Utente:Paolomacina/Sandbox: differenze tra le versioni

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Il 26 ottobre 1957, la figlia Flavia – che non aveva ancora compiuto sei mesi – si ammalò d’influenza “asiatica” con febbri fortissime e sviluppò una gravissima encefalite virale, seguita da coma. Grazie alla sua determinazione la bambina si riprese, anche se i danni al cervello furono gravissimi. A sei anni provò a iscrivere la bambina a scuola, ma tutti la rifiutarono. Le uniche ad accettarla furono le scuole private o le scuole speciali ma lì i bambini venivano sovente abbandonati a loro stessi, e non miglioravano. Mirella Casale iniziò così una battaglia decennale per dare la possibilità di inserire i bambini con disabilità nelle classi dei cosiddetti "normali".
 
Socia dell’[[Anffas Onlus|ANFFAS Onlus]] (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intelletiva e/o Relazionale) sin dal 1964, diventa presidente della sezione torinese nel 1967. Insieme all'associazione inizia una lotta con volantini, manifestazioni, proteste. Si batte contro le scuole differenziali che confondono disabilità e disagio, riesce a far chiudere un istituto psichiatrico dove i bambini con handicap vengono segregati, apre un centro diurno che inizia la sperimentazione per far studiare i ragazzi disabili, avvicina numerosi esponenti politici esponendo le sue teorie inclusive <ref>http://http://www.fctp.it/movie_item.php?id=3708&type=1</ref>.
 
Con la nascita del movimento rivoluzionario del ’68 si cercano nuovi metodi, nuovi ordinamenti e, con l'introduzione degli organi collegiali, di attuare quanto viene sancito dalla Costituzione all’articolo 34, "La scuola è aperta a tutti" e all’articolo 38, “Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale”. Molto impatto sulla popolazione ha la pubblicazione nel 1967, da parte di Don [[Lorenzo Milani]], del libro “Lettera ad una professoressa”. Lo slogan era che occorresse passare da “una scuola di Pierino” ad “una scuola di tutti”. Un analogo movimento, guidato dallo psichiatra veneto [[Franco Basaglia]], teorizzava la chiusura dei manicomi, ritenuti anch’essi ghetti per emarginati, cosa che infatti avvenne successivamente. Un altro portò alla chiusura degli orfanotrofi in favore delle comunità protette per minori.