Laicità: differenze tra le versioni

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Alla ieratica superiorità papale, ribadita da Bonifacio VIII con la bolla ''[[Unam Sanctam]]'', si opposero dei tentativi di conciliazione, come il ''[[De Monarchia]]'' di [[Dante Alighieri]], che vedeva in Dio la superiore fonte di qualsiasi diritto e auspicava energicamente la separazione dei poteri temporali e spirituali, o come gli studi di [[Pierre Dubois]] e [[Guglielmo di Nogaret]], che teorizzavano l'autonomia del potere regio da qualsiasi altro potere, sia religioso, sia extraterritoriale (come l'Impero rispetto ai singoli monarchi europei).
 
Un passo avanti fu compiuto all'epoca immediatamente successiva dell'imperatore [[Ludovico il Bavaro]], che ripudiò l'autorità papale facendosi incoronare a Roma non già da un suo vicario, ma da un senatore laico, quello [[Giacomo Sciarra Colonna|Sciarra Colonna]] che aveva umiliato il defunto papa Bonifacio ad Anagni.
 
Al seguito di Ludovico lavorarono i primi teorici della laicità dello Stato: [[Marsilio da Padova]] e [[Guglielmo d'Ockham]]. Il primo nel ''[[Defensor pacis]]'' teorizzava l'assoluta laicità dell'Imperatore, essendo il suo potere derivato dal popolo, inteso come la ''melior'' e ''sanior pars'' di esso. Per questo secondo lui gli stessi [[vescovi]] sarebbero dovuti essere eletti in assemblee popolari e la massima autorità religiosa avrebbe dovuto essere il [[concilio]], non il papa.