Teatro romano di Catania: differenze tra le versioni

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Il teatro di epoca greca venne dunque restaurato nel corso del [[I secolo]], probabilmente a seguito dell'elezione a colonia romana di Catania, avvenuta ad opera di [[Augusto]]. A questo periodo appartengono un rifacimento della cortina quadrangolare con la sostituzione dei blocchi in arenaria mancanti con conci lavici squadrati, l'aggiunta della scena e le gradinate più antiche dell'edificio<ref name= Branciforti/>.
 
Nel corso del [[II secolo]], forse a seguito di finanziamenti ottenuti da [[Publio Elio Traiano Adriano|Adriano]], assistiamo a un progressivo processo di monumentalizzazione dell'area che coinvolge anche le vicine [[Terme della Rotonda|strutture termali]] e numerosi edifici cittadini (tra cui anche l'[[Anfiteatro di Catania|anfiteatro]]). A questo periodo risale il plinto conservato nel [[museo civico al Castello Ursino]], in cui è rappresentata una vittoria che incorona un trofeo su un lato e dei barbari resi schiavi a lato; tale plinto potrebbe rappresentare una vittoria sui [[Germani]] di [[Marco Aurelio]] o di [[Commodo]]<ref>AA.VV., ''Il Museo Civico a Castello Ursino – Introduzione al nuovo ordinamento'', [[Catania]] 2000, p. 23.</ref><ref> Antonino Scifo (a cura di), ''Catania Urbs Clarissima - 728 a.C.-1693'', edizioni Sémata, [[Enna]] 2003, p.34.</ref>. Le tracce della monumentalizzazione si notano anche nell'assunzione di una pianta emiciclica dell'edificio, la realizzazione di un proscenio decorato da lussuosi marmi, l'ampliamento della scena e la realizzazione di due massicce torri laterali, atte a ospitare le scale d'accesso ai diversi piani dell'edificio<ref name= Branciforti/>. La struttura si dota in questo periodo di numerosissimi elementi architettonici, tra fregi, statue, bassorilievi e colonne, in passato spesso trafugati o raccolti ed usati come materiale da costruzione per gli edifici della città barocca, {{cn|come ad esempio per la facciata della [[Cattedrale di Sant'Agata]]}}.
 
Caduto in declino e abbandonato nel corso del [[VI secolo|VI]] e del [[VII secolo]] come per molti altri edifici monumentali di età classica<ref>Già nel [[V secolo]] [[Teodorico il Grande|Teodorico]] autorizzò i catanesi all'uso dell'anfiteatro per ricavarne materiale da costruzione; cfr. R. Soraci, ''Catania in età tardoantica'', «Quaderni catanesi di Cultura classica e medioevale» 3, 1991, pp. 269-270.</ref>, venne presto sfruttato per ricavarne modeste abitazioni già dall'[[Alto Medioevo]]. L'area dell'orchestra fu interessata da una macelleria bovina, mentre lentamente e inesorabilmente le strutture venivano intaccate e scavate per ricavarne nuovi edifici.
 
=== Quartiere Grotte ===
[[File:Archi di via Grotte.JPG|thumb|Archeggiato di sostegno della settecentesca via Grotte.]]
 
Caduto in declino e abbandonato nel corso del [[VI secolo|VI]] e del [[VII secolo]] come per molti altri edifici monumentali di età classica<ref>Già nel [[V secolo]] [[Teodorico il Grande|Teodorico]] autorizzò i catanesi all'uso dell'anfiteatro per ricavarne materiale da costruzione; cfr. R. Soraci, ''Catania in età tardoantica'', «Quaderni catanesi di Cultura classica e medioevale» 3, 1991, pp. 269-270.</ref>, venne presto sfruttato per ricavarne modeste abitazioni già dall'[[Alto Medioevo]]. L'area dell'orchestra fu interessata da una macelleria bovina, mentre lentamente e inesorabilmente le strutture venivano intaccate e scavate per ricavarne nuovi edifici.
 
Nonostante le dure manipolazioni nel corso dei secoli, tra cui l'aggiunta nel [[XVI secolo]] di piccole stradelle che tagliavano il monumento da parte a parte, l'emiciclo dell'ultimo ambulacro era perfettamente leggibile dall'esterno e tale veniva riprodotto dai cartografi [[XVI secolo|cinque]] e [[XVII secolo|secenteschi]]. Il [[terremoto del Val di Noto del 1693]] rovinò molte abitazioni che erano nate sulla cavea, le cui macerie vennero sfruttate per realizzare le fondamenta di nuove abitazioni. Nel [[XVIII secolo]] viene eretta la ''via Grotte'', i cui archeggiati sono ancora visibili a testimonianza della sua esistenza, che tagliava in senso sud-nord l'edificio, mettendo in comunicazione la strada del corso (oggi via Vittorio Emanuele II) con lo spiazzo alle spalle del teatro. La strada, come si nota da alcune fotografie precedenti al suo abbattimento, era in comunicazione con alcune stradelle minori e persino una piazza, ricavate sulla cavea tra il XVIII e il [[XIX secolo]].
 
=== Monumento archeologico ===
 
Sul finire del XIX secolo il proprietario del palazzo che si addossa all'adiacente odeon, il barone Sigona di Villermosa, fece abbattere l'ultimo fornice per ampliare il suo immobile. Questo increscioso avvenimento mobilitò la Soprintendenza alle Antichità per la Sicilia Orientale, all'epoca diretta da [[Paolo Orsi]], che adottò il pugno duro nei confronti di chi abitava sopra i due teatri e avviò una campagna di esproprio e liberazione delle antiche strutture mai del tutto completata. Da un primo sgombero della fine dell'Ottocento che interessò quasi esclusivamente l'odeon, si riprese solo negli [[anni 1950|anni cinquanta]] del [[XX secolo]] in misura massiccia l'opera di sgombero, interrotta dopo una ventina d'anni. Una campagna di scavo venne condotta nei primissimi [[anni 1980|anni ottanta]] che restituì nel [[1981]] l'ingresso orientale degli attori, costituito da una scaletta e un accesso trabeato, realizzato in grossi blocchi di [[pietra lavica]].