Il ritorno di don Camillo: differenze tra le versioni

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[[File:Bruscosmilzopeppone.jpg|thumb|left|Peppone ([[Gino Cervi]]) con Smilzo ([[Marco Tulli]]) Brusco ([[Saro Urzì]]) in una scena.]]
La storia continua con le avventure di [[don Camillo]], sollevato dall'incarico di parroco del suo paesino per punizione, cui si aggiunge il viaggio forzato nella remota parrocchia di [[Montenara]], sperduta tra i monti. Qui, in un ambiente freddo, svolge il suo ministero nel luogo frequentato dalla sola perpetua. Nel frattempo nel paese di Don Camillo, [[Peppone]] si ritrova ad affrontare molti problemi e non ha neanche l'aiuto del nuovo parroco. Solo il ritorno di don Camillo porrà fine alle dispute che coinvolgono anche un proprietario terriero (Cagnola), che non voleva cedere parte delle sue terre per costruire un argine sul Po, per prevenire alluvioni, e che, in un alterco, ferisce il compagno detto "il nero", credendo di averlo addirittura ucciso e viene ferito a sua volta da Peppone, che anch'esso teme di averlo ammazzato. Entrambi per avere un alibi si rivolgono a Don Camillo nel suo esilio a Montenara.

Don Camillo riesce a calmare la situazione, strappando la promessa a Cagnola che egli avrebbe ceduto le terre necessarie per fare l'argine. Per questo fatto, Peppone si rivolge al vescovo per far tornare Don Camillo al suo paesino, e viene accontentato, con l'ammonimento da parte del prelato, che poi non venga più a lamentarsi se riceverà ancora tavolate in testa. Al ritorno al paese Don Camillo dovrà porre fine ad una rissa alla casa del popolo scoppiata al termine di un incontro di Boxe, organizzato appositamente in contemporanea con l'arrivo del parroco alla stazione, per evitare ad esso un bagno di folla che sarebbe stato "il trionfo della reazione". Poi accade che Cagnola si rimangia la promessa delle terre, ritenendo l'argine inutile per prevenire alluvioni, che puntualmente si verificheranno subito, e in modo tale che anche l'argine eventualmente costruito non sarebbe servito a niente.
 
Anche il "Nero" se la cava, ma il vecchio medico del paese, il dott. Spiletti, conservatore ma amato dal popolo per la sua professionalità sempre dimostrata verso tutti e senza distinzione politica, dato per morente varie volte, ma sempre "resuscitato" puntualmente, propone a questi di vendergli l'anima ''("Se non credi all'anima vendimela. Se non ce l'hai davvero, vorrà dire che ci ho rimesso i soldi, ma se ce l'hai diventa mia")''. Il Nero tra mille dubbi, pensando anche che non sia giusto vendere qualcosa che non ha, l'anima appunto, si lascia però convincere. Ciò gli procurerà un serio problema psicologico che lo turberà per parecchio tempo, finché non interverrà Don Camillo stracciando il contratto regolarmente stipulato per la vendita dell'anima e bruciando le banconote ricevute dal Nero, (che voleva restituire al dottore) come sacrileghe.