, quelle parti non sono soggette alla giurisdizione obbligatoria della CIG; così se una di esse asserisce la nullità del trattato per contrasto con una norma di ius cogens le altre parti non hanno l’obbligo di accettare la giurisdizione della CIG o di avviare procedimenti arbitrali o giudiziali per risolvere la controversia. Lo stato che invoca la nullità del trattato non avrà quindi alcun rimedio; se però l’applicazione del trattato comportasse la violazione di una norma di ius cogens potrebbe far valere tutte le conseguenze previste dal regime aggravato di responsabilità.
 
Effetti dello ius cogens
* nullità totale o parziale del trattato che deroga alla norma di ius cogens
* nullità ab initio delle norme di natura non convenzionale (consuetudini, atti non vincolanti delle organizzazioni internazionali etc..) che siano in contrasto con norme di ius cogens.
* Incidenza sul riconoscimento di stati: il riconoscimento non è un presupposto della soggettività internazionale, ma un atto di mera natura dichiarativa con cui uno Stato può effettuare in modo discrezionale , ma sempre nel rispetto delle norme imperative di diritto internazionale generale. Perciò gli stati hanno l’obbligo di non riconoscere l’ente che- sebbene abbia tutti i requisiti per essere considerato soggetto di diritto internazionale- si è formato in conseguenza di una aggressione militare illegale oppure viola in modo massiccio e sistematico i diritti umani e i diritti delle minoranze.
* Incidenza sulla possibilità di inserire riserve nei trattati multilaterali, che se lesive di norme di ius cogens si considerano incompatibili con lo scopo o l’oggetto del trattato
* Incidenza sui trattati in materia di estradizione: la violazione di una norma imperativa (per esempio quella che vieta la tortura o la persecuzione razziale, etnica o religiosa etc.) autorizzerebbe uno stato a non adempiere ai suoi obblighi convenzionali di estradizione.
* Incidenza sugli ordinamenti giuridici interni perché l’operatività a livello internazionale delle norme di ius cogens può delegittimare atti amministrativi o normativi degli stati che autorizzano condotte ad esse contrari.
 
[[Categoria:Diritto Internazionale]]
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