Giovanni Marinelli: differenze tra le versioni

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Membro del [[Gran Consiglio del Fascismo]] e segretario amministrativo del [[PNF]], il 25 luglio del 1943 egli votò a favore dell'[[Ordine del giorno Grandi]], che chiedeva al Duce di rimettere nelle mani degli organi costituzionali deputati tutti i poteri a loro spettanti secondo la legislazione fascista (tra cui il restituire il totale controllo delle forze armate al Re, secondo il relativo articolo dello [[Statuto Albertino]] mai abolito).
 
Arrestato, fu condannato a morte dalla [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]] nel [[processo di Verona]] e venne fucilato l'11 gennaio 1944 insieme a [[Galeazzo Ciano]], [[Emilio De Bono]], [[Carluccio Pareschi]] e [[Luciano Gottardi]]. Nel suo diario, [[Giuseppe Bottai]] ebbe nei suoi confronti parole durissime: "''[Marinelli era] fosco d'occhio e d'anima. Che egli abbia voluto “tradire” Mussolini non è immaginabile. Se non altro la sua cattiva coscienza di gerarca prepotente gliel'avrebbe impedito, ché solo un Mussolini poteva essere il suo degno protettore. Marinelli, piovuto per caso nella compagnia dei 19, dimostra da un punto di vista negativo l'inesistenza del tradimento, poiché egli era di quelli che non tradiscono se non le persone dabbene"''<ref>G. Bottai, ''Diario 1935-1944'', Rizzoli, Milano, 1989, p. 486</ref>.
 
[[Tullio Cianetti]], suo compagno di prigionia per tre mesi, descrisse Marinelli come un uomo talmente stanco e abbattuto da apparire quasi distratto: ad esempio, quando venne letta la sentenza, egli non la comprese e fu Ciano a dovergliela scandire. Oramai stremato e spesso piangente<ref>Il Dott. Dante Marinello così rispose a [[Indro Montanelli]] sul [[Corriere della Sera]] (16.03.1996):