Lista Nazionale: differenze tra le versioni
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== Storia ==
Il [[Duce]] in un discorso tenuto il 28 gennaio del [[1924]] dal balcone [[Roma|romano]] di [[Palazzo Venezia]] affermò la propria volontà di combattere il [[Partito Socialista Italiano]] (PSI)
{{Citazione|Sono invitati a entrare in una grande lista elettorale tutti quegli uomini del popolarismo, del liberalismo e delle frazioni della democrazia sociale, disposti a collaborare con una maggioranza fascista.|[[Benito Mussolini]]}}
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L'adesione al ''Listone'' doveva quindi essere a titolo puramente personale, allo scopo di superare i vecchi gruppi e partiti politici (fatta eccezione ovviamente per quello fascista).
Oltre al [[Partito Nazionale Fascista]] (PNF) che l'anno prima aveva incorporato l'[[Associazione Nazionalista Italiana]], entrarono nel ''Listone'' la maggioranza degli esponenti liberali e democratici (tra cui [[Vittorio Emanuele Orlando]], [[Antonio Salandra]], [[Enrico De Nicola]], che però ritirò la sua candidatura prima delle elezioni), ex popolari espulsi dal [[Partito Popolare Italiano (1919)|partito]], demosociali e [[Partito Sardo d'Azione|sardisti]] filofascisti, e numerose personalità della destra italiana: ciò diede la certezza che il ''Listone'' sarebbe sicuramente risultato il primo partito, superando il 25% dei voti utile
Altri liberali e demosociali, filogovernativi ma contrari all'adesione individuale al ''Listone'', presentarono liste "autonome", tra cui una capeggiata da [[Giovanni Giolitti]].
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Inoltre i fascisti, sicuri di conquistare la maggioranza dei 2/3 dei seggi previsti dalla legge elettorale, allo scopo di diminuire ulteriormente il numero dei seggi riservati alle minoranze, presentarono in varie circoscrizioni ([[Lombardia]], [[Toscana]], [[Lazio]] e [[Umbria]], [[Abruzzo|Abruzzi]] e [[Molise]], [[Puglia|Puglie]]), oltre alla lista ufficiale, un'altra lista fascista fiancheggiatrice, detta comunemente ''Lista nazionale bis'', formata dai più estremisti fra gli iscritti al partito e contrari alla collaborazione con la destra moderata.
Alle elezioni il ''Listone'' (che aveva come simbolo il ''fascio littorio'') ottenne il 60,1% dei voti e 356 deputati (poi ridotti a 355 per la morte di [[Giuseppe De Nava]], non sostituito);
Le consultazioni si svolsero in un clima di violenza
Con un veemente discorso alla Camera, il 3 gennaio del [[1925]] Mussolini, pressato tre giorni prima da trentatré comandanti di legione della [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale]] (il cosiddetto "pronunciamento dei consoli")<ref>Renzo De Felice, Mussolini il fascista, I, ''La conquista del potere. 1921-1925'', Torino, Einaudi, 1966, p. 714.</ref>, si assunse «la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto»<ref>Dal discorso alla Camera del 3 gennaio 1925.</ref> e poco dopo progettò di sciogliere tutti i partiti politici, tranne il PNF.
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