Gaudenzio Ferrari: differenze tra le versioni

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Il periodo milanese - in un contesto politico che vede il dominio spagnolo e il suo pomposo cerimoniale, rimanendo comunque la città un polo di attrazione artististica, grazie anche alle rigogliose attività manifatturiere e commerciali - è, come si è accennato, pervaso da una volontà di aggiornamento stilistico verso forme più spettacolari e magniloquenti derivate dalla coeva pittura manieristica: come nella ''Crocifissione'' della [[Galleria Sabauda di Torino]], con la composizione affolata di figure e episodi ricchi di pathos, oppure nel ''Martirio di Santa Caterina''<ref>[http://pinacotecabrera.org/collezione-online/opere/martirio-di-santa-caterina/]</ref> ([[1539]]-[[1540]]), proveniente dalla [[Chiesa di Sant'Angelo (Milano)|chiesa di Sant'Angelo]] ed oggi alla [[Pinacoteca di Brera]], dove la composizione è concepita teatralmente, con i torturatori a fungere da "personaggi-quinte" ai lati della santa, ritratta in un atteggiamento di ostentata impassibilità.
 
Il Ferrari nelle ultime opere coniuga con maggiore equilibrio i nuovi motivi manieristici con la tradizione naturalistica lombarda: ne è un esempio la pala dell'''[[Ultima Cena (Gaudenzio Ferrari)|Ultima Cena]]'', realizzata per la chiesa milanese di [[Santa Maria della Passione]] (pala in cui Gaudenzio, recuperando memorie nordiche e forte di una raggiunta autonomia stilistica, non ha remore nel discostarsi dall'imperante modello del ''[[cenacolo vinciano|Cenacolo]]'' di Leonardo); ma ne è soprattutto esempio - per la facilità espressiva del racconto - quello che è il suo ultimo importante lavoro a fresco (tecnica pittorica che si rivela ancora una volta particolarmente congeniale alla poetica di Gaudenzio): le ''Storie di Gioacchino ed Anna'' ([[1544]]-[[1545|45]])<ref>[http://pinacotecabrera.org/collezione-online/opere/martiriostorie-di-santagioacchino-caterinae-anna/]</ref> realizzate in Santa Maria della Pace, ed ora - strappate e riportate su tela - conservate nella [[Pinacoteca di Brera]].
 
Gli affreschi di Santa Maria della Pace furono già lodati dal Lomazzo che ne seppe cogliere la freschezza del racconto<ref>"non tacerò - afferma Lomazzo - la viva e tutta svegliata cappella che egli fece [...] nella chiesa della Pace a Milano ove si veggono istoriette [...] per i moti convenienti così meravigliose ed eccellenti che paiono ravvivare e rallegrare chiunque le vede", ''Trattato dell'arte de la pittura di Gio. Paolo Lomazzo milanese pittore'', [[1584]]</ref>. Testori ha sottolineato la influenza che tali affreschi hanno avuto rispetto alla peculiare connotazione che ebbe il [[manierismo]] tra Piemonte e Lombardia.