Trissino (famiglia): differenze tra le versioni

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[[File:GGTeEdT.JPG|thumb|GGTeEdT|Ritratti di Giangiorgio Trissino dal Vello d'Oro (1835-1910) e della consorte Elena di Thiene (1846-1917) eseguiti da [[Vittorio Pittaco]].]]
[[File:Luisa Marzotto.jpg|thumb|Ritratto di una giovane Luisa Marzotto (1911-1985), dipinto da [[Guido Tallone]], Milano 1927]]
Dei tanti rami della famiglia Trissino, solo quattro videroraggiunsero il secolo XIX secolo<ref name=autogenerato2 /> e unicamente i Trissino Paninsacco e i Trissino dal Vello d'Oro arrivarono al secolo successivo e sono viventi ancor oggi.
 
A questo proposito e al forte desiderio di avere un figlio maschio è legata la vicenda di Giangiorgio Trissino dal Vello d'Oro (1772 – 6 febbraio 1855), figlio del conte Teodoro (†1806morto nel 1806) e di Elena [[Porto (famiglia)|Porto Barbaran]] (†1805morta nel 1805), discendente in linea diretta del poeta omonimo<ref name=autogenerato2 />, drammaticamente triste e amareggiata per gli avvenimenti familiari legati ai suoi matrimoni e ai tentativi di dare un erede alla casata.
 
In età già matura, il 23 marzo 1822<ref>vedi la voce [[Giuseppe Bombardini#Opere]].</ref> egli sposò dapprima la genovese Teresa (1798 – 1824), figlia del [[marchese]] Francesco [[Brignole (famiglia)|Brignole]] (morto il 31 dicembre 1828) e di Maddalena Pareto (morta nel 1808)<ref>Francesco Brignole era figlio di Teresa Garibaldi e del marchese Giovan Battista, fratello maggiore di [[Giacomo Maria Brignole]], l'ultimo [[Doge (Repubblica di Genova)|doge]] della [[Repubblica di Genova]] prima dell'avvento di [[Napoleone Bonaparte]], vedi Natale Battilana, ''Genealogie delle Famiglie Nobili di Genova'', vol I, 1825.</ref>, che gli diede una figlia femmina (Elena, morta poco dopo la nascita) e poi un maschio (Teodoro), morto a un anno e mezzo di età. Poco prima era venuta a mancare anche la madre dei piccoli.
 
Così, il 26 settembre 1827 il conte si coniugòrisposò con la sorella minore di Teresa, Angiola (1802 – 1830), che però ebbe ugual sorte: partorì una femmina, che visse pochi giorni, e poi un maschio, che sopravvisse pochi istanti dopo la morte della madre, il giorno 8 gennaio 1830<ref>Queste vicende sono documentate anche in ''Iscrizioni 1806 – 1834'' di Pietro Giordani, che riporta alle pagg 125-127 ciò che fu inciso sul monumento all'uopo innalzato presso il [[cimitero]] di Vicenza nel 1830. Lato frontale: ''Giovan Giorgio del co(nte) Teodoro Trissino - desolato feci a due mogli giovani - e quattro figli infanti - MDCCCXXX''. Lato destro: ''Teresa - del march(ese) Francesco Brignole genovese - per due anni mia cara compagna - mi fu tolta da lunga malattia - nel MDCCCXXIV d'anni XXVI - Elena bimba morì nascendo - Teodoro carissima speranza - mi mancò improvviso nel MDCCCXXV - vivuto I a(nno) VI m(esi) VIII g(iorni)''. Lato sinistro: ''Angiola sorella di Teresa - egualmente amabile e virtuosa - ebbe XXVIII anni di vita - non {{sic|compiè}} III a(nni) di matrimonio - la perdei il dì VIII gen(naio) MDCCCXXX - pochi dì visse il primo parto - pochi momenti le sopravvisse il secondo - con lei finì la sua famiglia - morto I a(nno) e VII g(iorni) prima il padre''. Questo monumento non esiste più, ma l'intera iscrizione è stata riportata sulla lapide attualmente esistente nella tomba Trissino dal Vello d'Oro al [[Cimitero Maggiore di Vicenza]] (arcata N°5).</ref><ref>Il volume di Niccolò Gervasoni ''Giurisprudenza dell'eccellentissimo Regio Senato di Genova'', alle pagg 222-247, vol I, 1839, riporta la singolare disputa legale in cui restò coinvolto il conte Giangiorgio Trissino alla morte del marchese Francesco Brignole, suo suocero, riguardo la destinazione delle sostanze di quest'ultimo tra i propri [[erede|eredi]] e i [[creditore|creditori]]. Il conte Trissino vantava dei crediti per la non completa corresponsione della [[dote]] accordata per ciascuna delle due mogli e partecipava pure all'eredità in quanto entrambe le donne gli diedero un figlio maschio, sebbene vissuto per pochi mesi il primo e qualche minuto il secondo.
 
La disputa sorse a seguito del rapido succedersi degli eventi, tra quando il marchese Francesco Brignole venne dichiarato [[Fallimento (diritto)|fallito]] (sentenza del Tribunale del Commercio di Genova del 4 marzo 1825), la sua morte (31 dicembre 1828) e quella delle due figlie (1824 e 1830), in uno scenario in cui il marchese Giovan Battista, suo padre, nel proprio [[testamento]] del 14 agosto 1790 definì un [[fedecommesso]] per i nascituri, maschi e femmine, di Francesco. Il fedecommesso di "nonno GioBatta" riservava, com'era nell'uso del tempo, un trattamento di ampio favore ai discendenti maschi e una cifra fissa alle femmine.
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Finalmente, la sentenza del 22 giugno 1838 definì le quote spettanti ai vari parenti e i criteri di prelazione tra loro e rispetto ai creditori di Francesco Brignole.
 
Lo stesso evento è riportato anche in Cristoforo Mantelli, ''Giurisprudenza del Codice Civile ...'', 1839, Vol I, pagg 370 e segg.</ref>. <!-- Anche qui una nota chilometrica, non sarebbe meglio integrare? -->
 
Successivamente Giangiorgio siconvolò maritònuovamente a nozze con Marianna dei marchesi d'Ambra, nata a [[Firenze]] nel 1812<ref>Un cartiglio manoscritto coevo trovato incollato al telaio del ritratto di Marianna nel corso del restauro del 2016, ricostruisce le vicende della donna. Marianna nacque il 26 giugno 1812 dal marchese Giuseppe d'Ambra, patrizio fiorentino, e da Teresa dei marchesi [[Ridolfi (famiglia)|Ridolfi]], antica famiglia toscana. Si maritò con Giangiorgio Trissino dal Vello d'Oro il 24 settembre 1833, nella [[Chiesa di San Lorenzo (Vicenza)|basilica di San Lorenzo]] a Vicenza, chiesa cui la famiglia dello sposo fu legata per secoli. Il cartiglio riporta la nascita del figlio Giorgio il 10 settembre 1835 e la morte di Marianna il 28 marzo 1836, dopo mesi di malattia. Lo scritto chiude confermando l'ultimazione del dipinto nell'ottobre del 1836 da parte di Giovanni Busato vicentino.</ref>. Il 10 settembre 1835 Marianna partorì un figlio maschio, chiamato anch'egli Giangiorgio, ma la donna venne a mancare sei mesi dopo, il 28 marzo 1836 a Vicenza. Questa volta però il sacrificio della madre non fu vano: il figlio sopravvisse e la casata continuò.
 
Il nobiluomo fece [[ritratto|ritrarre]] le sue mogli dai pittori dell'epoca (Marianna dal celebre ritrattista [[Giovanni Busato]] (Vicenza 3 dicembre 1806 – 10 dicembre 1886), allievo di [[Francesco Hayez]]<ref>Gioacchino Ponta, ''Gioacchino Ponta di Genova all'egregio signor conte Gio. Giorgio Trissino dal Vello d'oro pel ritratto dell'esimia sua sposa Marianna d'Ambra rapita da morte il 28 marzo 1836, dipinto e poi disegnato per litografia dal famoso pittore vicentino Giovanni Busato'', 1836.</ref>).
Un quadro di autore ignoto illustra la consegna del ritratto di Marianna alla famiglia Trissino, con Giangiorgio tra le sorelle e i familiari: sulla parete di fondo del dipinto si vede un quadro coicon i ritratti delle marchesine Brignole, precedenti spose del medesimo Giangiorgio. <!-- Non sarebbe bene mettere l'immagine di questo quadro? -->
 
Il dolore per la morte di Marianna Trissino venne ricordato da alcuni poeti dell'epoca, come il vicentino Gaetano Podestà<ref>Il periodico ''Il Gondoliere'' anno 1836 N°34, a pag 136 parla della morte di Marianna d'Ambra Trissino dal Vello d'Oro e dei versi dedicati all'evento dallo scrittore Gaetano Podestà.</ref> e il genovese Gioacchino Ponta. La [[Biblioteca Bertoliana]] di Vicenza conserva alcuni esemplari dei [[sonetto|sonetti]] scritti per commemorare il triste evento.
 
Un importante episodio che val la pena ricordare riguarda la partecipazione di [[Gian Giorgio Trissino (cavaliere)|Giangiorgio Trissino dal Vello d'Oro]] (Vicenza 22 luglio 1877 – Milano 22 dicembre 1963), nipote del precedente, ai [[Giochi della II Olimpiade|giochi della seconda Olimpiade moderna]], svoltisvoltisi a [[Parigi]] nell'estate del 1900, nell'ambito degli [[Equitazione|sport equestri]].
 
Giovane sottotenente del reggimento "Genova Cavalleria", il 31 maggio partecipò alla gara di salto in lungo, aggiudicandosi la medaglia d'argento con la distanza di 5,70 metri.
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Un altro evento che lo riguarda fu la sua reazione alla concessione del [[conte|titolo comitale]] all'[[industriale]] [[Gaetano Marzotto]].
 
Il 25 maggio 1939 il re [[Vittorio Emanuele III]] concesse il titolo di ''conte di Valdagno Castelvecchio'' a Gaetano Marzotto (1894&nbsp;– 1972), titolare della celebre industria laniera, per il complesso di istituzioni assistenziali create in Italia e nelle [[Colonialismo Italiano|Coloniecolonie]] attorno alle fiorenti aziende del gruppo [[Marzotto]], basato appunto a [[Valdagno]].
 
La soluzione ideata dalla [[Consulta araldica]] di attribuire ai Marzotto il predicato "''di Valdagno Castelvecchio''" per non interferire coi diritti feudali dei Trissino, non fu evidentemente di soddisfazione di Giangiorgio Trissino, che intrattenne una ferma e risoluta corrispondenza con Gaetano Marzotto e propose [[ricorso]] presso la Consulta araldica. In realtà il Marzotto, da uomo d'industria, non diede grande importanza a questo riconoscimento, pur essendone certamente gratificato<ref>Piero Bairati, ''Sul filo di lana. Cinque generazioni di imprenditori: i Marzotto'', il Mulino 1986.</ref>.
 
In compenso la Consulta araldica non riuscì a dardare soddisfazione al Trissino a causa del lento procedere durante la [[seconda guerra mondiale|guerra]] e allala questione finevenne cirisolta pensòcon la XIV disposizione transitoria finale della [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione repubblicana]], secondo la quale solo i predicati relativi a titoli ottenuti prima del 28 ottobre 1922 vengono mantenuti e riconosciuti come parte integrante del cognome, ciò che evidentemente non si applica ai Marzotto.
Ma la stessa disposizione, non riconoscendo i [[titoli nobiliari]], di fatto non offre tutela né garanzie legali al riguardo, quindi chiunque potrebbe fregiarsi di un titolo, rischiando eventualmente solo un [[processo civile]] per danni da parte dell'eventuale legittimo titolare del titolo stesso. Di fatto nessuno ha più contestato chi, malgrado tutto, chiama "conte" i Marzotto.