Grande incendio di Roma: differenze tra le versioni

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[[File:Jan Styka - Nero at Baiae.jpg|thumb|left|upright=1.4|L'imperatore Nerone a [[Baia (Bacoli)|Baia]], dove sembra abbia progettato la costruzione della ''[[Domus Aurea]]'' sull'esempio di alcune ville romane di quel tratto di costa (olio su tela di Jan Styka).<ref name="SegalaSciortino13">{{cita|Segala & Sciortino 2005|p. 13}}.</ref>]]
 
La colpa dell'incendio venne inoltre considerata quasi unanimemente di Nerone, la cui figura ci è stata tramandata dagli storici suoi contemporanei come quella di un odioso tiranno, attribuendogli motivazioni quali il desiderio di trarre ispirazione per il suo canto dalla distruzione di una città, ovvero la necessità di trovare spazio per l'erezione della [[DoemusDomus Aurea]], o ancora l'aspirazione a tramandare il suo nome per aver compiuto un radicale rinnovamento urbanistico della città.<ref>{{cita|Vandenberg 1984|pp. 191-193}}.</ref>
 
Gli atti di Nerone furono quindi interpretati nella maniera più negativa: l'abbattimento degli edifici sulle pendici dell'Esquilino che fu probabilmente determinato dalla necessità di arrestare l'incendio evitando che continuasse ad alimentarsi, sembra essere stato interpretato come desiderio di seminare ulteriori distruzioni, come in seguito il provvedimento di sgombrare le macerie e i cadaveri a proprie spese fu attribuito al suo desiderio di impadronirsi dei beni lasciati nelle case. I personaggi visti ad appiccare altri focolai di incendio e considerati la più certa prova di colpevolezza dell'imperatore, come riconosce lo stesso Tacito, avrebbero potuto nascondere dietro l'affermazione di ubbidire ad ordini dall'alto la propria attività di saccheggiatori. Altri sostenevano che l'imperatore avesse fatto appiccare l'incendio a fini unicamente speculativi, per distruggere una porzione cittadina limitata e quindi poter avere mano libera sulla ricostruzione, e che la situazione fosse sfuggita di mano per pura casualità causando il disastro.