Ducato di Gaeta: differenze tra le versioni

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Di conseguenza il [[papa Giovanni X]] si adoperò per riunire i nobili cristiani in una nuova lega, con l'intento di scacciare i Saraceni dalla loro roccaforte. I primi tentativi fallirono, nel [[903]] e nel [[908]], a causa del mancato fondamentale apporto di Gaeta e Napoli; intanto con le razzie ed i saccheggi la colonia cresceva.
Nel [[915]] si costituì finalmente una lega cristiana, formata dal Papa e da principi del Sud Italia, sia [[longobardi]] che [[bizantini]], come [[Atenolfo II di Benevento]] e suo fratello [[Landolfo I di Benevento|Landolfo I]], [[Guaimario II di Salerno]], [[Gregorio IV di Napoli]] e suo figlio [[Giovanni II di Napoli|Giovanni]], [[Giovanni I di Gaeta]] e suo figlio [[Docibile II di Gaeta|Docibile II]].
Rispose all'appello del Papa anche il [[marchese]] del [[Friuli]] [[Berengario del Friuli|Berengario]], a quel tempo [[Re d'Italia]], che inviò delle forze di supporto da [[Spoleto]] e dalle [[Marche]], guidate da [[Alberico I di Spoleto|Alberico I]], [[Duchi di Spoleto|duca di Spoleto e Camerino]] suo protospatario. L'[[Impero romano d'Oriente]] contribuì inviando un forte contingente dalla [[Calabria]] e dalla [[Puglia]] sotto lo ''[[strategos]]'' di [[Bari]] [[Niccolò Picingli]]. Giovanni X in persona guidava le sue truppe provenienti dal Lazio e dalla [[Toscana]].
 
Furono stabiliti gli accordi per la strategia da seguire in battaglia e per le successive spartizioni e si procedette al giuramento santo; "''Noi vi promettiamo di non aver mai pace con essi''", - i Saraceni, - "''finché non li abbiamo sterminati da tutta Italia. Di nuovo promettiamo a voi tutti soprascritti per Cristo Signore e pei meriti dei Santi e per tutti i sacramenti della fede che con tutte le forze e in ogni modo noi combatteremo i Saraceni e cercheremo di sterminarli e che d'ora innanzi non abbiamo e non avremo pace con essi in alcun modo''".
 
Le prime azioni di guerra avvennero nel Lazio settentrionale, dove una piccola squadra di saccheggiatori fu intercettata e distrutta. I cristiani ottennero una serie di vittorie come a [[Campo Baccano]], sulla [[Via Cassia]], e presso [[Tivoli]] e [[Vicovaro]]. Dopo queste sconfitte i [[musulmani]] si ritirarono a Traetto, la loro roccaforte principale sul Garigliano: questo infatti era un insediamento fortificato (''[[ribāṭ]]'') di cui non è ancora certa l'esatta posizione. L'assedio iniziò nel giugno [[915]].
L'esercito della Lega Cristiana, al comando di Giovanni X e di Alberico, marchese di Camerino e duca di Spoleto, scese verso il Garigliano accampandosi sulla riva destra del fiume stringendo i Saraceni il cui capo pare rispondesse al nome di Alliku<ref>Cf.Chronicon comitum Capuae in Mon.Germ.hist.Script. III,208</ref>, in una tenaglia, mentre la flotta bizantina di [[Niccolò Picingli]], fiancheggiata, com'è probabile, dalle navi di Napoli, di Gaeta e di Roma, sbarrava inesorabilmente la strada del mare.
La battaglia durò oltre tre mesi.
 
I Saraceni, fiaccati da mesi di duro accerchiamento ed assedio, dopo essere stati costretti alla fuga dal campo fortificato, al quale dettero fuoco in un ulteriore tentativo di sottrarsi al massacro, tentarono una disperata sortita ritirandosi e asserragliandosi sulle vicine colline. Qui resistettero a diversi attacchi di Alberico e Landolfo, finché finirono le riserve alimentari; resisi conto della situazione disperata, in agosto tentarono la fuga per raggiungere la costa e fuggire in [[Sicilia]]. Secondo le cronache furono tutti catturati e massacrati. Il covo dei Saraceni, rovina di tanta parte d'Italia, era definitivamente distrutto e la penisola italica compresa Roma era salva dal pericolo dell'invasione.
 
 
La battaglia del Garigliano ebbe esito positivo per la lega, i saraceni furono espulsi dal Lazio e dalla Campania, anche se le scorrerie navali continuarono per oltre un secolo.