Giainismo: differenze tra le versioni

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== Dottrina ==
[[File:Birthplace of Mahavir (Originator of Jainism) & the Ashoka Pillar.jpg|thumb|[[Vaishali|Vaiśālī]], antica città situata nello stato di [[Bihar]], dove nel 599 a.C. nacque [[Mahavira|Mahāvīra]], il fondatore del [[giainismo]].|258x258px]]
La tradizione dogmatica distingue la dottrina del [[giainismo]] in sette verità fondamentali chiamate [[tattva]]: [[jīva]], la sostanza spirituale che costituisce le anime, ajīva, le sostanze inanimate, āśrava, l’afflusso della materia nell’anima, bandha, il legame dell’anima rispetto alla materia, saṃvara, l’arresto dell’afflusso di materia nell’anima, nirjarā, l’eliminazione della materia accumulata, mokṣa, la liberazione dal ciclo delle rinascite.
Il giainismo insegna che ogni singolo essere vivente, dal moscerino all'uomo, è un'anima eterna e indipendente, [[Responsabilità (filosofia)|responsabile dei propri atti]]. I giainisti ritengono che il loro credo insegni all'individuo come vivere, pensare e agire in modo tale da rispettare e onorare la natura spirituale di ogni essere vivente, al meglio delle proprie capacità.
 
L’afflusso della materia nell’anima è quello che è chiamato tradizionalmente [[Karma|karman]].
Dio è concepito come l'insieme dei tratti immutabili dell'anima pura, come Signore fra le anime poiché rappresenta l'[[onniscienza|infinita]] [[conoscenza]], [[percezione]], [[Coscienza (filosofia)|coscienza]] e [[felicità]] (''Ananta Gnana, Darshan, Chaitanya, e Sukh''). L'[[universo]] stesso è eterno, non avendo né inizio né fine (per questo motivo, si ritiene che il giainismo sia una via religiosa che non prevede il concetto di un [[dio creatore]]). Le figure principali sono i [[Tirthankara]]. Il giainismo ha due principali varianti: il [[digambara]] e il [[shvetambara]]. I fedeli credono in principi quali l'[[ahimsa]], l'[[ascetismo]], il [[karma]], il [[saṃsāra]] e il [[jīva]]. Esistono molte scritture sacre redatte in un periodo di tempo molto lungo. Molti seguaci ritengono che il testo religioso principale sia il ''Tattvartha sutra'', o ''Libro delle realtà'', scritto dal monaco e intellettuale [[Umasvati]] in un'epoca compresa tra il [[II secolo|II]] e il [[V secolo]] dell'era volgare.
 
Per i giainisti l’universo è eterno, senza inizio né fine ed increato: si compone di sei sostanze (dravya), o secondo la tradizione śvetāmbara cinque, di cui vi sono quelle senzienti, jīva, e quelle non senzienti, ajīva.
Predicando un'assoluta [[nonviolenza|non-violenza]], il giainismo prevede una forma estrema di [[vegetarianesimo]]: la dieta del fedele arriva a escludere anche molti vegetali e persino l'acqua viene filtrata al fine di non ingerire involontariamente piccoli organismi. È fatto divieto di mangiare, bere e viaggiare dopo il tramonto ed è invece necessario alzarsi prima dell'alba, poiché la luce del sole (e quindi del mondo) deve cogliere l'uomo sveglio e vigile.
 
Le anime, jīva, sono infinite ed eterne, sono mutevoli e incorporee, coscienti e prive di materia ma dotate di quattro perfezioni: darśana (vista), jñāna (conoscenza), sukha (felicità), vīrya (azione).
Con i suoi 8-10 milioni di fedeli, il giainismo è una delle più piccole fra le maggiori religioni mondiali. Vi sono 6000 monache e 2500 monaci, molti dei quali fanno riferimento alla corrente [[shvetambara|shvetambar]]. Malgrado il numero esiguo rispetto al totale della popolazione, in [[India]] i giainisti {{chiarire|si mettono in evidenza}} e molti di loro occupano posizioni importanti nel mondo degli affari e in quello della scienza. Godono anche di una certa importanza nella [[Cultura dell'India|cultura indiana]], avendo contribuito in modo significativo allo sviluppo della filosofia, dell'arte, dell'architettura, della scienza e della politica dell'intero paese (lo stesso [[Mahatma Gandhi|Gandhi]] ne risentì in qualche modo). Fra i templi (''derasar'') più belli e importanti vi sono il ''[[Dilwara]]'' presso il monte Abu e il ''Bhagwan Adinath derasar'', quest'ultimo di recente costruzione e situato nella città di [[Vataman]].
 
Le sostanze inanimate sono cinque (o quattro): spazio (ākāśa), moto (dharma), quiete (adharma) e materia (pudgala). Secondo la tradizione digambara anche il tempo (kāla) sarebbe una sostanza ma su questo punto c’è dibattitto all’interno della comunità e della tradizione.<ref>{{Cita libro|autore=Umasvati|titolo=Tattavrthasutra|anno=|editore=|città=|p=cap. 5|pp=|ISBN=}}</ref>
Il giainismo è molto praticato nella [[Punjab (regione)|regione del Punjab]], soprattutto nella città di [[Ludhiana]]. Vi erano molti giainisti anche nella città di [[Lahore]] (la capitale storica del Punjab), che poi, con la divisione fra India e [[Pakistan]] nel [[1947]], hanno preferito emigrare nella sezione indiana della regione.
 
Lo spazio è infinito e garantisce agli esseri un luogo: esiste uno spazio occupato e uno spazio (trans-cosmico) vuoto. Il primo è limitato nell’estensione, il secondo è invece infinito.
 
Con i termini dharma e adharma i giainisti indicano due sostanze del tutto particolari: sono di fatto i presupposti del movimento e della stasi. Per comprenderne il senso la tradizione fa l’esempio dell’acqua per i pesci: il pesce è in grado di nuotare per sua capacità propria ma non potrebbe farlo se non avesse il mezzo che garantisse la possibilità di esercitare questa sua capacità. L’acqua, che è il mezzo che garantisce al pesce la capacità di nuotare, è dharma. Stesso discorso vale per adharma, la quiete, la stasi. Non sarebbe possibile stare fermi se non ci fosse questa sostanza: come l’ombra di un albero garantisce la possibilità di riposo e ristori nelle giornate assolate, così adharma garantisce la possibilità di stare fermi.
 
La materia è invece costituita da atomi, micro particelle indivisibili (paramaṇu) che si aggregano insieme in composti denominati skandha generando i vari fenomeni del mondo empirico.
 
È la materia a determinare per le anime un corpo e le passioni a questo collegate.
 
Per i giainisti non c’è dunque distinzione tra essere e divenire perché la realtà coincide con ciò che esiste e si manifesta. Tutto questo è però soggetto alla legge del mutamento (pariṇāma). Il giainismo vede dunque come prospettive estremiste quelle del [[Vedānta]], che nega valore di verità alla manifestazione del reale, rifugiandosi in un monismo assoluto, e quella del [[Buddhismo|buddismo]] che invece nega la sussistenza di elementi reali nella manifestazione giudicando tutto illusione.
 
La materia dunque si unisce all’anima determinandone una serie di conseguenze, in particolare un offuscamento delle possibilità e della capacità conoscitive. Il corpo fisico è solo uno degli “strati” di materia che si agganciano all’anima. Esistono diversi corpi tra i quali in particolare il corpo karmico che muta continuamente a causa dell’attrazione di particelle di materia da parte dell’anima a causa del desiderio e delle passioni.
 
L’azione (yoga) è la causa dell’afflusso di [[Karma|karman]] che impedisce la corretta visione delle cose, offusca l’intuizione e la percezione, rende sensibili al dolore e alla gioia (sensazione), confonde la retta fede e turba la retta condotta, determina le nascite future, condiziona le qualità fisiche e psichiche del futuro corpo, stabilisce il futuro status sociale ([[casta]], lignaggio, famiglia, etc.) e causa impedimenti di varia natura all’anima.
 
L’anima è dunque schiava del karman, che in quanto sostanza è eterna e generato da cinque cause: errate convinzioni (mithyādarśana), inosservanza (avirati), negligenza (pramāda), passioni (kaṣāya), azione (yoga).
 
Il primo passo è dunque bloccare il nuovo afflusso karmico attraverso la pratica delle rinunce o austerità: quindi è possibile eliminare il karma (nirjarā) e a quel punto l’anima otterrà la liberazione (mokṣa).
 
L’anima liberata è onnisciente (kevalin) e possiede le tre gemme (raffigurate nei tre punti nel simbolo giainista): retta fede (samyagdarśana), retta conoscenza (samyag-jñāna) e retta condotta (samyag-cāritra).
 
Esistono quattordici livelli di sviluppo spirituali denominati guṇasthāna che l’anima percorre da una condizione di totale assoggettamento alle passioni fino all’onniscienza e alla liberazione.
 
L’etica giainista prescrive dunque una vita di totale rinuncia e privazione: l’astensione da ogni forma di azione conduce alla liberazione dal karma che dall’azione è generato.
 
Per eliminare il karma accumulato bisogna poi far maturare questo frutto attraverso la pratica ascetica: viene usato dai giainisti il termine tapas che in sanscrito significa calore. Vengono denominate tapas una serie di pratiche e di austerità che permettono di liberarsi dal karman accumulato.
 
Predicando un'assoluta [[nonviolenza|non-violenza]], il giainismo prevede una forma estrema di [[vegetarianesimo]]: la dieta del fedele arriva a escludere anche molti vegetali e persino l'acqua viene filtrata al fine di non ingerire involontariamente piccoli organismi. È fatto divieto di mangiare, bere e viaggiare dopo il tramonto ed è invece necessario alzarsi prima dell'alba, poiché la luce del sole (e quindi del mondo) deve cogliere l'uomo sveglio e vigile.
 
A questo punto è possibile praticare il cosiddetto saṃlekhana<ref>{{Cita web|url=https://en.wikipedia.org/wiki/Sallekhana|titolo=Sallekhana}}</ref> ossia la morte per inedia: il monaco rinuncia addirittura all’alimentazione. e piano piano muore ottenendo così la liberazione dal ciclo delle rinascite e accedendo alla dimensione dell’onniscienza e della liberazione.<ref>Secondo testimonianze storiche l'imperatore [[Chandragupta Maurya|Candragupta Maurya]] praticò questa morte per inedia salendo sul monte [[Chandragiri]] in [[Karnataka]] ([[Sallekhana#CITEREFTukol1976|Tukol 1976]], p. 19–20).</ref>
 
L’anima sale verso le regioni superne del cosmo e vive in comunione con le altre anime nella condizione di conoscenza e perfezione assoluta.
 
== Digambara e Śvetāmbara ==