Aristia: differenze tra le versioni

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L'aristía è un tema formulare tipico dei poemi dell'[[epica]] classica, in particolare dell'''[[Iliade]]''; {{cn|si crede infatti che quest'opera sia stata creata da un'unione di aristíe di vari eroi}}.
Esemplare è il caso del libro V: [[Diomede]], un capo acheo di poca rilevanza negli altri libri, nel quinto è invece l'assoluto protagonista. Altri esempi sono l'aristía di [[Ettore]] nel libro VIII, quella di [[Agamennone]] nel libro IX, quella di [[Patroclo]] nel libro XVI, e quella di [[Achille]] nel libro XXI.
Anche il libro XXII dell'''[[Odissea]]'', con l'uccisione dei [[proci]] da parte di [[Ulisse]], è considerato un esempio di aristía. Nell'abito della letteratura latina, si hanno vari esempi nell'[[Eneide]]: l'impersaimpresa dei troiani [[Eurialo e Niso]] nel libro IX, e quella dell'etrusco [[Mazenzio]] nel libro X. Particolare esempio di aristía 'negativa' è invece quella del centurione cesariano Sceva, narrata da [[Marco Anneo Lucano|Lucano]] nel libro VI della ''[[Pharsalia|Farsaglia]]'' (vv. 138-262).
 
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