Luigi Meta: differenze tra le versioni

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==Prima emigrazione americana e prima guerra mondiale==
Nel [[1913]] lascia l'Italia per gli USA per raggiungere il fratello Francesco a [[Steubenville]], nell'[[Ohio]]. Qui dirige il periodico «[[''Il Telegrafo Marconi]]»''. Rientra in Italia e viene richiamato alle armi per il conflitto mondiale.
 
Scriverà [[Rocco Santacroce]]: «Durante gli anni di guerra incontrò di nuovo [[Mussolini]]; lo aveva conosciuto da vicino nei congressi socialisti ma lo riteneva un maniaco, nient'altro che un maniaco. Meta [...] amava ricordare che non riusciva a comprendere come mai quel Mussolini, che era vissuto di collette dei compagni per farsi un vestito, ora era tanto spietato. Lo considerava un traditore dell'idea, quel che poi si dimostrò. E perciò mai con lui tentò un approccio, neanche nel periodo peggiore della persecuzione [...]. Con Luigi discutevamo a non finire su [[Michail Bakunin|Bakunin]], [[Andrea Costa|Costa]] e [[Carlo Cafiero|Cafiero]] e, come io mi allontanavo sempre di più dall'infantile positivismo deterministico [lui] si allontanava sempre di più dalla concezione meccanicistica dello [[Max Stirner|Stirner]], accettando la concezione del Blanqui della rivoluzione. C'era nella sua mente la sicurezza che il popolo avrebbe un giorno rifatta l'insurrezione del 14 luglio contro la [[Bastiglia]], anche in Italia [...] Lo incontravo davanti al negozio, l'immancabile sigaro in bocca, leggendo il giornale anarchico Umanità Nova... fu un socialista-anarchico, seguace del poeta [[Pietro Gori]] [...] Nel mio ricordo, i suoi giudizi sul caro Trozzi e sul caro Lopardi dell'Aquila erano tutti negativi, fermo com'era nella concezione morale del rivoluzionario in attesa dell'esplosione della collera popolare».
 
==Dopoguerra==