Descolarizzazione: differenze tra le versioni

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{{S|educazione|società}}
{{P|c'è solo la visione di Ivan Illich, necessariamente da ampliare|istruzione|marzo 2011}}
La '''descolarizzazione''' è una teoria educativa nata negli anni Settanta sulla scia dei movimenti di contestazione ecologisti e studenteschi . Il termine viene utilizzato per la prima volta da [[Ivan Illich]], in un seminario di studi tenutosi al CIDOC (centro di documentazione messsicano) e proposto da Everett Reimer. Diviene un concetto noto soprattutto grazie ai due testi "La scuola é morta" e "Descolarizzare la societá" entrambi pubblicati nel 1971. Anche [[John Caldwell Holt|John Holt]], considerato il fondatore dei movimenti [[Homeschooling|Homschooling]] e Unschooling ebbe modo di partecipare ai seminari e nel suo testo "''Freedom and Beyond"'' si considera un descolarizzatore.
 
Nel contesto italiano la teoría dei descolarizzatori venne associata negli anni Settanta ai movimenti anarchici e in generale venne disprezzata per la sua visione educativa che rivendicava la non obbligatorietá dell'educazione e denunciava il potere esercitato dagli stati respetto ai cittadini attraverso la scuola<ref name=":0">{{Cita libro|autore=M. Esposito|titolo=Ivan Illich; l'implicito pedagogico. La filosofia del limite come modello di educazione ambientale|anno=2015|editore=|città=|p=145|pp=45-46|ISBN=}}</ref>. Attualmente questa teoria non è molto conosciuta nell'ambito della pedagogia accademica, soprattutto perchè a partire dagli anni Ottanta è quasi scomparsa dai manuali per l'educazione dei maestri<ref name=":0" />. Quei pochi riferimenti che si possono ritrovare si muovono da considerazioni più negative, ovvero che vedono la riflessione del filosofo come il momento di negazione della scuola<ref>{{Cita libro|autore=Franco Cambi|titolo=Manuale di storia della pedagogia|anno=2003|editore=Laterza|città=Bari|p=|pp=359-361|ISBN=}}</ref> a posizioni più positive, che le giudicano posizioni che aprono strade inedite in contesti educativi<ref>{{Cita libro|autore=V. Caporale|titolo=Educazione, scuola, società nella descolarizzazione. Storia e problemi|anno=1983|editore=Cacucci Editore|città=Bari|p=10|pp=|ISBN=}}</ref>, valorizzandone ora gli aspetti innovativi nella teoria pedagogia<ref>{{Cita libro|autore=F. Frabboni, F. P. Minerva|titolo=Introduzione alla pedagogia generale|anno=2006|editore=Laterza|città=Roma-Bari|p=174|pp=|ISBN=}}</ref>, ora gli aspetti critici della trasformazione politica<ref>{{Cita libro|autore=F.Cambi|titolo=Il ’68: una rivoluzione culturale tra pedagogia e scuola|anno=2011|editore=Edizioni Unicopoli|città=Milano|p=29|pp=|ISBN=}}</ref>.
 
Negli anni Settanta, i saggi di Illich sulla descolarizzazione vengono diffusi in Italia soprattutto grazie alle più importanti riviste cattoliche: ''Testimonianze'' e ''La civiltà cattolica''. Alcuni di questi sono oggi disponibili in ''Descolarizzare , e poi?''<ref name=":1">{{Cita libro|autore=A.A.V.V.|titolo=Descolarizzare, e poi?, contro l’ abuso conservatore del concetto di descolarizzazione|anno=1973|editore=Emme Edizioni|città=Milano|p=|pp=|ISBN=}}</ref>, dove compaiono anche i contributi degli americani N. Postman, H. Gintis. Il testo di Everett Reimer viene pubblicato una sola volta nel '73, mentre i testi di John Holt che hanno larghissima diffusione in America restarono sconosciuti ai piú nella penisola.
 
Ai descolarizzatori si richiamano anche le diverse iniziative dei movimenti di base della scuola, impegnati in quegli anni nella lotta per l'istituto delle 150 ore<ref name=":0" />.
 
==La proposta dei ''descolarizzatori''==
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== La Descolarizzazione secondo Ivan Illich ==
Nel suo libro ''[[Descolarizzare la società]]'' ([[1971]]) e in altri saggi [[Ivan Illich|Illich]] propone questauna soluzione educativa alternativa alla scuola statale obbligatoria mosso fondamentalmente dalla sfiducia nel fatto che l'istituzione scolastica, per come si è evoluta negli ultimi secoli, sia adatta a soddisfare al meglio l'educazione dei più.
 
La scuola, specie quella [[Scuola professionale|professionale]], secondo Illich ricade infatti nell'ambito delle istituzioni ''manipolatorie'' e non ''conviviali'', ovvero è una ''forma di manipolazione del mercato''<ref name="abolizione2">{{Cita|Illich|Cap. ''Perché dobbiamo abolire l'istituzione scolastica''|Descolarizzare}}</ref> che ha come scopo la formazione di individui adatti ed utili alla produzione industriale.
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Reimer ha una posizione terzomondista, a uso avviso i paesi sud-americani non avrebbero potuto costruire scuole per tutti i loro fanciulli se non al prezzo della perdita della libertà politica. Attraverso i suoi studi arriva alla constatazione, supportata da dati statistici e riflessioni sociologiche, che la scuola non consente un reale miglioramento delle condizioni sociali delle classi svantaggiate<ref>{{Cita web|url=http://rcsdigital.homestead.com/files/Vol_III_Nm_1_1959/Reimer.pdf|titolo=E. Reimer, La demanda de recursos humanos y educación en Puerto Rico, 1957}}</ref>.
 
La scuola, secondo Reimer, è complice indi una propaganda per il progresso, irraggiungibile nei termini espressi dalle politiche liberali. Come per Illich, anche secondo lo statunitense le proiezioni sui consumi non sono sostenibili, la tecnologia non supporta il lavoro umano e la scuola allontana dalla vita sociale. Il principale ostacolo alla consapevolezza, sperimentato anche in prima persona come studioso, è la supposizione che il fine pubblico della scuola sia l‟educazionel'educazione. Al contrario le distinte funzioni sociali che essa svolge sono: custodia, selezione finalizzata all‟assunzioneall'assunzione di ruoli sociali, indottrinamento, sviluppo delle abilità e delle conoscenze supposte come universali. L‟assistenzaL'assistenza ai fanciulli è prioritaria nelle risorse destinate alla scuola, le altre funzioni devono lottare fra loro per ottenere ciascuna quanto più possibile di quel che resta. Il conflitto che nasce tra queste funzioni rende la scuola inefficiente dal punto di vista educativo. Reimer ammette che se non ci fossero le scuole l'assistenza ai fanciulli ricadrebbe esclusivamente sulle madri, quindi, la scuola ha avuto almeno lo scopo di contribuire alla liberazione della donna moderna, ma solo al prezzo di ''imprigionare i suoi figli e costringendo lei e il marito a lavorare ancora di più, per guadagnare il denaro occorrente a mantenere il sistema scolastico''<ref>{{Cita libro|autore=E. Reimer|titolo=La scuola é morta|anno=1973.|editore=Armando|città=Roma|p=|pp=30-31|ISBN=}}</ref>
 
==Note==