Teoria delle laringali: differenze tra le versioni
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Ci sono anche radici che terminano in occlusiva seguita da una laringale, come *''pleth₂-/*pḷth₂''- "sparso, appiattito", da cui il sanscrito ''pṛthú''- "ampio" maschile (= avestico ''pərəθu''-), ''pṛthivī''- femminile, greco ''platús'' (grado zero); sanscrito ''prathimán''- "ampiezza" (grado pieno), greco ''platamṓn'' "pietra piatta". La laringale spiega (a) il cambiamento di *''t'' in *''th'' nel Proto-Indoiranico, (b) la corrispondenza tra greco -''a''-, sanscrito -''i''- e l'assenza di vocale in avestico (Avestico ''pərəθwī'' "ampio" femminile in due sillabe rispetto al sanscrito ''pṛthivī''- in tre).
::Si deve usare cautela particolarmente nell'interpretazione dei dati che vengono forniti dall'indiano. Il sanscrito rimase in uso come lingua poetica, scientifica e classica per molti secoli e la moltitudine di schemi di alternanza ereditati il cui motivo è oscuro (come la divisione in radici seṭ ed aniṭ) ha fornito modelli per il conio di nuove forme sulla base di schemi "sbagliati". Ci sono molte forme come ''tṛṣita''- "assetato" e ''tániman''- "snellezza", cioè formazioni seṭ su radici inequivocabilmente aniṭ; e al contrario forme aniṭ come ''píparti'' "egli riempie", ''pṛta''- "riempito", su radici sicuramente seṭ (cfr. il "vero" participio passato, ''pūrṇá''-). Il sanscrito preserva
Laringali mobili possono essere trovate in forme isolate o apparentemente isolate; qui i triplici riflessi nel greco di *''h₁, *h₂, *h₃'' sillabici sono particolarmente utili, come si può vedere sotto:
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