Zen: differenze tra le versioni

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''Zen'' è la pronuncia nipponica del carattere cinese 禅. Nella manualistica occidentale questo carattere quando viene trascritto in caratteri latini per riportare la sua pronuncia cinese, seguendo il metodo [[pinyin]] viene indicato come ''Chán'' o in [[Wade-Giles]] ''Ch'an''. È da tenere presente, tuttavia, che ''Chán'' (e ''Ch'an'') (pronunciato [tʂʰǎn]) è la restituzione del carattere in [[Lingua cinese standard|cinese]], lingua ufficiale della [[Repubblica popolare cinese]], derivata a sua volta dal [[dialetto di Pechino]]. Tuttavia il carattere 禅 in [[cinese medio]] veniva, probabilmente, pronunciato come [d͡ʑiᴇn]. Ed è molto probabile che i maestri cinesi dei pellegrini giapponesi, nonché i missionari cinesi della scuola ''Chán'' giunti in Giappone intorno al XIII secolo, pronunciassero questo carattere in cinese medio, da qui la resa in giapponese di ''Zen''.
 
Questo termine è dunque un prestito linguistico dalla [[lingua cinese]] media, e fu utilizzato fin dalla prima introduzione del [[Buddhismo]] in [[Cina]] per rendere foneticamente il termine [[sanscrito]] ''[[Dhyana|dhyāna]]'' che nell'insegnamento del [[Buddha]] indicava i graduali stati di coscienza caratterizzati da profonda comprensione che scaturiscono dall'esercizio del ''[[samādhi]]'', ossia la concentrazione meditativa raggiunta con la [[meditazione buddhista|meditazione]] di calma ([[Samatha]], in giapponese ''shi'', "stare fermi") e anche con quella di [[consapevolezza]] ([[Vipassana]], in giapponese ''kan'', "contemplare"), da cui la "meditazione seduti" praticata nel chán/zen (ma anche nel [[buddhismo Tendai|Tendai]]), [[zhǐguān|shikan]]/shikantaza<ref>Zhìyǐ. Tóngméng Zhǐguān</ref>, definita poi, nelle scuole zen giapponesi, nella tipica postura dello [[zazen]].<ref>Watanabe Toshirō (渡邊敏郎), Edmund R. Skrzypczak, and Paul Snowden, eds. (2003), ''Kenkyusha's New Japanese-English Dictionary'' (新和英大辞典), 5th edition, Kenkyusha, p. 1125.</ref><ref>Fischer-Schreiber, Ingrid; Schuhmacher, Stephan; Woerner, Gert (1989). ''The Encyclopedia of Eastern Philosophy and Religion: Buddhism, Hinduism, Taoism, Zen'', p, 321</ref>
 
In seguito la parola ''dhyana'', in diverse forme composte, qui sempre restituite in [[Lingua cinese standard|cinese]] come ''chánsēng'' (禪僧, monaco meditante) e ''chánshī'' (禪師, maestro di meditazione) divenne una definizione generica per una categoria di religiosi che si dedicavano specialmente alla meditazione. Sembra che in questo ambito sia nata la tradizione e che adotterà questo termine come vera e propria denominazione specifica del proprio lignaggio (cinese: ''Chánzōng'', giapponese: ''Zenshū'' 禅宗, la tradizione/scuola del Buddhismo Zen).