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Giunta nel borgo, si sottomise alle pressioni del [[sindaco (Italia)|sindaco]] Raffaello Torrigiani, suo datore di lavoro (secondo la [[Legge Coppino]] del [[1877]]), e si sistemò in una delle sue abitazioni, subendo pesanti ''avances'' alle quali riuscì tuttavia a resistere.
 
Ben presto si trovò a dover fare i conti con l'ostilità della comunità e, priva di qualsiasi difesa, fu oltraggiata e additata come una poco di buono. Nell'estate [[1884]] arrivò a un magistrato di [[Pistoia]] una lettera anonima che l'accusava di aver [[aborto|abortito]] illegalmente con l'aiuto del sindaco. Torrigiani fu costretto a dimettersi, ma per Italia le conseguenze furono devastanti.
 
Malgrado la polizia non trovasse alcuna prova contro di lei e lei medesima si fosse offerta ad accertamenti medici atti a confermare la sua [[castità]], questi non le vennero concessi e l'ostilità nei suoi confronti non ebbe più freni. Mentre la sua salute risentiva della tensione, si diffuse la voce che era di nuovo incinta: lo provavano, per gli accusatori, il pallore e i sudori. Chiese di essere trasferita in un'altra scuola della zona, e nella primavera del [[1886]] l'amministrazione comunale acconsentì. Ma la cattiva fama l'aveva preceduta, e la nuova comunità non celò la sua irritazione nel vedersi imporre la presenza di una donna così svergognata.