Johann Wolfgang von Goethe: differenze tra le versioni
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→Ritorno a Weimar (1788-1832) e morte: correzione sbaglio |
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Al ritorno a [[Weimar]] trovò una fredda accoglienza. Rinunciò a quasi tutti gli incarichi e si legò stabilmente a [[Christiane Vulpius]] ([[1765]]-[[1816]]), una semplice fioraia. Dei cinque figli solo August ([[1789]]-[[1830]]) sopravviverà<ref>I suoi resti sono al [[Cimitero acattolico di Roma]].</ref>.
La pubblicazione delle ''[[Elegie romane (Goethe)|Elegie romane]]'' (''Römische Elegien''), racconto del periodo italiano, suscitò indignazione per i suoi aspetti sensuali e licenziosi. Studia [[anatomia]] e [[ottica]]. Nel [[1790]] fa un breve viaggio a [[Venezia]] che gli ispira gli ''Epigrammi veneziani'' (''Epigramme Venedig''). Scrive la ''[[Metamorfosi delle piante]]'' (''Versuch die Metamorphose der Pflanzen zu erklären'') e i ''Saggi sull'ottica''. Nel [[1792]] assiste alla [[Battaglia di Valmy]] e l'anno successivo all'[[Assedio di Magonza (1793)|Assedio di Magonza]]. Poi pubblica, senza successo, ''La volpe Reinardo'' (''Reineke Fuchs''), poema animalesco.
L'insieme degli eventi chiuse Goethe in una sorta di isolamento sociale, ma soprattutto spirituale. La consapevolezza di essere incompreso e la dolorosa coscienza della propria momentanea aridità poetica lo portarono
Nel [[1814]] incontra [[Marianne von Willemer]] ([[1784]]-[[1860]]). Nel [[1817]] assiste al matrimonio del figlio August con Ottilie von Pogwisch ([[1796]]-[[1872]]), dal quale avrà tre figli che Goethe potrà conoscere<ref>Si tratta di Walther Wolfgang ([[1818]]-[[1885]]), Wolfgang Maximilian ([[1820]]-[[1883]]) e Alma [[1827]]-[[1844]]).</ref>. Intorno agli anni [[1821]]-[[1823]] amerà nuovamente (dopo la morte della moglie, avvenuta nel [[1816]]) tale Ulrike von Levetzow ([[1804]]-[[1899]]), assai più giovane.
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Dopo una vita di straordinaria fecondità creativa infine morì nel [[1832]] a [[Weimar]], probabilmente per un attacco cardiaco. Le sue spoglie riposano nella [[Cripta dei Principi]] nel Cimitero storico di Weimar.
Anche se la questione è assai controversa, le sue ultime parole, divenute comunque famosissime, sarebbero state: "Mehr Licht" («più luce»), quasi a conferma della sua convinzione che se a un uomo vivo è inconcepibile la propria morte, allora la nostra vita non finirà<ref name=autogenerato1>[[Simon Critchley]] ''Il libro dei filosofi morti'',
== Importanza storica ==
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