Śakti: differenze tra le versioni

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{{q|Quell'unico, incolore, il quale molteplicemente, usando della sua potenza [''śakti''], innumerevoli colori crea a un fine destinato, colui dal quale all'inizio tutto nasce e nel quale alla fine tutto si risolve, costui possa provvederci di felice intendimento.|''[[Śvetāśvatara Upaniṣad]]'' IV, 1; citato in ''Upaniṣad antiche e medie'', a cura e traduzione di Pio Filippani-Ronconi, riveduta a cura di Antonella Serena Comba, Universale Bollati Boringhieri, Torino, 2007.}}
 
{{citazione necessaria|Si assiste quindi, per quanto riguarda quest'aspetto, a un rovesciamento dei valori tipici delle culture vedica e brahmanica}}, {{citazione necessaria|culture dove il ruolo della Dea, e della donna in generale, è un ruolo subalterno, non essenziale}}. {{senza fonte|Quale sia stato il percorso che ha portato la Dea da semplice compagna del Dio a diventare Energia Cosmica, o Realtà Suprema in alcune sette anche di larga diffusione, non è possibile ricostruire}}. È però ipotizzabile che culti locali, specie nelle caste basse, già esistessero prima o durante l'epoca vedica, che questi culti siano poi cresciuti fino a essere inglobati, parzialmente, nell'ortoprassi hindu.<ref>G. Flood, ''L'induismo'', ''Op. cit.''; p. 239 e 264.</ref>
 
==La ''śakti'' e le dee==