Lingua franca: differenze tra le versioni

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'''Pidgin caraibico e creolo''':
creolo di Guinea-Bissau
tok pisin<br />
 
In epoche passate, furono lingue franche, almeno per l'[[Europa occidentale]] ed alcune zone rivierasche del [[Mar Mediterraneo]], il [[lingua greca antica|greco antico]] (per i commerci e le scienze), il [[Lingua latina|latino]] (diffusosi con l'espansione dell'[[Impero romano]]), il [[lingua ligure|ligure]], di cui si sa che anche i mercanti stranieri facevano uso, un dialetto derivato soprattutto dal [[dialetto veneziano|veneziano]] e parlato nel [[Medioevo]] in tutti i porti del Medio Oriente e il [[lingua francese|francese]] (a partire dal [[XVI secolo]]). Nell'Europa centro-orientale il tedesco costituì a lungo un'importante lingua franca (tanto da mantenervi tuttora il ruolo di seconda lingua straniera più studiata) così come il [[Lingua russa|russo]] era insegnato come materia obbligatoria in tutte le scuole del blocco orientale durante gli anni del comunismo. In aree del [[Medio Oriente]], l'[[lingua aramaica|aramaico]] fu lingua franca dell'[[Assiria|Impero assiro]], di quello [[persia]]no e delle aree circostanti.
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=== Il persiano, l'aramaico e la lingua araba ===
La [[lingua persiana]] è un esempio importante di lingua franca divenuta tale grazie alle conquiste, sebbene abbia raggiunto questo status in un periodo successivo alla fondazione dell'impero. Inoltre, l'essere una lingua madre diffusa in stati multinazionali non l'ha resa automaticamente una lingua franca.
 
L'[[Elam]], ovvero la parte di terra iraniana agli sbocchi di Tigri ed Eufrate, fu invasa dai persiani durante il primo millennio a.C. Gli elamiti offrivano servizi di scrittura ai persiani, ed in questo contesto non fu l'elamitico ad evolversi in una lingua franca, in quanto i persiani si limitarono a sfruttare le capacità degli elamiti “bilingui” senza sforzarsi di impararne il linguaggio.
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L'espansione dei rapporti politico-commerciali favorì la diffusione di alcune tra le lingue più importanti, tra cui il francese, l'arabo ed il greco, nonché i dialetti italiani delle [[repubbliche marinare]]. Questi incontri hanno generato ''mescolanze linguistiche'' (''[[pidgin]]'') utilizzate dagli alloglotti meno altolocati della società, ma anche passaggi di lessemi dal greco e arabo alle lingue romanze, che sono comunque riconducibili ad un periodo precedente all'esistenza della lingua franca.
 
Le testimonianze che ci sono rimaste - molto ripetitive, evidentemente a causa delle conversazioni monotematiche - sono quasi sempre attribuite a parlanti turchi o arabi: questo lascia intuire che in verità si tratti di parodie linguistiche perpetrate da alloglotti.
 
Alcuni dei tratti linguistici che ricorrono sono:
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Lo studio dei documenti ha rivelato che le varietà dialettali italiane hanno circolato per diversi motivi, tutti legati al commercio: i prigionieri, le persone inviate a liberarli, gli equipaggi delle navi mercantili, i redattori e traduttori degli atti (si presume che i mercanti [[sefarditi]] livornesi abbiano svolto un ruolo di intermediazione). Questo spiega perché l'italiano sia diventato una lingua target per molti alloglotti, i quali avevano comunque necessità molto basilari.
 
Gli usi dell'italiano non si limitano al settore commerciale. Nel '500, l'area centro-settentrionale italiana era una delle più ricche d'Europa in termini di cultura, letteratura, musica: la lingua italiana si diffonde quindi come mezzo di comunicazione tra i parlanti europei più altolocati, quasi al pari col francese, proprio per la sua "musicalità".
 
La diffusione dell'italiano proseguì fino al Settecento come lingua della corrispondenza diplomatica tra occidentali di diverse nazioni, nonché come forma di contatto diplomatico tra la [[Sublime porta]] e l'Europa. Degna di nota è la presenza dell'italiano - in assenza di italiani - nella diplomazia internazionale, da considerare possibile non solo grazie alle attività delle città marinare nel Mediterraneo, ma anche all'assorbimento di una quota importante di giovani greci che il patriziato manda dalla Turchia a studiare in Occidente. Al ritorno, questi sono in grado di produrre testi elaborati, di natura commerciale e diplomatica.<ref>{{Cita|Bruni|pp. 178-180}}</ref> Tra i documenti internazionali redatti anche in lingua italiana, ricordiamo:
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=== L'inglese nelle ex-colonie ===
Se consideriamo l'inglese come lingua di commercio e colonizzazione della Gran Bretagna, è possibile trovare diversi esempi che mostrano come questo mezzo non sia sempre visto di buon occhio. Questi Paesi sono distribuiti tutt'intorno all'Oceano Indiano: [[Malesia]] ad est, [[Sri Lanka]] al centro e [[Tanzania]] ad ovest. Essendo state colonie inglesi, e dunque avendo subìto un largo uso dell'inglese, questi Paesi hanno finito per rigettarlo e promuovere le proprie L1. In sostanza, l'inglese fatica a mantenere un contatto con queste ex colonie, in quanto la volontà di un'identità propria spinge al rafforzamento delle lingue madri a suo discapito.
 
Situazione differente si trova invece in alcuni Paesi più piccoli, o vicini ai tre precedenti: [[Brunei]], [[India]], [[Zambia]], [[Malawi]], [[Uganda]] e [[Kenya]]. Questi hanno visto nell'inglese l'opportunità sia di avere accesso al più ampio mercato mondiale, sia di avere un mezzo di comunicazione comune per le tante comunità diverse che li abitano.<ref name="Cita|Ostler|pp. 13-14">{{Cita|Ostler|pp. 13-14}}</ref>
 
==== Malesia ====
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==== Tanzania ====
In Tanzania la lingua franca principalmente diffusa era lo swahili, rinforzato anche dall'impegno dei missionari europei nelle scuole, e portato avanti fino alla conquista degli inglesi nel 1918. Nel periodo dal 1961 al 1964, con l'ottenimento dell'indipendenza, lo [[Lingua swahili|swahili]] è stato prepotentemente reintegrato al posto dell'inglese, mettendo d'accordo tutte le piccole comunità del Paese (nessuna delle quali è più o meno potente delle altre).<ref>{{ name="Cita|Ostler|pp. 13-14}}<"/ref>
 
==== Brunei ====
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L'impressione che si ha analizzando la diffusione delle lingue nel mondo - eccetto l'inglese - è che esse siano presenti in aree “regionali”, risultando quindi più funzionali su scala continentale che globale. Il malese, per esempio, ha un numero di parlanti totale piuttosto alto, ma rimane concentrato in un'area geograficamente compatta (arcipelago del sud-est Asia).<ref>{{Cita|Ostler|p. 232}}</ref>
 
Uno dei fattori che storicamente ha funzionato come mezzo divulgativo della lingua è la migrazione massiva da un Paese all'altro, o per la formazione di insediamenti coloniali, o per motivi commerciali, o per la presenza di guerre da cui fuggire. Nei tempi in cui gli imperi venivano fondati sulla guerra e sulla colonizzazione attiva, si mirava a spostarsi permanentemente nelle aree conquistate (per esempio come fecero gli spagnoli in [[America Latina]], ed i portoghesi in [[Brasile]]). Eppure, dalla prima metà del 20°XX secolo si è verificato un flusso di migrazioni inverse: coloro che si erano precedentemente spostati per cercare condizioni di vita migliori, invece di rimanere, hanno deciso di tornare al proprio Paese di origine. Ovviamente questo non aiuta la diffusione della lingua, che anzi perde ogni contatto nel Paese estero.
 
Esistono anche casi più disperati, ovvero spostamenti di massa dai Paesi del terzo mondo verso l'Europa e il Nord America dovuti a condizioni di vita disagiate e guerre civili. Con la speranza di riuscire a costruirsi un futuro migliore, milioni di persone si sono spostate, creando delle comunità di parlanti di lingue straniere all'interno dei Paesi ospitanti. Alcuni tra gli esempi più famosi sono le comunità di parlanti arabi in Francia ed Olanda, turchi in Germania, persiani in Russia e Germania. Sebbene questo fattore possa influire positivamente nello sviluppo di una lingua come LF nel Paese ospitante, ciò non accade per diverse ragioni. Dato che queste lingue vengono usate come L1 all'interno delle comunità, esse vengono socialmente considerate al pari di forme dialettali e dunque di nessuna utilità economico-culturale per il resto della società.
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La [[Unicode|codifica Unicode]] rende possibile dal 1991 la scrittura di moltissimi tipi di caratteri, sia di alfabeti diversi, sia simboli matematici, chimici, cartografici, ecc. Unicode è divenuto uno standard per la scrittura di testi multilinguistici, ed è tuttora in continua evoluzione.
 
Se fino a non molti anni fa le traduzioni da una lingua all'altra potevano essere effettuate solo consultando dizionari, o al massimo specializzandosi frequentando scuole per interpreti, l'introduzione della [[Traduzione automatica|MT]] (“traduzione automatica”, dall'inglese “machine translation”) ha fornito un primo strumento informatizzato più veloce ma meno preciso. Anche oggi, sebbene questi strumenti siano in continuo perfezionamento e forniscano la possibilità di fare traduzioni tra molte coppie di lingue, possono difficilmente sostituire le traduzioni eseguite da esseri umani. Il problema sta nel fatto che la MT viene approcciata da un punto di vista monolinguistico, ovvero si tenta di tradurre qualunque linguaggio straniero nella lingua desiderata. Anche la lingua franca è basata su questo, ed è una pratica ed efficace soluzione. Invece, la MT ha fallito nel raggiungere un risultato reputabile consistente ed affidabile, qualcosa di cui l'utilizzatore può essere soddisfatto.
 
Ovviamente, col passare del tempo, l'evoluzione tecnologica del linguaggio porta a spostare sempre più in là i limiti che un tempo sarebbero sembrati invalicabili. Infatti, una volta capito che una traduzione eseguita sul modello MT non porta a risultati soddisfacenti, ci si è concentrati sulla possibilità di “insegnare” ad un [[traduttore automatico]] sulla base di esperienze, fornitegli in input. Questi procedimenti di ''automatic processing'' vengono eseguiti sui [[corpus]] (ma anche su discorsi registrati, ed in tal caso è necessario uno strumento di [[Riconoscimento vocale|speech recognition]]), ovvero un largo quantitativo di testo che vengono forniti in modo da essere trattabili in un'analisi digitale. Da questi file è quindi possibile trarre indici, glossari, sinonimi e contrari, che possono fare da base per veri e propri dizionari. È anche possibile derivare modelli statistici del linguaggio, nonché modelli di equivalenza tra linguaggi.
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