Sito archeologico: differenze tra le versioni

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Un '''sito archeologico''' è un luogo (o un gruppo di luoghi) in cui si conservano tracce dell'attività umana del passato - sia [[preistorico]], [[storico]] o [[storia contemporanea|contemporaneo]] - e che è o è stato indagato attraverso l'impiego di [[archeologia|metodologie archeologiche]].
 
In origine il termine indicava un luogo di interesse per l'[[archeologia]], soprattutto di carattere monumentale visibile ad occhio nudo. In seguito, in particolare nel [[secondo dopoguerra]], grazie all'evoluzione delle tecniche di indagine archeologica come l'aerotopografia e la ricognizione vengono individuati nuovi siti invisibili in precedenza. Il significato del termine indica quindi una traccia di età umana di qualsiasi epoca o funzione<ref>La definizione è di [[Lewis Binford]], in un saggio pubblicato su ''American Antiquity'' nel [[1964]].</ref>.

Con l'avvento dell'[[archeologia processuale]] - la cosiddetta ''[[New Archaeology]]'' - si è tentato di adottare criteri quantitativi per definire un sito archeologico, ad esempio valutando la densità dei materiali di superficie. Tuttavia il rischio di ottenere risultati arbitrari ha portato nel tempo a non praticare questa tecnica o a valutare una densità relativa alla media locale.
 
La normativa italiana non prevede una definizione di sito archeologico, ma include tra i [[beni culturali]] oggetto di tutela tutte "le cose immobili (...) che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico" ({{Cita legge italiana|tipo=DLGS|anno=2004|mese=01|giorno=22|numero=42|articolo=10|titolo=[[Codice dei beni culturali e del paesaggio]], ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137}}).